Gli approfondimenti sulla previdenza di PAOLO LONGONI
Il quotidiano La Repubblica ha indetto un interessante talk che si terrà lunedì 19 maggio alle 9.45 al Palazzo dei Giureconsulti di Milano.
Il tema del convegno è “Previdenza, tra pubblico e privato”; saranno presenti il sottosegretario al Ministero del Lavoro Claudio Durigon, il presidente dell’INPS, Gabriele Fava, la commissaria della Covip Francesca Balzani, Massimo Monicelli di Generali Italia e Andrea Lesca di Intesa San Paolo Insurance.
Le questioni che verranno trattate hanno origine dall’osservazione che il supplemento “Affari e Finanza” del quotidiano ha recentemente pubblicato: il Rendiconto di genere del Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’INPS indica che sono erogate dalla previdenza pubblica 7,9 milioni di pensioni alle donne, e 7,3 milioni di pensioni agli uomini; ma sebbene il valore numerico indichi una prevalenza del sesso femminile, gli assegni mediamente corrisposti alle donne sono inferiori a quelli degli uomini di oltre il 25% per le pensioni di anzianità ed anticipate e di oltre il 44% per le pensioni di vecchiaia.
Si tratta di un vero e proprio gender gap, che è frutto della condizione di svantaggio che le donne hanno nel mondo del lavoro.
Ma il gender gap è evidenziato anche dal dato delle pensioni di anzianità o anticipate: solo il 27% delle donne beneficiano di questo tipo di pensione: e ciò mette in evidenza le difficoltà che le donne hanno a raggiungere i requisiti contributivi previsti, a causa della frequente discontinuità che caratterizza il loro percorso lavorativo.
I relatori dovranno illustrare il (difficile) bilanciamento tra la sostenibilità del sistema pensionistico e l’adeguatezza delle prestazioni.
Ulteriore tema in trattazione riguarderà l’evoluzione della demografia nel nostro Paese e le tendenze di medio e lungo periodo del sistema pensionistico: i più giovani, secondo le indagini svolte, sono interessati agli effetti immediati della discontinuità del lavoro; e cioè alla riduzione di disponibilità finanziaria nei momenti di non-lavoro: ma non sono assolutamente consapevoli degli effetti della discontinuità (e della precarietà) sul futuro pensionistico.
La Ragioneria Generale dello Stato calcola il “tasso di sostituzione netto”, ovvero la modifica del reddito disponibile dell’individuo nel passaggio dalla fase attiva a quella di pensionato come un indicatore in picchiata verso il basso; effetto da un lato del sistema di calcolo contributivo e dall’altro della discontinuità e precarietà del lavoro svolto.
Risulta ovvio che, a meno di voler abbassare drasticamente la qualità della vita, i lavoratori attivi, ma soprattutto le donne ed i giovani devono programmare con attenzione la propria previdenza.
Lo spunto del workshop è diretto ad incentivare la previdenza complementare, rimpinguando l’assegno pensionistico con versamenti volontari ad accumulo ovvero con la devoluzione del Trattamento di Fine Rapporto ai fondi di previdenza.
Secondo i calcoli di tendenza esposti dalla Ragioneria Generale risulterebbe che, devolvendo il 50% del TFR a previdenza complementare, i lavoratori dipendenti possono centrare l’obiettivo di giungere ad un tasso di sostituzione vicino all’80% del reddito da attivi: ma il fattore tempo è determinante; la Ragioneria indica con due diversi modelli di calcolo la possibilità di raggiungere il 90% del tasso di sostituzione: un lavoratore che inizia l’accantonamento a 30 anni può destinare a fondo di previdenza il 9% del proprio reddito; un lavoratore che inizia a 60 anni dovrebbe destinare a previdenza il 72% del proprio reddito.
La questione si complica per il comparto dei lavoratori e delle lavoratrici autonome: non potendo contare sul serbatoio del TFR, queste categorie, che fanno riferimento in gran parte alle Casse privatizzate, dovrebbero provvedere autonomamente con accantonamenti prelevati dal proprio reddito disponibile.
E, mancando anche una idonea educazione previdenziale, sono proprio le categorie degli autonomi che vedranno calare drasticamente il reddito di sostituzione a livelli di sussistenza o addirittura di povertà.