L’evento degli Stati Generali della Professione, svoltosi a Roma, ha messo in scena l’ennesima occasione persa. Un palcoscenico chiuso, un microfono solo, nessuna possibilità di dialogo. A fronte di oltre 122.000 iscritti, ha partecipato l’1% della categoria.
Durante la sessione pubblica, nessun intervento da parte di ordini territoriali, associazioni, casse di previdenza, fondazioni, colleghe o colleghi. Nessuno spazio per il contraddittorio.
Il presidente del Consiglio Nazionale ha parlato da solo, senza possibilità di replica. Il suo intervento, segnato da toni divisivi e attacchi personali, ha rivelato un’impostazione che non appartiene a una guida istituzionale. Il pluralismo è stato trattato come fastidio, il dissenso come minaccia, fatto ancora più grave perché esternato di fronte a Ministri, Vice Ministri, Parlamentari e rappresentanti delle Istituzioni del nostro Paese.
Molti presenti hanno espresso disagio. Senza clamore, ma con sincerità. Colleghi, presidenti, rappresentanti istituzionali hanno manifestato imbarazzo e amarezza. Non per le divergenze, ma per come queste sono state gestite.
In un momento in cui la professione affronta sfide complesse, il dibattito si è concentrato su logiche di consenso e narrazioni autoreferenziali. Nessun piano tecnico, nessuna proposta concreta. Solo visioni parziali, costruite su relazioni personali e presenze politiche.
Anche la sessione pomeridiana, che avrebbe potuto aprire un confronto vero, è stata riservata a pochi: presidenti e consiglieri degli Ordini. Ancora nessuna possibilità di parlare per casse previdenziali, associazioni, fondazioni, revisori, iscritti. Una scelta precisa. E una conferma: chi non è allineato, resta fuori, si deve fare da parte!
Il dissenso, risorsa vitale in ogni comunità democratica, è stato trattato come anomalia da contenere. Nessuna trasparenza, nessun ascolto.
Ma nessun palco blindato può oscurare la voce di chi crede nel confronto, nel rispetto delle differenze, nella costruzione collettiva del futuro della professione.
Per questo, in allegato, rendiamo pubblico l’intervento che il presidente Marco Cuchel avrebbe voluto pronunciare a nome dell’Associazione Nazionale Commercialisti. Un contributo negato in aula, ma necessario nel dibattito pubblico.
Rivendichiamo il diritto di ogni iscritto, di ogni organismo della professione a essere parte attiva delle scelte che riguardano il proprio presente e il proprio futuro professionale.
E continueremo a farlo. Con rigore, con passione, con la forza pacata di chi sa che l’autorevolezza non si impone: si conquista con l’ascolto.
ANC Comunicazione
MARCO CUCHEL AGLI STATI GENERALI DELLA PROFESSIONE
Roma, 10 giugno 2025
Buongiorno a tutte le Colleghe e ai Colleghi, alle Autorità, rappresentanti del Governo e ai parlamentari presenti Porto i saluti dell’intero Consiglio Direttivo dell’Associazione Nazionale Commercialisti.
Ringrazio per l’opportunità di poter esprimere in seno agli Stati Generali della nostra Professione il pensiero della nostra Associazione. Infatti in questa occasione parlo a nome dell’Associazione Nazionale Commercialisti, ma anche come iscritto che vive la professione da tanti anni, che ne conosce le fatiche, le trasformazioni, e che crede ancora nel valore di questa comunità.
Oggi più che mai, la nostra categoria si trova di fronte a una profonda frattura. Non solo sul piano delle opinioni, ma nella percezione stessa del senso di appartenenza.
Stiamo assistendo a una frammentazione per albi, per specializzazioni, per settori d’intervento che richiedono formazioni sempre più specifiche, lasciando sullo sfondo l’identità comune del commercialista. È un modello che non attrae i giovani, i quali ci vedono come una professione burocratizzata e divisa, e che disorienta i colleghi più maturi, che spesso non si riconoscono più in ciò che la professione sta diventando.
Non basta garantire “posti” nei Consigli per rendere partecipi i giovani che costituiscono il nostro futuro. Partecipazione non è rappresentanza formale. Partecipazione è condivisione delle scelte, delle direzioni strategiche, dei processi decisionali. E su questo, oggi, siamo molto carenti.
Lo dimostra in modo emblematico la vicenda della riforma del nostro ordinamento, il D.Lgs. 139 del 2005.
Il percorso seguito per la sua riscrittura non può definirsi condiviso e democratico. A maggio 2024 è giunta una prima bozza, con scadenza assegnata per le osservazioni più rapida di quelle previste per gli adempimenti fiscali. Poi, un solo incontro con gli Ordini territoriali a giugno. Due ore, due ore soltanto di orologio, di confronto con i sindacati a fine giugno.
E pensare che all’inizio di questo mandato era stato promesso l’avvio di un tavolo permanente, che non è mai stato di fatto istituito.
Il 23 luglio è arrivata una nuova bozza, ma priva dell’articolo 25, il più controverso. Due giorni dopo, nuove bozze dell’articolo 25 e del nuovo articolo 9.
Le osservazioni ricevute sull’articolo 25, tuttavia, non sono mai state condivise, non le abbiamo mai lette, non sappiamo l’uno cosa pensa l’altro. Incredibile e inaccettabile in una Categoria che dovrebbe fare della democraticità e della partecipazione le sue priorità.
