Vanno oggi in Consiglio dei Ministri (non Ăš chiaro se nel decreto crescita, piĂč probabilmente a parte) i decreti attuativi della decisione (presa dal governo in sede di bilancio) di rimborsare i risparmiatori truffati nel crac delle banche (Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti, CariFerrara, Popolare di Vicenza, Veneto Banca piĂč qualche piccola cassa locale). Allora, quattro mesi fa, era giĂ tutto chiaro: Salvini, Di Maio e Conte promisero di rimborsare tutti: gli obbligazionisti (al 95%) e gli azionisti (al 30%) fino a 100mila euro ciascuno. Per questo venne stanziato a bilancio un miliardo e mezzo. Fin da subito, diversi tecnici fecero notare che, messe cosĂŹ, le cose erano fortemente a rischio. Nel senso che un rimborso indiscriminato, indipendentemente dalla storia di ciascun risparmiatore, dalle sue competenze e dalla sua esperienza, rischiava di incontrare la resistenza e gli strali dell’Unione Europea, ma anche una probabile azione per danno erariale da parte della Corte dei Conti nei confronti dei pubblici funzionari del Mef che finirebbero per rischiare in proprio per aver firmato i singoli provvedimenti di erogazione dei soldi. Il problema Ăš semplice: 1) C’Ăš differenza (o non c’Ăš?) tra una pensionata ottantenne che, magari, Ăš stata turlupinata da un funzionario di banca dall’aria simpatica e bonaria e ci ha rimesso i risparmi di una vita e, per fare un esempio, un commercialista di provincia navigato e esperto che ha tentato la speculazione? 2) Nel caso che tutti venissero trattati allo stesso modo, chi impedirebbe un qualsiasi altro cittadino che ha investito in azioni o in obbligazioni di aziende quotate e poi fallite, di chiedere lo stesso trattamento allo Stato? Purtroppo, in qualsiasi Paese capitalista queste cose succedono continuamente, ma, per essere rimborsati, il cittadino deve prendersela con i truffatori. Lo Stato, di solito, non risponde. Nel caso specifico, per alcune categorie di truffati veri, una ratio esiste: quelle banche, in qualche modo, venivano percepite come pubbliche e le loro proposte ai risparmiatori prese come vangelo. Il rimborso, dunque, ci puĂČ stare, ma serve un’istruttoria per distinguere un caso dall’altro e approfondire quelli in cui il truffato Ăš solo uno speculatore che ha legittimamente speculato ma gli Ăš andata male. Il ministro Giovanni Tria Ăš sempre stato tra quelli che hanno sollevato dubbi e, per questo, Ăš stato messo in croce dai suoi colleghi di governo. Tria ha tenuto duro e non ha firmato i decreti finchĂ© Salvini e Di Maio, che avevano promesso a tutti i rimborsi, hanno minacciato di cacciarlo dal governo. Tria Ăš corso ai ripari concordando con Conte una via d’uscita che in qualche modo salverebbe capra e cavoli. Ma sarĂ difficile che questa soluzione (per evitare che i funzionari debbano rispondere personalmente) non comporti una qualche forma di rapida istruttoria sulle singole pratiche condotta da terzi. Anche perchĂ©, dal momento che la faccenda Ăš sotto gli occhi di tutti, i ricorsi di cittadini che non vogliono che i soldi delle loro tasse vengano usati male rischiano di diventare molto numerosi.
Rimborsi ai truffati delle banche, ecco perché Tria e molti esperti hanno forti dubbi
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