Bonus edilizi, ipotesi Casse di previdenza per l’acquisto dei crediti fiscali

“Il governo rivedrà la politica dei bonus edilizi alla luce delle nuove normative e dei princìpi europei in tema di sostenibilità energetica e antisismicità degli edifici. La nuova misura sarà più equa e legata al reale efficientamento energetico del Paese. Daremo risposte serie e razionali per gestire questa svolta aiutando chi vuole fare. Il testo del decreto resta comunque aperto alla collaborazione di tutti i partiti e continueremo a cercare i giusti correttivi per renderlo migliore”. Lo ha annunciato Andrea De Bertoldi, relatore del Decreto legge sul Superbonus e la Cessione del credito alla Camera dei Deputati, nel corso del webinar “Bomba Superbonus: migliaia di aziende rischiano il default, è giusto far pagare famiglie e imprese?”, promosso dalla Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili, presieduta da Luigi Pagliuca.

“Il Superbonus era una buona idea realizzata male – ha proseguito De Bertoldi – e il governo ha voluto mettere un punto non certo per danneggiare i cittadini ma per tutelare i conti pubblici facendo così interessi di tutti gli italiani. Il blocco dei crediti deriva dalla gestione dei governi precedenti che andava affrontata con il criterio del buon padre di famiglia. Ci sono 20 miliardi di euro stimati di crediti incagliati e dovevamo evitare che questa cifra crescesse. A febbraio abbiamo dunque imposto lo stop alla emissione nuovi crediti e abbiamo avviato un percorso che farà chiarezza sulle responsabilità dando così più certezze ai cessionari dei crediti favorendo il disincaglio”.

Pasqua Borracci (commercialista e revisore legale Odcec Bari) nel corso del Cnpr Forum ha formulato una proposta concreta: “Dopo la pubblicazione del ‘Decreto cessioni’ sono stati presentati circa trecento emendamenti. Tra le varie proposte si cerca di trovare soluzioni per i crediti incagliati. Attualmente c’è il divieto per la PA di acquistare crediti. Le Casse di previdenza dei professionisti sono soggetti che hanno una gestione privatistica e farle rientrare tra coloro che possono acquistare i crediti potrebbe essere una soluzione”.

Sul decreto Superbonus è intervenuto anche Emiliano Fenu (capogruppo del M5s in Commissione Finanze alla Camera): “Nella scorsa legislatura non ricordo emendamenti che chiedessero il blocco della cessione del credito. Si andava nella direzione esattamente opposta promuovendo questo strumento. Quando abbiamo ideato il Superbonus eravamo di fronte a uno tsunami economico con serie ripercussioni sulle imprese. Avevamo previsto presìdi di sicurezza dei crediti tra i quali le asseverazioni tecniche e i visti di conformità. Non è mai stata una misura a tempo indeterminato ma la percentuale diminuiva progressivamente. Al netto degli spauracchi i dati dicono cose diverse: nel 2022 il gettito dell’erario è cresciuto del 10% superando i 544 mld di euro con il debito pubblico che è passato dal 149 al 144%. Questa misura ci ha fatto uscire dalla crisi in modo brillante con un +7% del pil. Questo governo ha fermato la cessione dei crediti quando magari si poteva stabilire un tetto complessivo annuale per consentire la ripresa dei lavori. I bonus edilizi nel lungo termine portano a saldo positivo per erario e si rifinanziano da soli”.

Sullo stop alla cessione del credito Marco Cuchel (presidente dell’Associazione Nazionale Commercialisti) ha evidenziato come “l’opportunità dello sconto in fattura e della cessione dei crediti con i bonus edilizi era già bloccata prima del decreto 2023. Le imprese si sono trovate i cassetti pieni di crediti che non riuscivano a cedere, così come i cittadini hanno registrato difficoltà per gli sconti in fattura dei crediti maturati con i lavori. Dal 16 febbraio, di fatto, queste procedure sono state annullate causando diversi problemi. E’ necessario intervenire sui crediti incagliati che mettono a rischio la vita di migliaia di imprese; aiutare i cittadini che si vedono cantieri non ultimati dopo aver fatto affidamento su una norma che è cambiata troppe volte. Come ANC abbiamo formulato varie ipotesi per sbloccare la situazione. Bisogna capire che fine faranno questi bonus e se si potrà contare sulla possibilità di cederli e con quale formula. Gli interventi per efficientare gli immobili non possono gravare interamente sulle famiglie. Occorre infine aiutare chi ha effettuato i lavori senza aver potuto cedere il redito nel 2022 rimettendoli nei termini anche per quest’anno”.

Secondo Simone Gualandi (presidente nazionale dei giovani della Cna): “Per le famiglie già provate dal caro energetico e stritolate dall’aumento dell’inflazione, non essere riuscite a fruire dei bonus edilizi è stato il colpo finale. I bonus potevano e potranno essere uno strumento straordinariamente importante per introdurre e rafforzare la cultura del risparmio energetico che in Italia è sviluppata a macchia di leopardo. Le imprese hanno pianificato lavori e impegnato maestranze nella speranza di riprendere a lavorare a pieno regime; il che significa anche aumentare i versamenti dell’iva e delle tasse con un consistente beneficio per le casse dello Stato. Viviamo un momento delicato che deve farci concentrare sullo sblocco dei crediti incagliati anche se il tempo a disposizione è molto serrato e le imprese hanno ormai esaurito la liquidità. Serve una visione lungimirante e di medio periodo. In quest’ottica diventa strategico il tavolo di concertazione che metta in condizione di ragionare sulle criticità. Dobbiamo avvicinarci all’indipendenza energetica e stimolare le nostre imprese ad investire ancora in Italia”.

Il punto di vista dei professionisti è stato espresso da Andrea Bongi, commercialista e giornalista: “Dalla prima stesura del D.L. 34 Superbonus il vecchio impianto normativo è scomparso, sostituito da una misura al 90% con una serie di limitazioni. Poi con l’intervento del 16 febbraio si è passati ad escludere la cessione del credito e lo sconto in fattura, che erano le colonne portanti del superbonus. Bisogna capire se in questo processo si intravede la possibilità di salvare qualcosa di questi due strumenti che hanno consentito a molti di accedere anche a bonus minori”.

Le conclusioni sono state affidate a Paolo Longoni (consigliere d’amministrazione della Cnpr): “Decine di migliaia di cantieri fermi in tutta Italia e decine di miliardi di crediti bloccati nei cassetti fiscali dei contribuenti. Sia chiaro che la cessione dei crediti non ha impatto sul debito pubblico. Eurostat li ha classificati tra i crediti non pagabili che non provocano obbligazioni ma riducono entrate future. Piuttosto impattano sul deficit che viene spalmato in cinque anni. La partita non del tutto esplicitata dal Mef e di chi gestisce questo processo si gioca sulla possibilità che i crediti possano andare perduti per incapienza del titolare del credito nel portarli in detrazione. Forse è questo il vero motivo per cui sono stati bloccati. Se è così, si abbia il coraggio di ammettere di voler mandare a mare il comparto edilizio dopo averlo attirato in una trappola”.

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