È il 31 ottobre la nuova data entro la quale resterà «congelato» il commissariamento dell’Inpgi (l’Istituto previdenziale della professione giornalistica), afflitto dal disavanzo di oltre 147 milioni di euro nel 2018, a causa dello squilibrio fra le entrate (sempre più ridotte, in conseguenza della crisi del comparto editoriale) e le uscite per pagare le pensioni. E, se da un lato si puntualizza che il processo di allargamento della platea contributiva degli associati alla Cassa ad altre figure professionali operanti nel mondo dell’informazione dovrà esser realizzato «senza nuovi, o maggiori oneri per la finanza pubblica», dall’altro vengono accantonati (per disciplinare le modalità dei nuovi ingressi) importi che vanno dai 159 milioni annui per il 2023, fino ai 191 a decorrere dal 2031. A stabilirlo l’ultimo restyling dell’emendamento al decreto Crescita (34/2019) presentato ieri, a seguito, ha riferito il viceministro dell’Economia Laura Castelli, dell’avvertimento lanciato dalla Ragioneria generale dello stato, secondo cui concedere più tempo all’Inpgi per tentare di risanare i conti, riformando l’impianto previdenziale e contenendo i costì (come previsto dalla versione della correzione depositata nei giorni scorsi, nel corso dei lavori alla Camera, si veda anche ItaliaOggi del 14 giugno 2019) avrebbe comportato un «rischio» che «non ci sentiamo momentaneamente di correre». E ciò anche perché, ha scandito l’esponente del M5s, appare oramai «evidente» che sull’Ente, senza la «spada di Damocle» del commissariamento per poco più di quattro mesi, «si dovrà ulteriormente intervenire». Come accennato, l’emendamento al provvedimento che andrà al voto (con la fiducia) a Montecitorio oggi, recita che come diretta conseguenza dell’eventuale inclusione di altri lavoratori che attualmente versano i contributi all’Inps (e «ferma restando la necessità di invarianza del gettito contributivo e degli oneri per prestazioni per il comparto delle pubbliche amministrazioni, allo scopo di garantire la neutralità in termini di indebitamento netto e di fabbisogno») si potrà contare su «159 milioni per il 2023,163 per il 2024,167 per il 2025,171 per U 2026,175 per il 2027,179 per ü 2028,183 per ü 2029,187 per ü 2030 e 191 milioni a decorrere dal 2031». Intanto in una nota l’Inpgi parla di «confusione e incertezza dalle modifiche all’emendamento» e definisce «a rischio le tutele dei giornalisti e del settore editoriale».
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