Pil, Legacoop-Prometeia: rallenta ripresa, nel 2022 Pil vicino a +4%

Lusetti: “Siamo allarmati, politiche incisive contro caro-energia”
Roma, 10 feb. (askanews) – Dopo il forte rimbalzo messo a segno nel 2021, l’economia italiana proseguirà su un sentiero di crescita pur con ritmi meno elevati: il Pil è atteso in aumento vicino al 4% nel 2022 e oltre il 2% nel 2023. Sulle tendenze pesano però alcuni nodi da affrontare. A breve termine, un’inflazione più elevata delle attese (a gennaio +4,8% su base annua, il tasso più elevato da 26 anni), trainata essenzialmente dai rincari dell’energia e delle materie prime, che aumenta le pressioni sulle banche centrali, spingendo le politiche monetarie a muoversi in anticipo rispetto alle attese di qualche mese fa, e alimenta il rischio che l’erosione del potere di acquisto delle famiglie rallenti la ripresa, anche se in prospettiva non sono da attendersi nuove fiammate, con un tasso di inflazione che dovrebbe collocarsi nell’intorno del 3.5% nel 2022, ma scendere decisamente verso l’1% nel 2023. A medio termine l’attenzione andrà concentrata sull’impulso che potrà venire da politiche di bilancio di carattere espansivo (con un impatto medio annuo dell’1,3% del Pil nel triennio 2022-2024) e dal Pnrr, rispetto al quale è però prevedibile un minore impulso addizionale nei primi anni rispetto a quanto programmato, con un impatto medio annuo di 0,4 punti percentuali sul PIL tra il 2021 e il 2024. Queste, in sintesi, le principali evidenze che si ricavano dal rapporto annuale 2021, realizzato dall’AeraStudi Legacoop e Prometeia, dedicato ad un esame del contesto macroeconomico e degli andamenti delle cooperative aderenti a Legacoop. Riguardo all’inflazione, pur sottolineando come sui mercati internazionali si stia manifestando qualche timido segnale di attenuazione dei prezzi, più marcato per le materie prime industriali ed i metalli, lo studio dedica un focus al mercato del gas naturale, dove i rincari hanno fatto lievitare il prezzo medio di 1 MWh prodotto con questa fonte dai 16,2 euro (media 2015-2020) ai 95 euro del gennaio 2022. La tendenza, secondo le previsioni dello studio, è quella di una veloce discesa del prezzo che comunque, a motivo della transizione climatica, resterà più elevato dei livelli pre-crisi. Uno scenario che postula alcune condizioni: che una soluzione diplomatica della crisi Ucraina scongiuri il rischio di un conflitto e che la Russia continui ad adempiere ai suoi obblighi contrattuali di fornitura anche attraverso le tradizionali pipeline. I potenziali effetti di freno della crescita prodotti dall’inflazione potranno essere controbilanciati da politiche di bilancio che, dopo il rientro degli interventi emergenziali, prevedono diverse misure espansive, per un ammontare di 25 miliardi all’anno (dei quali 22,6 miliardi di aumento netto delle spese) tra 2022 e 2024, con un impatto medio dell’1,3% del PIL. Le voci più rilevanti sono rappresentate dalla riforma fiscale (oltre 6 miliardi), dalle risorse per imprese, incentivi e fondo pmi (5 miliardi), dalle risorse per la sanità (3,9 miliardi) e da quelle per gli ammortizzatori sociali (3,3 miliardi). Altro elemento determinante, per i suoi effetti sulla crescita, è rappresentato dal Pnrr, con un ammontare complessivo di spese programmate pari a 235,1 miliardi, cui si affiancano 182,7 miliardi di spese aggiuntive che, nelle stime del Governo, raggiungeranno il punto massimo di 40 miliardi nel 2023 per poi calare a 26 miliardi nel 2026. Lo studio ipotizza, invece, una dinamica diversa, prevedendo un impegno pari a 26 miliardi nel 2023 per poi raggiungere il punto più alto (45 miliardi) nel 2026. È quindi da attendersi, nei primi anni, un impulso addizionale minore rispetto a quanto programmato; anche se le cose fatte sono già tante, nel 2022 occorrerà accelerare la realizzazione delle spese (100 milestone e target da rispettare, per ottenere la rata da 46 miliardi) per avere la garanzia di contributi importanti su digitalizzazione, transizione green e istruzione. Una piena implementazione del Pnrr avrebbe un impatto importante anche sulle imprese cooperative, sia per quelle operanti nelle costruzioni e nell’industria, ma anche nella filiera agroalimentare e nel sociale. “L’analisi approfondita sullo stato di salute delle nostre associate, fra cui vi sono imprese leader nei propri settori di riferimento – ha spiegato il presidente di Legacoop, Mauro Lusetti, – conferma che durante la pandemia la cooperazione non solo ha retto, ma si è pure consolidata. Adesso tutti i nostri settori si stanno avviando verso un pieno recupero dei livelli pre-crisi, e i più colpiti dalla pandemia hanno già riavviato il rilancio atteso per l’anno in corso. Insomma, abbiamo confermato quello che nei manuali è definita la “funzione anticiclica” delle cooperative, ossia che nelle crisi tendono a preservare i posti di lavoro, anche perché spesso i soci sono pure i lavoratori stessi. Proprio per questo, però, le cooperative lavorano con strutture più rigide e margini più stretti, e questo inverno è stato terribile. Ora siamo davvero allarmati. Nelle nostre previsioni continuiamo a considerare transitoria l’attuale fase di incrementi dei prezzi delle materie prime e dell’energia; ma già così per molte nostre piccole e micro imprese l’impressionante aumento dei costi di produzione è insostenibile, figuriamoci se si protraesse nel tempo o addirittura divenisse strutturale. Insomma: temiamo che quel che non è riuscita a fare la pandemia, finisca per accadere proprio ora che ci si attendeva un rilancio del Paese, che vediamo già ridimensionato negli scenari. Per questo dobbiamo ribadire con forza la nostra preoccupazione, e la richiesta di adeguate, rapide e incisive politiche per alleviare l’impatto del caro-energia”.

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