Nordio: “Il reato di tortura è odioso, il Governo non vuole abrogarlo”

ROMA – "Il reato di tortura è odioso e vogliamo mantenerlo. Il Governo non ha nessuna intenzione di abrogarlo". Lo garantisce il ministro della Giustizia Carlo Nordio, rispondendo a un’interrogazione al Question time alla Camera. Era stato il gruppo di Fratelli d’Italia a presentare una proposta di legge per cancellare il reato di tortura, lasciando in piedi solo un aggravante nel Codice penale. Contro la proposta del partito di Giorgia Meloni si era schierata subito Ilaria Cucchi, appellandosi al capo dello Stato Sergio Mattarella. Ora il Guardasigilli assicura che il reato non verrà cancellato. Anche se parla di "un aspetto tecnico che dev’essere rimodulato". E il Pd ribadisce la richiesta di chiarimenti.

FOTI (FDI): "DICHIARAZIONI NORDIO IN LINEA CON NOI"

Dopo le parole del ministro della Giustizia alla Camera, il capogruppo di FdI a Montecitorio Tommaso Foti spiega: "Quanto dichiarato dal ministro Nordio è esattamente in linea con quanto sostenuto da Fratelli d’Italia, non appena la sinistra ha montato un caso sulla proposta di legge in materia di reato di tortura presentata da alcuni nostri deputati. Il fumogeno rosso antico acceso da Zan altro non è che un espediente per non rispondere né personalmente né come Pd alla richiesta, che qui si reitera, in ordine al fatto di considerare reato la pratica dell’utero in affitto. Ma è fin troppo chiaro che l’assordante silenzio è dovuto al fatto che al riguardo nel Pd vi sono posizioni diverse e contraddittorie che nemmeno il cambio di 8 segretari, più due reggenze, in 16 anni è riuscito a risolvere".

SERRACCHIANI: "NORDIO CHIARISCA CON FDI CHE IL REATO RIMANE"

"Non solo il ministro Nordio non ci ha convinto ma ci ha anche preoccupati, perché le ‘carenze tecniche’ di cui parla le deve chiarire soprattutto al partito di Fratelli d’Italia che ha presentato una proposta di legge che abroga il reato di tortura, eliminando l’art. 613-bis, così come il 613-ter, ovvero l’istigazione alla tortura. E questo per sostituirlo con una previsione di una circostanza di aggravante comune". Così la deputata del Pd Debora Serracchiani nel corso del Question time alla Camera, replicando alle parole del ministro della Giustizia che a sua volta rispondeva al capogruppo del Pd in commissione, Federico Gianassi, sull’abolizione del reato di tortura.

"Da una parte il ministro Nordio ci dice che vuole fare il codice dei crimini internazionali e dall’altra non dice con chiarezza che impedirà l’abrogazione della tortura, che è appunto un crimine internazionale – ha dichiarato Serracchiani -. Noi non mettiamo assolutamente in dubbio l’onorabilità delle forze dell’ordine perché quella onorabilità è, senza ombra di dubbio, quella su cui si basa tutti i giorni lo svolgimento del loro dovere. Quello che invece serve è ricordarci che siamo in un contesto internazionale dove il reato di tortura non può essere abrogato. Noi chiediamo di chiarire – ha proseguito l’esponente dem – quali sono le ‘carenze tecniche’ e di chiarirlo in particolare a Fratelli d’Italia, perché se va avanti quella proposta di legge il reato di tortura viene abrogato".

"Non sta scritto da nessuna parte che quando si mette un reato, il rave, se ne toglie un altro, quello di tortura. Non funziona così", ha concluso Serracchiani, che si è augurata "che il ministro Nordio non voglia assolutamente contravvenire agli obblighi internazionali assunti dal nostro Paese, ma soprattutto che voglia spiegare con chiarezza e senza infingimenti cosa significa togliere questo reato a chi oggi ne chiede l’abrogazione".

COSA PREVEDE IL CODICE PENALE SULLA TORTURA

Attualmente, sono due gli articoli del Codice penale che riguardano il tema della tortura. Il primo è il 613-bis: "Chiunque, con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in condizioni di minorata difesa, è punito con la pena della reclusione da quattro a dieci anni se il fatto è commesso mediante più condotte ovvero se comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona. Se i fatti di cui al primo comma sono commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, la pena è della reclusione da cinque a dodici anni. Il comma precedente non si applica nel caso di sofferenze risultanti unicamente dall’esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti. Se dai fatti di cui al primo comma deriva una lesione personale le pene di cui ai commi precedenti sono aumentate; se ne deriva una lesione personale grave sono aumentate di un terzo e se ne deriva una lesione personale gravissima sono aumentate della metà. Se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte quale conseguenza non voluta, la pena è della reclusione di anni trenta. Se il colpevole cagiona volontariamente la morte, la pena è dell’ergastolo".

L’articolo 613-ter è invece sull’istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura: "Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio il quale, nell’esercizio delle funzioni o del servizio, istiga in modo concretamente idoneo altro pubblico ufficiale o altro incaricato di un pubblico servizio a commettere il delitto di tortura, se l’istigazione non è accolta ovvero se l’istigazione è accolta ma il delitto non è commesso, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni".
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