Il gettito IRPEF, il welfare e l’art. 53 della Costituzione

Gli approfondimenti sulla previdenza di PAOLO LONGONI

La Ragioneria Generale dello Stato ha pubblicato nei mesi scorsi il “Rapporto sulle Entrate” che illustra la situazione del gettito fiscale nel nostro Paese.

Sulla stampa sono stati pubblicati diversi commenti e sul tema sono intervenuti anche istituti di ricerca ed esponenti del mondo accademico.

In particolare, Itinerari Previdenziali ha pubblicato il proprio “Osservatorio sulle dichiarazioni”, presentandolo alla Camera dei Deputati.

La fotografia che emerge è disarmante: quasi un italiano su due non versa imposte, non dichiarando alcun reddito imponibile; il 73% circa dei contribuenti si colloca al di sotto dei 29 mila euro di reddito, e soltanto il 5,8% dichiara redditi superiori a 55 mila euro; i redditi di fascia superiore a 29 mila euro producono gettito per il 76,87% del totale.

Sembra di poter dire che quasi un italiano su due vive a carico di qualcun altro, e che la (piccola) quota di contribuenti con redditi medio-alti sostiene la grandissima parte delle entrate dello Stato per imposte sulle persone fisiche.

L’analisi dei dati richiede attenzione e pazienza: se è vero che l’art. 53 della Costituzione recita “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”, ed è altrettanto vero che la mole enorme di spesa pubblica nel nostro Paese – 131 miliardi per la sanità, 400 miliardi per le pensioni e l’assistenza – garantisce un sistema di welfare fra i più elevati del mondo, pur con tutte le riserve che è possibile sollevare, va chiaramente compreso che:

  • Evasione ed elusione delle imposte ed economia sommersa costituiscono un danno generalizzato che colpisce tutti;
  • I sistemi introdotti negli ultimi anni ispirati alle flat tax, introducendo imposte sostitutive (sui redditi di lavoro autonomo, su quelli da locazione, sui redditi di capitale) in espresso contrasto con la progressività di cui all’art. 53 comprimono il gettito a sfavore dei cittadini che non possono fruirne;
  • Bonus ed agevolazioni accordate a pioggia e senza disporre di un’anagrafe unica incentivano il sommerso e rendono complicata la gestione dell’assistenza.

Se è giusto aiutare chi ha bisogno e garantire i diritti primari, non è verosimile proseguire in un trend di crescita della Spesa e di alleggerimento delle imposte: a pena della compressione delle misure di welfare.

Il tema andrebbe affrontato non secondo quando si sente comunemente dire “tutti pagano troppo”; la realtà è che pochi devono pagare per tutti; e quei pochi pagano troppo.

Si pensi soltanto allo squilibrio di carico fiscale fra un lavoratore dipendente con un reddito di 40.000 euro, che ha un fiscal drag del 31,6% medio ed un lavoratore autonomo che gode di un’imposta sostitutiva del 15%; ovvero allo squilibrio fra redditi da lavoro e redditi di capitale o redditi da locazione di immobili.

Il ceto medio, che è l’asse portante della società italiana, si attende risposte e programmi su queste questioni: e non promesse di riduzione delle aliquote che in realtà non producono effetto significativo.

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