ROMA – Quanto sta succedendo in Afghanistan è “una sconfitta” per il mondo della cooperazione, “su cui dobbiamo continuare a riflettere, iniziando a rispondere a una domanda: come riuscire ad aiutare, da domani, senza interventi militari, i milioni di bambini mandati a scuola, i funzionari governativi addestrati, i giornalisti formati, le coscienze democratiche risvegliate in Afghanistan?”. Lo scrive, sulle pagine, virtuali, dell’Huffington Post, Emilio Ciarlo, esperto di relazioni internazionali e sviluppo globale.
“Tra le cose crollate e sconfitte nella crisi di Kabul sembrerebbe esserci l’idea stessa di cooperazione, di promozione dello stato di diritto, della tutela dei diritti umani fuori dai dorati confini dell’occidente” premette Ciarlo, che prosegue il suo ragionamento forte della consapevolezza che “dovremmo apprendere da mille errori e accettare alcune giuste critiche”.
Tra i primi, l’esperto di sviluppo globale ne cita alcuni “enormi”: “troppo peso alle scelte del Pentagono, sin dall’inizio allergico all’idea del ‘nation building’ (per gli italiani il discorso è parzialmente diverso), nessun coordinamento tra obiettivi di contro-insorgenza di breve periodo e prospettive di sviluppo di lungo periodo (le scelte di allocazione dei fondi seguivano le esigenze militari più che logiche di economia dello sviluppo), una visione politica tutta incentrata sui Pashtun e troppo accondiscendente verso alcuni signori della guerra”.
Oltre a questi, scrive Ciarlo, “ci sono i limiti delle stesse agenzie di sviluppo, nazionali e internazionali: scoordinate, operavano con pochi uomini, difficili da trovare a causa della scarsa sicurezza sul terreno, con fondi insufficienti rispetto a quelli gestiti dalla cooperazione militare o mista, persi in mille contraddizioni burocratiche e di governo. Usaid, secondo alcuni analisti – prosegue l’esperto – agiva ad esempio con paradigmi di intervento tratti da altri contesti e da esperienze precedenti non adattabili all’Afghanistan. Nè dobbiamo nasconderci l’astrattezza e l’autoreferenzialità di interventi a volte più utili agli esperti chi li svolgono piuttosto che alle popolazioni locali”.
Alla luce di tutte queste criticità però, Ciarlo ribadisce l’importanza di guardare al futuro, cercando di capire “come aiutare l’Afghanistan, già da domani”, senza cedere “al disfattismo” e “al superficiale e comodo rinserrarsi nella propria gabbia dorata”.
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