Fumata bianca a palazzo Chigi, o almeno si spera. Dopo il pressing serrato di Lega e Cinque Stelle, che hanno trovato sponda nel premier, Giuseppe Conte, sembra trovata la soluzione sui rimborsi ai risparmiatori truffati dalle banche. Ma il fondo da 1,5 miliardi di euro istituto con la legge di Bilancio non sarà inserito nel decreto crescita atteso in Consiglio dei ministri oggi pomeriggio, bensì verrà solo esaminato il decreto vero e proprio per i rimborsi che porterà la firma di Giovanni Tria. Un accordo di massima su cui dovrà vigilare il premier, che prende anche questo dossier in mano. E dovrà tenere in conto la necessità di mettere al riparo i funzionari del Mef da possibili procedimenti della Corte dei conti. La soluzione, raggiunta nella riunione di preconsiglio, stempera ma non risolve la tensione nell’esecutivo. Durante la giornata Salvini incalza chiedendo che “la burocrazia del Mef partorisca questi decreti attuativi perché la gente ha fretta”. Conte da Doha ribadisce di “confidare” nell’inserimento delle norme del Dl crescita spiegando però che il varo dei rimborsi ai risparmiatori “è un’iniziativa che compete al ministro dell’Economia, gli ho già chiesto di adottare al più presto un decreto con le norme che consentiranno un celere risarcimento a tutti i truffati”. Anche perché, sottolinea, “è un impegno del governo, assunto da entrambe le forze politiche e anche da me, quindi ci tengo personalmente perché le norme siano adottate e varate al più presto”. Dal Mef fanno notare che i testi sono già da ieri sera alla Presidenza del Consiglio, per l’approvazione nel decreto. Ma il ministro pentastellato Fraccaro chiarisce: in Cdm non ci saranno nuove norme “ma si affronterà il tema dei decreti attuativi con l’obiettivo di approvarli nel più breve tempo possibile. È un nostro impegno fondamentale e lo porteremo presto a termine”. DI Maio non molla: Tria non rimane al suo posto, assicura, “per timore dello spread ma perché siamo una squadra”. Però “Ci sono i truffati delle banche e manca un ultimo atto: una firma ministeriale per risarcire quelle persone. Più passa il tempo, più quelle persone pensano che siamo come gli altri”. A via XX Settembre l’umore non è dei migliori, Tria non ci sta a passare per chi frena e rema contro i risparmiatori che attendono i soldi promessi. E del resto il ministro si era già tolto qualche sassolino dalla scarpa parlando di “spazzatura” nei suoi confronti” ed etichettando come “sciocchezze” le ipotesi di sue dimissioni, anche perché “se andassi via dovremmo vedere quale sarebbe la reazione dei mercati”. Di addii non vuole sentire parlare Conte. “Non ci sono ragioni di ventilate dimissioni, né richieste di dimissioni, non c’è nulla all’ordine del giorno”, taglia corto, assicurando che “i ministri devono stare tranquilli, dobbiamo tutti lavorare, il Paese ci guarda e dobbiamo essere tutti concentrati. Invito i ministri a non lasciarsi distrarre”. La situazione è delicata e un terremoto a via XX Settembre è l’ultima cosa che serve. Tanto più che finalmente, grazie soprattutto al diktat del premier che dal Qatar ha messo fine ai litigi tra Mise e Mef tagliando corto e annunciando la riunione del Cdm per giovedì pomeriggio, è stata trovata la quadra sulla questione dei rimborsi. Ora può finalmente vedere la luce il decreto crescita che contiene una serie di misure, dagli sgravi Imu sui capannoni alla rottamazione delle cartelle anche per i tributi locali, passando all’ampliamento del piano dismissioni – l’obiettivo è ricavarne nel 2019 l’1% del Pil – anche ai beni degli enti territoriali. Bisogna fare presto, perché l’intento dell’Esecutivo è considerare gli effetti positivi che verranno da questo pacchetto di misure, e da quelle contenute nel decreto Sblocca cantieri, nelle stime del Def, che deve essere pronto entro la prossima settimana. In questo modo si potrebbero migliorare – si parla di qualche decimale – le cifre anche e soprattutto rispetto a quelle tutte negative diffuse nelle scorse settimane da agenzie di rating e istituti, in ultimo l’Ocse. Un passaggio fondamentale in vista del giudizio di Bruxelles di maggio, e cui con cui si spera di rispondere alle sollecitazioni del presidente della commissione Ue Jean-Claude Juncker, che nel suo incontro con Conte si era detto “preoccupato” dal fatto che l’economia italiana “continua a regredire” e aveva chiesto maggiori sforzi per la crescita”.