L’accertamento mediante redditometro effettuato nei confronti di un contribuente che ha dichiarato un reddito modesto, pur disponendo della nuda proprietà di una grande abitazione, è da considerarsi legittimo. Il reddito determinato sinteticamente deve tuttavia essere ridotto qualora l’abitazione risulti essere condivisa con soggetti terzi che concorrono al sostenimento delle spese di gestione. A tale conclusione è pervenuta la Corte di cassazione mediante la sentenza 20338/2019. Il principio della disponibilità del bene, nell’accertamento redditometrico, collima con il concetto di possesso e include pertanto tutte quelle situazioni nelle quali il bene medesimo rientra direttamente nell’ambito dei possedimenti patrimoniali riferibili a un altro contribuente che, tuttavia, si manifesta in un rapporto caratterizzato dall’attuazione delle facoltà correlate al diritto di proprietà da parte di chi beneficia della disponibilità effettiva. Nell’ottica dell’attribuzione del reddito, di conseguenza, il fatto che un immobile risulti adibito ad abitazione di soggetti terzi ha il pregio di essere considerato in modo favorevole nell’ambito della suddivisione dei costi di gestione, incidendo direttamente sull’effettiva utilizzabilità dell’unità immobiliare. La vicissitudine in commento è stata originata da un accertamento sintetico all’interno del quale, ai fini della quantificazione del reddito, aveva assunto rilevanza la circostanza che il contribuente disponesse della titolarità della nuda proprietà sull’abitazione principale.