Incubo contabilità economico-patrimoniale per i ragionieri degli enti locali. Ma anche per i loro amministratori, che rischiano di perdere il posto se gli uffici non dovessero riuscire a chiudere il conto economico e lo stato patrimoniale in tempo utile per portarli in approvazione insieme al rendiconto 2017 entro il prossimo 30 aprile. L’Anci prova a correre ai ripari, con una richiesta di proroga, almeno al 31 luglio, che però si scontra con lo stallo istituzionale dovuto alla mancanza di un governo con pieni poteri. Come previsto da ItaliaOggi del 9 marzo 2018, la bomba ad orologeria sta puntualmente per scoppiare. Entro il 30 aprile, i comuni fino a 5 mila abitanti devono portare a termine la complessa operazione di riclassificazione e rivalutazione dell’inventario e del patrimonio risultante alla data del 1 gennaio 2017, resa obbligatoria dal principio contabile 4/3 allegato al digs 118/2011. Quest’ultimo ha previsto che regioni ed enti locali adottino, a fini conoscitivi, un sistema contabile civilistico, garantendo la rilevazione unitaria dei fatti gestionali sia sotto il profilo finanziario che sotto il profilo economico patrimoniale. A tal fine, occorre predisporre uno stato patrimoniale di apertura da allegare al rendiconto della gestione, insieme a quello di chiusura ed al conto economico (oltre che ovviamente al conto del bilancio). Si tratta di attività molto complesse, sia per la necessità da parte degli uffici di assimilare correttamente i nuovi criteri di valutazione, che sovente richiedono analisi molto dettagliate ed il ricorso ad apposite perizie di stima, e sia per la difficoltà ed i ritardi con cui le case di software riescono ad adeguarsi alle (continue) modifiche normative. Non a caso, lo scorso anno, quando l’obbligo riguardava inderogabilmente gli enti di maggiori dimensioni, venne concessa una proroga di tre mesi. Ora che in ballo ci sono gli enti più piccoli e (di norma) meno attrezzati sul piano amministrativo, è l’esigenza di una proroga si pone con ancora maggior forza. Tuttavia, essa si scontra con la paralisi dell’attività legislativa statale conseguente al rinnovo del parlamento: con il governo uscente in carica solo per l’ordinaria amministrazione, difficilmente si troveranno veicoli normativi utili prima della scadenza. Il mancato rispetto di quest’ultima, è bene ricordarlo, avrebbe conseguenze molto gravi, potendo portare addirittura al commissariamento ed eventualmente allo scioglimento del consiglio. L’Anci è sulla barricate e ha anche elaborato un piano B, che però risulta molto scivoloso. In una nota del 23 marzo scorso, che è stata trasmessa al presidente della Commissione Arconet (l’organismo che sovrintende all’applicazione del nuovo ordinamento contabile delle p.a. locali) si profila una lettura delle disposizioni del Tuel da cui si evincerebbe la decorrenza dell’adempimento non dal rendiconto 2017, bensì da quello 2018, il che permetterebbe di guadagnare un anno di tempo. Ciò in base all’art. 232, comma 2, ai sensi del quale «gli enti locali con popolazione inferiore a 5 mila abitanti possono non tenere la contabilità economico-patrimoniale fino all’esercizio 2017»: tale formulazione, secondo Anci, «determina con sufficiente evidenza la decorrenza dall’esercizio 2018 di tale obbligo (con rendicontazione nel 2019), confermata dal medesimo tenore del comma 3 dell’articolo 233-bis, relativo al bilancio consolidato». Tuttavia, è difficile non leggere in tali previsioni la chiara volontà del legislatore di differire di un solo anno la scadenza a beneficio delle amministrazioni di minori dimensioni, come del resto confermato anche dal principio contabile applicato del bilancio consolidato, che impone la redazione del documento (il cui presupposto necessario è la tenuta della contabilità economico-patrimoniale) già nel 2018 con riferimento all’esercizio 2017. Nel merito, la posizione di Anci è peraltro pienamente condivisibile: l’impianto attualmente previsto dalla normativa e gli adempimenti richiesti appaiono eccessivi rispetto agli obiettivi di conoscenza fissati, soprattutto nei comuni più piccoli, nei quali la contabilità finanziaria appare già ampiamente idonea a gestire l’attività di bilancio e a fornire indicazioni affidabili sulle effettive condizioni dell’ente. Da qui l’auspicio per un maggior gradualità nell’implementazione dei nuovi istituti, cosa che però deve passare necessariamente attraverso un correttivo normativo. Ma nelle more il problema resta aperto e rischia di portare in molte realtà alla presentazione di un rendiconto incompleto, che verrebbe bocciato prima di tutto dai revisori dei conti e potrebbe essere quindi contestato dalle prefetture e dalla Corte dei conti.
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