Il giusto compenso per i professionisti, con particolare attenzione ai giovani «al fine di evitare forme di abuso e di sfruttamento», entra nel programma del neonato Governo, al punto 4. Fino a ieri si parlava di “equo compenso”, la sostanza però non cambia. Un’intenzione molto apprezzata dal mondo delle professioni, che da tempo chiede di intervenire sul tema. Attualmente esiste una norma sull’equo compenso, è l’articolo 3.9-quaterdecies, del decreto fiscale 148/2017 convertito nella legge 172/2017. Inizialmente pensata per gli avvocati e poi estesa, in fase di conversione, a tutte le professioni ordinistiche e non, la norma prevede una “tutela” nel caso in cui il committente sia una grande azienda, una banca o un’assicurazione; anche la pubblica amministrazione sarebbe tenuta ad applicare il principio dell’equo compenso (manca però un regolamento ad hoc). «Una norma importante perché ha sancito un principio, ma rimasta di nicchia – sostiene Marina Calderone, presidente del Comitato unitario professioni – e di cui è difficile misurare l’efficacia». L’esistenza di una regola, comunque, secondo il portavoce della Rete professioni tecniche Armando Zambrano, ha avuto un effetto deterrente. Il nuovo Governo, va detto, non parte “da zero”; sia il ministro Di Maio che il ministro Bonafede, riconfermato alla guida della Giustizia, conoscono bene la problematica e il Guardasigilli già durante la precedente legislatura aveva avviato un tavolo sul tema; dato che la normativa attuale si è rivelata, nei fatti, insufficiente. «Ora serve un intervento normativo che riempia di contenuti il principio dell’equo compenso afferma Calderone – attraverso una norma specifica per le professioni e l’ampliamento della platea dei soggetti destinatari, soprattutto se si vogliono tutelare i giovani che difficilmente hanno a che fare con soggetti di importanti dimensioni e di natura complessa». Anche Zambrano indica, tra le priorità , una norma ad hoc che non sia un “inciso” nella legge della professione forense e l’ampliamento della platea dei soggetti “obbligati”, e aggiunge la possibilità per i professionisti di utilizzare il rito giudiziale previsto per i lavoratori dipendenti così da accelerare i tempi in caso di contenzioso sul compenso. Gaetano Stella, presidente di Confprofessioni, sottolinea come la pubblica amministrazione fino ad oggi non si sia adeguata in modo uniforme alla legge 172/2017 «nonostante quasi un terzo delle Regioni, tra cui pochi giorni fa il Veneto – sottolinea – si siano impegnate ad applicare compensi equi, ancora si vedono bandi Pa che prevedono prestazioni professionali gratuite; quando proprio la Pa dovrebbe dare il buon esempio». L’attenzione ai giovani, sottolinea il presidente dei commercialisti Massimo Miani, non può prescindere da un equo compenso, perché «quando si sentono sfruttati e sottopagati i giovani si allontanano dalle professioni», un fenomeno che si sta verificando in diverse categorie.