Reddito o ISEE? Quale parametro utilizzare per le prestazioni assistenziali?

Gli approfondimenti sulla previdenza di PAOLO LONGONI

CNPR utilizza, nella propria regolamentazione delle prestazioni assistenziali, il parametro della media triennale del reddito del nucleo familiare come indicatore per determinare lo stato di bisogno dell’iscritto.

Gli istituti del comparto pubblico, invece, utilizzano l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente – ISEE – cui è attribuito il valore di certificazione della situazione economica dell’intero nucleo familiare.

La differenza fra i due indicatori è profonda e sostanziale: mentre la dichiarazione dei redditi attesta i proventi percepiti nell’anno, l’ISEE determina un valore che contiene il reddito, il valore degli immobili e dei risparmi posseduti, la situazione particolare nella quale un nucleo familiare può trovarsi (ad esempio la presenza di un disabile, oppure la presenza di tre o più figli).

Una valutazione della condizione economica deve servire a definire se e quanto erogare a titolo di provvidenza; ma il nodo di fondo è identificare il “reddito disponibile” del nucleo familiare.

A tal fine è possibile formulare due diverse ipotesi:

  1. Valutare come reddito disponibile le risorse economiche di cui il nucleo dispone al momento in cui richiede la prestazione, considerando ciò che il nucleo può davvero spendere (e dunque il reddito di cui gode il nucleo familiare);
  2. Utilizzare un indicatore composito come l’ISEE, assimilando il suo valore al reddito disponibile.

Come ovvio, b) è molto diverso da a), ed il valore dell’ISEE non è per nulla il reddito disponibile del nucleo al momento della prestazione: l’uso dell’ISEE, a parere di chi scrive, produce molte valutazioni improprie ed ingiuste; ad esempio:

  • I redditi utilizzati per l’ISEE sono quelli del secondo anno solare precedente; non viene dunque valutata né una media su un numero più lungo di anni, e nemmeno si tiene conto delle possibili variazioni che intervengono nel frattempo (perdita del lavoro, riduzione del reddito, variazione della condizione di un componente del nucleo familiare).
  • L’ISEE utilizza il reddito complessivo ai fini IRPEF, al lordo delle ritenute fiscali; e dunque l’ISEE contiene anche una parte di reddito di cui il nucleo non dispone, deviate verso la tassazione.
  • All’interno dell’ISEE affluiscono dati disomogenei: il reddito del secondo anno precedente, il canone di locazione pagato al momento della DSU, le spese sanitarie risultanti dal sistema tessera sanitaria nell’anno precedente; ad esempio, un ISEE richiesto e rilasciato oggi contiene come fattore di calcolo il reddito del 2023, il canone di locazione pagato nel 2025, le spese sanitarie del 2024.
  • I redditi ai fini ISEE sono abbattuti da franchigie che riguardano l’affitto pagato, o il mutuo (ma solo in parte) per la prima casa; ma se il nucleo ha sostenuto spese per pagare assistenza per un disabile o un anziano non autosufficiente, queste spese sono dedotte dall’ISEE solo nella misura in cui sono detraibili dal reddito ai fini IRPEF.
  • I patrimoni mobiliari (risparmi, investimenti) sono quelli del secondo anno solare precedente; se da allora il nucleo ha perso risparmi anche per motivi gravi, l’ISEE non lo rileva.
  • I patrimoni consistenti in titoli di stato, risparmio postale, obbligazioni Cassa DDPP sono esclusi dall’ISEE: e dunque si crea una disparità evidente tra nuclei che hanno risparmio “esente” e nuclei che hanno lo stesso risparmio non esente.
  • Nell’ISEE non sono incluse le indennità di accompagnamento e le altre provvidenze per gli invalidi; ma le somme percepite a tale titolo transitano comunque sui conti correnti dei nuclei familiari, e vengono quindi lo stesso “catturate” rilevando la giacenza media.
  • Eventuali risparmi vincolati (ad esempio somme destinate all’utilizzo al raggiungimento della maggiore età del fruitore), o beni sui quali l’autorità giudiziaria abbia posto dei vincoli di indisponibilità, pur se destinati a scopo di protezione futura, sono censiti nell’ISEE come somme utilizzabili.
  • I patrimoni immobiliari sono quelli al 31 dicembre del secondo anno precedente; se da allora il nucleo ha perso patrimonio, l’ISEE non consente di rilevarlo.
  • I patrimoni immobiliari vengono considerati sempre, qualunque natura essi abbiano: ma esistono diversi beni immobili non trasformabili in denaro; ed oltretutto l’ISEE considera anche gli immobili pignorati; non tiene in alcun conto – diversamente dall’IMU – dei fabbricati inagibili o inabitabili.
  • È frequente vedere nuclei familiari con un ISEE elevato a causa degli immobili: ad esempio anziani che hanno acquistato la casa per abitarvi ma hanno redditi mensili inadeguati; oppure comproprietari di seconde case impediti a vendere per la presenza di altri proprietari.
  • Le donazioni di patrimoni immobiliari fatte dal richiedente nei tre anni precedenti se a parenti o affini sono comunque considerate nell’ISEE.
  • Il valore degli immobili posseduti a titolo di usufrutto è identico a quello degli immobili posseduti a titolo di proprietà; ma l’usufrutto difficilmente può essere monetizzato; e rilevano ai fini ISEE anche gli immobili posseduti a titolo di diritto di abitazione: diritto che non consente né la vendita né l’affitto.
  • L’attestazione rilasciata dai servizi sociali di “abbandono del coniuge” o di “estraneità nei rapporti affettivi ed economici di figli e genitori non conviventi” può produrre una diminuzione dell’ISEE: ma i due concetti sono assolutamente indefiniti, e l’attestazione dei servizi sociali si presta a troppa discrezionalità.
  • Fino al 31.12.2023 i figli non conviventi maggiori di 26 anni se non coniugati o con propri figli, indipendentemente dal loro reddito non entravano nel nucleo ISEE; ma dall’1.1.2024 i figli non conviventi di qualunque età fanno parte del nucleo ISEE se hanno un reddito basso che li connoti come fiscalmente a carico del genitore. E l’attrazione al nucleo familiare dei genitori non è in alcun modo evitabile.

L’ISEE vuole essere un indicatore sintetico che descrive la situazione economica; ma se si concedono prestazioni utilizzando solo l’ISEE (ossia assimilandolo al denaro di cui il nucleo può disporre) si rischiano importanti distorsioni; falsi positivi (nuclei che sembrano bisognosi e non lo sono), ad esempio nel caso di aumento dei redditi, oppure ricezione di proventi patrimoniali in epoca successiva a quella inclusa nell’ISEE; oppure falsi negativi (nuclei che non sembrano poveri e invece lo sono) per diminuzione del reddito o riduzione del patrimonio successiva a quella censita nell’ISEE.

E dunque nel falso positivo si procede ad una erogazione impropria, e nel falso negativo si nega una provvidenza a soggetti che ne hanno invece seriamente bisogno.

La conclusione che si può trarre da quanto esposto è che se l’indicatore limitato ai redditi del nucleo familiare (facendo la media del triennio precedente) certamente ignora il patrimonio e gli stati di disabilità e non autosufficienza di alcuni componenti, ma comunque espone il reddito utilizzabile e spendibile, l’utilizzo dell’ISEE si presta a distorsioni altrettanto e forse più gravi.

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