Gli approfondimenti sulla previdenza di PAOLO LONGONI
(Parte terza)
Esaminati i principi anche costituzionali che dovrebbero sancire e garantire l’autonomia delle Casse Previdenziali, pur sotto la vigilanza pubblica diretta a garantire il corretto svolgimento della funzione della previdenza – che è di interesse pubblico -, va ricordato in quanto esemplare il giudicato della Corte Costituzionale sulla questione legata al prelievo straordinario stabilito in misura percentuale fissa in relazione alla spesa per consumi intermedi, portato dall’art. 8, comma 3, D.L. 95/2012.
La norma in questione prevedeva che tutte le amministrazioni pubbliche rientranti nel conto economico consolidato dello Stato (e quindi anche le Casse di Previdenza) avessero l’obbligo di ridurre del 5% per il 2012 e del 10% per il 2013 la spesa per consumi intermedi rispetto a quella sostenuta nel 2010, conferendo le somme in questione al bilancio della Stato.
All’esito del contenzioso amministrativo, la materia è stata rimessa alla Corte Costituzionale, che con sentenza n. 7/2017 ha dichiarato l’illegittimità dell’obbligo perché non conforme al canone della ragionevolezza, né alla tutela dei diritti previdenziali degli iscritti, né al buon andamento della gestione delle Casse.
In particolare, quanto alla ragionevolezza, la Corte (art. 3 della Costituzione) ha ritenuto che fosse incongruo sacrificare l’interesse previdenziale ad un generico e macroeconomicamente esiguo impiego delle some nel bilancio dello Stato, oltretutto con effetti neutri, trattandosi di un’operazione a somma zero per il conto economico consolidato.
Quanto al buon andamento, la privatizzazione delle Casse, ispirata ad un sistema mutualistico diverso dalla soluzione generalista pubblica, la Corte (art. 97 della Costituzione) ha ritenuto che il modello di privatizzazione sia fondato sull’autonomia finanziaria, e che il prelievo fosse lesivo della correlazione contributi-prestazioni.
Quanto, infine, alla tutela dei diritti previdenziali, la Corte (art. 38 della Costituzione) ha ritenuto che, in un sistema fondato sulla capitalizzazione dei contributi versati, il prelievo minasse l’equilibrio previdenziale di lungo periodo, elemento indefettibile dell’esperienza previdenziale autonoma.
E dunque, una nuova e forte sottolineatura dell’autonomia delle Casse come organismi intermedi dediti alla funzione della previdenza.
Ma nonostante la netta e precisa posizione della giurisprudenza costituzionale, che abbiamo esaminato sotto i diversi aspetti (natura giuridica, attività e risorse), il regime dei controlli pubblici non si è alleviato, e continua con una certa invasività ad intervenire sugli atti delle Casse.
I controlli si articolano su diversi livelli; all’interno dei Consigli di Amministrazione esistono quasi ovunque membri di nomina ministeriale; i Ministeri nominano i Presidenti dei Collegi Sindacali; tutte le delibere dei Consigli di amministrazione che riguardano statuti e regolamenti e/o che concernono aspetti finanziari devono essere sottoposte all’approvazione costitutiva dei ministeri vigilanti; sulle Casse vigila la Corte dei Conti; gli investimenti delle Casse sono sottoposti al controllo della Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione (COVIP); sulle Casse vigila la Commissione Bicamerale di controllo sugli enti previdenziali.
E non va dimenticato che sull’attività contrattuale delle Casse è chiamata a vigilare l’Autorità Nazionale Anti Corruzione.
Tutto ciò, oltre a portare in sé lentezze e complicazioni procedurali, non valorizza, anzi comprime del tutto l’appartenenza delle Casse alla categoria delle comunità intermedie, soggetti dotati di rilevanza e protezione costituzionale e di autonomia anche finanziaria.
Fino a destituire di autonoma determinazione anche le più semplici delibere, come ad esempio quelle sul sistema elettorale o sulla sede, sottoponendole alla preventiva approvazione dei Ministeri vigilanti.
Le Casse, alla luce del breve studio che abbiamo sintetizzato in questi interventi, sono parte dello Stato -comunità, e non della amministrazione pubblica: e ciò non può che implicare che lo Stato deve limitare al massimo tuto ciò che rischia di interferire con l’autonomia e la stabilità nell’organizzazione e nello svolgimento delle loro attività.
Mutuando i contenuti degli studi costituzionali, quello delle Casse non è esercizio privato di funzioni pubbliche, ma è bensì esercizio di un’attività che ha un fine sociale, svolgendo funzioni di interessi generali; e nello svolgimento di queste funzioni, le Casse non possono, non devono subire limitazioni superiori a quelle che subiscono, ad esempio, le attività di impresa di società partecipate dal pubblico ma operanti in settori di mercato che hanno fini di interesse generali governati da autorità di garanzia.
La regolazione del settore, utilizzando i principi comuni del diritto anglo sassone, dovrebbe essere improntata alla co-regulation ovvero alla soft regulation: linee guida, carte dei servizi, codici di autodisciplina: forme regolatorie di nuova generazione caratterizzate dalla collaborazione, condivisione, discussione; adattabili alle diversità delle fattispecie.
Sopprimendo le ingerenze invasive dello Stato – apparato.
(3 – fine)