Ecco il Partito Democratico del Lavoro. Ritorna il Pdl?

“Chiamiamolo Partito Democratico del Lavoro!”, dice il sindaco di Bologna Matteo Lepore, in cerca di un nuovo brand per il Pd.
La sua proposta raccoglie il plauso tra gli altri di Nicola Zingaretti, Brando Benifei, Marco Sarracino. L’idea alla base è semplice: riportare il partito del Nazareno alla ragion d’essere laburista. “Attualmente, nel Parlamento italiano nessun gruppo politico si richiama esplicitamente ai temi del lavoro e della democrazia, mentre ne avremmo un estremo bisogno. Al contrario, il PD ha progressivamente depauperato il proprio patrimonio di fiducia, relazioni e consenso con il vasto mondo del lavoro in tutte le sue forme”, scrive il primo cittadino di Bologna.
Se passasse la sua proposta bisognerebbe trovare un altro acronimo. PDL è infatti una sigla non nuova alla politica italiana. Il Popolo della liberta’ fu fondato da Silvio Berlusconi nel 2009 come sodalizio tra Fi e An, senza contare altri partiti minori di centrodestra.
A parte gli acronimi – decisamente infelici, per la sinistra – è lo stesso Partito Democratico del Lavoro a non essere una novità assoluta. Era infatti il partito dei demolaburisti – Ivanoe Bonomi, Meuccio Ruini, Enrico Molè tra gli altri – nato nel corso della Resistenza dal Movimento di Ricostruzione.
Non ebbe vita lunga, ricorda Wikipedia. Quattro anni. Il partito nacque ufficialmente il 13 giugno 1944 con il nome di Partito Democratico del Lavoro. Nel 1946 partecipò alle elezioni per l’Assemblea Costituente ottenendo lo 0,2% dei voti e un seggio. Nell’ambito della coalizione Unione Democratica Nazionale elesse solo 9 deputati.
Anche in quel caso – come nel recente passato del Pd – le elezioni provocarono una crisi, che all’epoca causo’ la scomparsa del partito. Al Primo congresso – nel 1948 – si sciolse. Gli otto deputati demolaburisti trovarono casa nel PCI, altri nel PSI e uno entrò nel PLI. Il leader Ivanoe Bonomi aderì al Partito socialdemocratico.

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