Nessun confronto concreto è stato avviato. Si è preferito consegnare la riforma prima alla stampa, poi alla politica, e solo infine alla categoria. Noi avevamo chiesto, ufficialmente, di inviare un’informativa agli Ordini territoriali per stimolare la convocazione di assemblee locali e avviare un confronto, opportuno, dovuto, con la base. Ma anche questa richiesta è rimasta inevasa.
E oggi ci troviamo con una riforma che, nella sostanza, oltre a modificare il sistema elettorale, non definisce realmente cosa voglia essere nel futuro questa professione. Non ci sono riserve di attività. Non c’è identità. In diversi articoli si aprono falle gravi, si pensi agli effetti potenzialmente devastanti in ambito previdenziale, con la possibilità di esercitare l’attività in forma societaria al di fuori delle STP, aggirando l’iscrizione alla Cassa; questo solo per citare un esempio.
Il Decreto 139 è, a tutti gli effetti, la nostra carta costituzionale. Meritava tempo. Meritava confronto e dibattito. E non li ha avuti. Meritava di arrivare alla politica una riforma altamente condivisa, segno della maturità della nostra categoria, e invece è arrivato un progetto di riforma che andrà emendato. Ma quale messaggio rechiamo al Legislatore?
Non impariamo dai nostri errori.
Un trattamento simile lo aveva già avuto il nuovo Codice Deontologico, approvato in modo unilaterale. Tanto che siamo stati costretti a rivolgerci al TAR, e attendiamo ora che sia un giudice a stabilire ciò che avrebbe dovuto essere oggetto di dialogo, interno.
Questo non fa bene alla categoria. Non è la strada che avremmo voluto. Ma quando ogni canale di ascolto si chiude, anche il diritto deve fare la sua parte.
Abbiamo avuto la modifica del 2407 su cui l’ANC si è spesa per molto tempo. Bene ma non è un risultato spendibile per il 100% della categoria, ancora meno lo sono il tax control framework e il report di sostenibilità.
I colleghi hanno bisogno di adempimenti programmati e tempi certi e rispettati dall’amministrazione finanziaria. Ad oggi ancora non possiamo chiudere, stampare ed inviare le dichiarazioni, eppure entro il 30/6 ci sarebbe la scadenza per i pagamenti. Ancora stiamo aspettando i rilasci dei software per il nuovo CPB. I colleghi, per i cittadini e le imprese che assistono, non riescono a fissare gli appuntamenti con l’agenzia delle entrate per trattare le pratiche e gli avvisi dell’agenzia arrivano a pioggia così come i pignoramenti. Senza pensare a tutti i problemi legati al Civis e ai disagi causati dai continui disservizi del portale dell’Agenzia delle Entrate. Chi risolve questi problemi se non si riesce a comunicare con gli uffici?
Non sarà alta specializzazione ma è il pane quotidiano di migliaia di iscritti.
E già che ci siamo, nessuna attenzione è stata riservata ai nostri colleghi Esperti Contabili. Non possono specializzarsi, sono loro impedite attività che incredibilmente possono essere svolte all’esterno della professione ordinistica. Ma sono nostri colleghi, soggetti alla medesima deontologia professionale, obbligati a stipulare le medesime polizze assicurative, con una miriade di responsabilità e rischi sulle spalle al pari di migliaia di Commercialisti e che meritano una considerazione specifica e attenta.
Solo poche parole sulla trasparenza. Un valore che dovrebbe essere la bussola di ogni ente pubblico, e il Consiglio Nazionale, per legge, lo è. E invece, anche qui, troppe ombre. Sappiamo che sono state raccolte lettere in favore della riforma del d.lgs 139 da parte di alcuni Ordini territoriali, inviate al Governo per rafforzare l’idea di un’ampia condivisione della proposta. Ma quelle lettere sono state trasmesse ai Ministri e mai rese disponibili alla categoria.
Nessuno, tranne in qualche rarissimo caso, né consiglieri, né iscritti, sa oggi che cosa hanno scritto i presidenti dei propri Ordini.
È normale questo? È sano? È istituzionalmente accettabile? Noi iscritti all’albo non possiamo leggere quelle lettere che all’esterno della categoria hanno letto. Non sappiamo cosa abbiano scritto i nostri presidenti territoriali al presidente del consiglio nazionale, pare non lo sappiano neppure gli stessi componenti del Consiglio Nazionale, non ci deve forse essere consentito accedere a quei documenti?
Non è normale tutto questo. Non è normale che si invochi compattezza verso l’esterno mentre si nega trasparenza all’interno.
E infine, la categoria non si sta spaccando perché c’è un gruppo sparuto, una minoranza di colleghi “oppositori”, sempre scontenti o vittimisti.
La categoria si sta dividendo perché si è rotto qualcosa di più profondo: il senso della collegialità, il valore del pluralismo, la cultura del confronto.
La richiesta che faccio in questa occasione così importante quale è questo evento, gli Stati Generali della Categoria, col dovuto rispetto ma con ferma determinazione, è semplice: fermiamoci, ascoltiamoci, riapriamo davvero il dialogo. Perché solo così potremo ritrovare la fiducia reciproca, e costruire insieme un futuro che sia davvero di tutti.
È un invito semplice: non si abbia paura del dissenso, stupirà ma può solo arricchire.
Marco Cuchel
Presidente Associazione Nazionale Commercialisti