Gli approfondimenti sulla previdenza di PAOLO LONGONI
Il Concordato preventivo biennale è una soluzione a carattere fiscale che è diretta a ridurre il carico tributario dei contribuenti, offrendo la possibilità di concordare anticipatamente i redditi degli anni futuri.
È però da precisare che per i professionisti iscritti alle Casse di previdenza private questa misura non ha alcun effetto sui contributi previdenziali dovuti.
Le Casse previdenziali private, enti autonomi, hanno una gestione indipendente dalle direttive dell’Amministrazione fiscale; giurisprudenza consolidata conferma il riconoscimento dell’indipendenza gestionale delle Casse, che devono garantire il proprio equilibrio economico finanziario senza interferenze esterne, seguendo principi di autonomia e responsabilità: a cagione di ciò, un imponibile previdenziale concordato “esternamente” e non derivante dal reddito professionale effettivamente prodotto sarebbe in contrasto con l’intero impianto normativo che regola il settore previdenziale privatizzato.
Sul punto deve essere ricordata l’Ordinanza n. 29639/2022 della Corte di Cassazione che, richiamando anche tutta la giurisprudenza precedente della stessa Corte, si è pronunciata in merito al computo dei contributi previdenziali obbligatori dovuti da un professionista che aveva aderito al Concordato fiscale di cui all’art. 33 del D.L. 269/2003.
Secondo la Corte “la determinazione di un reddito imponibile concordata ab externo con l’amministrazione fiscale violerebbe l’autonomia degli enti previdenziali, senza contare che non sarebbe coerente imporre alle casse il principio dell’equilibrio economico finanziario e contestualmente sottrarre autoritativamente ad esse l’ammontare della contribuzione dovuta”.
Alcune Casse e anche l’Adepp, associazione che rappresenta tutte le Casse di Previdenza dei professionisti, hanno emanato espliciti comunicati, con i quali hanno chiarito che non si applica agli enti privatizzati la normativa in questione, nonostante l’apparente lettura dell’art. 30 del Decreto 13/2024 che ha introdotto il Concordato preventivo biennale possa far presumere il contrario; la norma infatti recita: “Gli eventuali maggiori o minori redditi ordinariamente determinati rispetto a quelli oggetto del concordato non rilevano ai fini della determinazione delle imposte sui redditi nonché dei contributi previdenziali obbligatori”.
Sostiene l’Adepp che l’art. 30 in questione se applicato alle Casse si rivelerebbe lesivo dell’autonomia gestionale, organizzativa e contabile (art. 2, comma 1, D. Lgs. 509/94); e ciò anche in virtù della circostanza che la gestione economico – finanziaria deve assicurare l’equilibrio di lungo periodo mediante l’adozione di provvedimenti coerenti con gli equilibri di bilancio.
Per i professionisti iscritti alle Casse, dunque, l’adesione al Concordato preventivo biennale prefigura un doppio binario di computo del reddito: il primo, definito in sede concordataria e necessario per il calcolo delle imposte sul reddito; il secondo, quello effettivamente conseguito, essenziale per la determinazione dei contributi previdenziali dovuti alle Casse.
Ed altrettanto, nessuna implicazione previdenziale deve essere considerata per i soggetti che, oltre ad aderire al Concordato preventivo biennale, hanno inteso utilizzare lo strumento del ravvedimento speciale per le annualità dal 2018 al 2022, atteso che il ravvedimento per espressa disposizione di legge ha una portata esclusivamente tributaria e non vi è nella norma nessun riferimento ad eventuali adempimenti di natura contributiva.