PALERMO – Ora è corsa contro il tempo alla ricerca di una norma ‘Salva-Sicilia’ da ancorare al decreto Aiuti o direttamente alla manovra messa a punto dal governo nazionale. La Corte dei conti ha negato parzialmente la parifica del bilancio della Regione Siciliana datato 2020, passando la parola alla Corte costituzionale per quanto riguarda la querelle sulle modalitĂ di copertura del disavanzo di 2,2 miliardi che da anni pesa sui conti di Palazzo d’Orleans. In ballo ci sono 866 milioni di euro, cifra che secondo i magistrati contabili avrebbe dovuto essere spesa per il ripianamento in tre anni del disavanzo mentre il governo Musumeci aveva stretto un accordo con Roma per un rientro decennale.
PAROLA ALLA CONSULTA
Quell’intesa, attuata con un decreto legislativo, secondo le sezioni Riunite della Corte dei Conti, non avrebbe potuto avere seguito, anche perchĂ© arrivata oltre il limite dei 90 giorni imposto dalle norme di riferimento. La questione di legittimitĂ costituzionale sollevata dai giudici contabili rappresenta un fardello sulla capacitĂ di manovra del nuovo governo regionale, presieduto da Renato Schifani, che da qui a breve avrebbe dovuto scrivere la nuova legge di stabilitĂ e che ora potrebbe vedere cambiati i propri piani.
SCHIFANI: “CONFRONTO CON ROMA”
Il governatore, intanto, ha dettato la linea: “Abbiamo ascoltato il pronunciamento della Corte e la questione della legittimitĂ costituzionale che è stata sollevata a proposito del decreto legislativo firmato dal presidente del Consiglio dei ministri e dal Capo dello Stato, che consentiva alla Regione di spalmare il proprio debito in dieci anni – le parole del governatore -. Pur non condividendo tale iniziativa che, a onor del vero, avrebbe potuto essere portata avanti un anno fa e non lo è stata, ci attiveremo perchĂ© il governo e il Parlamento nazionali possano confermare tale facoltĂ . Riguardo alle altre partite che sono state contestate, le valuteremo per apportare i dovuti correttivi”.
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