Governo, domani il voto su Rousseau. Conte: “Non sono del M5s, i partiti sono ben disposti”

La trattativa M5S-Pd avanza ad ampie falcate. Con un premier incaricato ‘ottimista’ (ma non di fede M5S) e un fronte dem che apre a Beppe Grillo e rilancia: Via i vicepremier. E’ la settimana decisiva per il governo giallo-rosso e molto ruota attorno alla figura di Giuseppe Conte, impegnato in un lavoro di sintesi e pronto a sciogliere la riserva entro mercoledì. Domani, invece, si terrà la consultazione su Rousseau. “Come da nostri principi e valori fondanti l’ultima parola spetta agli iscritti del MoVimento 5 Stelle”, si legge sul Blog delle Stelle. Questo il quesito che verrà proposto agli iscritti al M5S da almeno sei mesi, con documento certificato: “Sei d’accordo che il MoVimento 5 Stelle faccia partire un Governo, insieme al Partito Democratico, presieduto da Giuseppe Conte?”.

“C’è un buon clima di lavoro, le due forze politiche sono entrambe predisposte per un progetto comune dedicato al Paese”, ammette l’avvocato del popolo in collegamento con la festa del ‘Fatto Quotidiano’ da Palazzo Chigi. In giacca e camicia – ma senza l’amata cravatta – chiarisce subito la sua stella polare: i temi. “L’argomento dei ministri non è la massima premura – spiega – in questo momento stiamo definendo il programma, poi inviterò le forze politiche a sedersi attorno ad un tavolo per darmi i loro suggerimenti”. Già oggi incontrerà le associazioni dei disabili e i terremotati del Centro Italia, prima di un rendez-vous con i capigruppo dei due partiti.

Il tutto sempre con uno spirito semi-terzo, perché, ci tiene a ribadire, “non sono iscritto al M5S, non partecipo alle riunioni del gruppo dirigente politico, non ho mai incontrato i gruppi parlamentari”. Il succo? Definirlo 5 Stelle è una “formula inappropriata”. La presa di posizione può avere una valenza importante, perchè lascerebbe socchiusa la porta a Luigi Di Maio come vicepremier. Sul nodo politico – che potrà essere sciolto solo da un vertice a tre con Zingaretti e Conte – interviene però con decisione il Pd. E lo fa con una figura non banale come Dario Franceschini, pontiere della prima ora tra dem e pentastellati. “Per una volta Beppe Grillo è stato convincente. Una sfida così importante per il futuro di tutti non si blocca per un problema di ‘posti’ – spara su Twitter dopo pranzo – Serve generosità. Per riuscire a andare avanti allora cominciamo a eliminare entrambi i posti da vicepremier”.

Il suo appello viene rilanciato sui social da big come Andrea Marcucci, Andrea Orlando e Paolo Gentiloni. E Zingaretti? Prima attende – tattica consueta per lui – e poi accelera: “La proposta è un altro contributo del Partito democratico per sbloccare la situazione e aiutare il Governo a decollare”.

Dal Nazareno la mano aperta a Grillo è da considerare un segnale pesante, indice che la trattativa sembra volgere davvero al sereno. Al momento non preoccupa tanto il cannoneggiamento di Matteo Renzi (“L’esecutivo aiuti Pil o non avrà i miei voti”), quanto il fronte del capo politico M5S.

Di Maio, infatti, è pressato da eletti e base, con tanti che chiederebbero un suo passo indietro per formare il governo. Il silenzio momentaneo potrebbe essere letto come una fase di riflessione o un piccolo cedimento, anche se una voce importante come Gianluigi Paragone lo blinda: “Luigi deve rimanere centrale. Anche a Chigi!”. Ovviamente molto peserà anche la votazione su Rousseau, in programma – ora è ufficiale – domani, dalle 9 alle 18. Intanto spunta già una exit strategy: nessun vicepremier e due sottosegretari forti alla Presidenza del Consiglio, magari Vincenzo Spadafora e proprio Franceschini.

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