L’obbligo di versamento dei contributi alle Casse

Gli approfondimenti sulla previdenza di PAOLO LONGONI

Il versamento dei contributi alle Casse di Previdenza per i liberi professionisti è un obbligo di legge, che si applica a chiunque svolga un’attività professionale per la quale è necessaria l’iscrizione ad un Albo Professionale.

Dall’obbligo di iscrizione all’Albo Professionale discende l’obbligo di iscrizione alla Cassa Previdenziale di riferimento; ed il conseguente obbligo di versare i contributi dovuti.

I contributi, nel nostro ordinamento, rappresentano le quote della retribuzione (nel lavoro subordinato) o del reddito da lavoro (nel caso del lavoro autonomo, in collaborazione o associato) destinate al finanziamento delle prestazioni previdenziali ed assistenziali previste dalla legge.

Il loro versamento è obbligatorio: l’onere contributivo sorge all’avvio di qualunque attività lavorativa, ovvero al verificarsi delle condizioni previste dalla legge o dai regolamenti.

Obbligato al versamento dei contributi per i rapporti di lavoro subordinato è, in via generale, il datore di lavoro, ai sensi dell’art. 2115, c.c.; ciò anche nei casi in cui l’onere contributivo è ripartito tra il datore ed il prestatore: la quota di competenza di quest’ultimo, trattenuta dal datore di lavoro che opera come sostituto, viene versata dal datore che resta l’unico responsabile nei confronti degli enti previdenziali.

Per le collaborazioni coordinate e continuative, per il lavoro a progetto, per le collaborazioni occasionali e per gli associati in partecipazione l’obbligo contributivo grava per una quota sui committenti, che restano comunque responsabili del versamento, e per un’altra quota sugli stessi lavoratori.

Per questa ultima categoria di lavoratori, l’obbligo di contribuzione trae origine dall’art. 2, comma 26, della Legge 335/1995.

Le Casse previdenziali dei professionisti traggono l’obbligo di contribuzione dal D. Lgs. 509/1994 e dal D. Lgs. 103/1996 che ne stabiliscono la natura giuridica e lo svolgimento della funzione pubblica obbligatoria.

Le omissioni e le violazioni agli obblighi contributivi prevedono un sistema sanzionatorio: per la previdenza pubblica il sistema è oggi disciplinato dalla Legge 388/2000, che prevede due diverse tipologie di sanzioni; quelle civili, che variano a seconda del debito, e quelle penali, che si concretano in casi particolari di evasione contributiva o di omissione dei versamenti.

Per le Casse privatizzate, invece, il sistema sanzionatorio è oggetto di disciplina regolamentare, adottata da ciascuna delle Casse in maniera autonoma.

È frequente, fra gli iscritti alle Casse stesse, il fenomeno del ritardo o addirittura dell’omissione nell’adempimento dei versamenti: i bilanci di ciascuna delle Casse espongono numeri importanti di crediti verso gli iscritti, la cui recuperabilità è direttamente funzione delle attività che le Casse pongono in essere per indurre alla regolarizzazione.

Ma è sempre vivo nel dibattito interno delle professioni il mancato raccordo fra la disciplina ordinistica e quella previdenziale; in particolare, all’interno degli ordinamenti professionali che regolano le professioni è previsto l’obbligo di corrispondere tempestivamente i contributi dovuti agli ordini: ed il mancato pagamento o il ritardo nel pagamento sono sanzionati come violazione deontologica, dando corso ad azione disciplinare.

Ma negli ordinamenti, purtroppo, non vi è menzione degli obblighi previdenziali; con la sola eccezione dell’ordinamento forense, che all’art. 21 della Legge che regola l’ordinamento – la Legge 247/2012 – prevede l’obbligo di iscrizione alla Cassa Forense; ed all’art. 16 del Codice Deontologico, approvato dal Consiglio Nazionale Forense con Delibera del 31 gennaio 2014 e più volte aggiornato da ulteriori delibere, indica espressamente il dovere di adempimento fiscale, previdenziale, assicurativo e contributivo come obbligo per gli iscritti negli albi degli avvocati.

Gli iscritti all’Albo degli avvocati, dunque, qualora non siano in regola con il versamento dei contributi previdenziali, possono essere oggetto di procedimento disciplinare, con le sanzioni correlate di censura, sospensione, radiazione, a seconda della gravità della violazione o della sia reiterazione.

Altrettanto non accade nelle altre professioni regolamentate: se l’iscritto all’Albo non versa la quota annuale di iscrizione all’ordine viene immediatamente assoggettato al procedimento di disciplina: e si tratta di inadempimenti di poche centinaia di euro; ma se omette il versamento dei contributi previdenziali anche per importi considerevoli non può esservi assoggettato.

Eppure, al di là del danno che  si arreca all’intera categoria professionale con il mancato versamento alla Cassa (e del danno che arreca a sé stesso, per il mancato beneficio previdenziale) è certo che il mancato versamento dei contributi inneschi un meccanismo ovvio di distorsione del mercato: il professionista che regolarmente versa i propri contributi patisce un costo che il professionista evasore non subisce; e dunque quest’ultimo può essere in grado di modulare i propri onorari al ribasso rispetto al collega regolare.

Ecco, questi sono gli argomenti che dovrebbero indurre le professioni, in sede di riforma o modifica dei propri ordinamenti, a introdurre norme regolamentari e deontologiche che si assimilino a quelle di Cassa Forense.

Perché la comunità professionale è una e una sola: formata dall’universo degli iscritti, dagli ordini locali, dal Consiglio Nazionale e dalla Cassa di Previdenza; che, in diverse articolazioni, sono parte della comunità intermedia che li associa.

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