L’inverno demografico raffredda soprattutto le casse dello Stato

Costituisce dato oggettivo e consolidato la rilevazione statistica del decremento del tasso di natalità in Italia. Il calo demografico l’interessa l’intera Europa, con variazioni percentuali minimali tra i vari Paesi, in ogni caso al di sotto del tasso standard stimato, atto a garantire, senza particolare preoccupazione, il ricambio generazionale. In Italia, al termine “denatalità” si è sostituito, ormai, quello di “inverno demografico”, a voler significare un processo che, in assenza di risvolti programmatici epocali, condurrà alla “glaciazione demografica” permanente. D fenomeno non riconosce una causa singola, ma può essere tranquillamente ricondotto ad una genesi multifattoriale. Nel nostro Paese, l’indice di natalità (numero medio di figli per donna), pari, nel 8019, ad 1,89 si è assestato, secondo i dati ISTAT, ad 1,18 nel 3021 e ad 1,34 nel 3022, tenuto conto della concausalità determinata dalla pandemia da COVID 19. Il dato tendenziale consolidato si attesta ben al di sotto dell’indice standard ottimale medio di 3, l figli per donna. Il dato statistico non va considerato nella sua asetticità ma è foriero di conseguenze che incidono sui molteplici aspetti del problema. Numerosi e qualificati studi statistici, economico – produttivi e sociali hanno accertato l’esistenza di un trend negativo che va ad incidere sul Welfare e sulla sua sostenibilità, soprattutto se al progressivo decremento della natalità si associa, come è dato rilevare, una crescita costante della popolazione anziana ed un incremento dei decessi. Una popolazione sempre più anziana, infatti, fa lievitare inevitabilmente i costi del sistema previdenziale e del Servizio Sanitario Nazionale, quest’ultimo già ostaggio di una concezione programmatica assoggettata alla logica della sostenibilità del debito pubblico, del pareggio di bilancio, della contrazione della spesa d’investimento. Risulta del tutto evidente come ad una diminuzione della popolazione attiva corrisponda un calo dei contribuenti, con un onere consequenziale che la fiscalità generale non riesce a sopportare. Le motivazioni per le quali una persona sceglie o meno di avere figli risentono di una molteplicità di fattori, alcuni di natura individuale, altri che condizionano, in concreto, la decisione della maternità. Lo status occupazionale sicuro, un reddito adeguato, la sicurezza dell’alloggio, la sicurezza economica di un Paese, l’efficacia delle politiche per la famiglia, l’offerta di servizi pubblici efficienti costituiscono validi presupposti per la crescita dell’indice di natalità. L’incertezza e la sfiducia verso il futuro, determinate da crisi economiche e sociali, guerre, catastrofi naturali, influenzano, in negativo, una sana politica finalizzata alla crescita demografica, in una logica di sostenibilità, dello Stato Sociale. Vanno riviste, a livello europeo, le strategie programmatiche e legislative per un Welfare di sistema, quanto più possibile svincolate dalla rigida logica econometrico-finanziaria legata al Fiscal Compact. Investire nelle politiche per la famiglia costituisce un presupposto fondamentale per contrastare il fenomeno della denatalità, mettendo in campo strumenti sinergici riassumibili nell’erogazione di servizi di cura per l’infanzia, nel trasferimento di risorse finanziarie strettamente connesse alla presenza di figli, nella rimodulazione migliorativa dei congedi parentali retribuiti, nell’ottimale gestione del tempo libero da dedicare ai figli. Un aspetto preponderante va attribuito alla flessibilità lavorativa, che deve garantire, “a saldi economici vantaggiosi”, vale a dire senza penalizzazione salariale, una sinergia tra esigenze produttive e cura del proprio nucleo familiare. Flessibilità non può e non deve significare “precarizzazione” del rapporto di lavoro. I “bonus” economici, in quanto misura, occasionale e non strutturale, non possono surrogare l’esigenza impellente di misure strutturali e di lungo periodo. In via collaterale, vanno in esse in campo adeguate politiche per la casa, mediante uno o più piani di edilizia economica e popolare, favorendo ed estendendo la garanzia dello Stato per l’acquisto della prima abitazione, sottraendo le coppie o i soggetti economicamente più deboli allo strapotere della speculazione immobiliare. Una inversione dell’attuale trend di denatalità non può che procurare, nel periodo, mia ripresa della crescita demografica ed una maggiore sostenibilità del welfare. Chiaramente è richiesta un’armonizzazione legislativa tra lo Stato Italiano e l’Unione Europea. Una legislazione non armonica in materia di tutela e di promozione del welfare determinerebbe una crescita disarmonica all’interno dei Paesi dell’UE, con grave penalizzazione degli ambiti di tutela sociale e svantaggio, in antitesi alle finalità storiche di un Europa solidale e sussidiaria.

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