Regionali Lazio, parte il risiko su Giunta e Consiglio: la Lega chiede la presidenza dell’aula

ROMA – Archiviata la vittoria schiacciante su centrosinistra e 5 Stelle, che gli ha restituito la guida della Regione Lazio dopo 11 anni, ora per il centrodestra parte il risiko delle poltrone di comando. Le 10 della Giunta (tanti sono gli assessori previsti) e quella del presidente del Consiglio regionale. Che vengono considerate un tutt’uno nell’ambito della spartizione tra Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia: molto complicato che venga lasciato qualcosa alla Lista Civica di Rocca e Udc, visti gli striminziti risultati ottenuti alle urne. Infatti, il partito che otterrà lo scranno più alto dell’Assemblea regionale difficilmente potrà vedersi riconoscere più di un assessore (la presidenza della Pisana viene solitamente paragonata a due assessorati di medio calibro).

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LA RICHIESTA DELLA LEGA

In questo quadro da effetto domino la Lega, secondo quanto risulta all’agenzia Dire, ha fatto la prima mossa chiedendo agli alleati (FdI in testa) la presidenza del Consiglio regionale, forte del risultato elettorale che l’ha "incoronata" secondo partito del centrodestra con poco più dell’8,5% (quasi il quadruplo in meno di FdI). Il nome è quello di Pino Cangemi: l’ex assessore della Giunta Polverini agli Enti Locali e Sicurezza e consigliere regionale dal 2013 è stato il più votato del Carroccio (oltre 15mila voti), che oltre a lui ha rieletto gli uscenti Laura Cartaginese e Orlando Tripodi.

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QUEL "PATTO D’AULA" CHE FAVORÌ ZINGARETTI

L’ex paracadutista della Folgore ha poi un atout da non sottovalutare: la capacità di dialogare con la futura opposizione, in particolare il Pd. Nella scorsa legislatura Cangemi fu colui che, insieme a Enrico Cavallari (primo tra i non eletti in Forza Italia), garantì la maggioranza alla giunta Zingaretti (allora "azzoppata" dai soli 25 consiglieri su 51 usciti dalle urne) col cosiddetto "patto d’aula", che resse per un paio d’anni, e in cambio nell’estate del 2018 ottenne la vicepresidenza del Consiglio rimasta vacante dopo l’arresto di Adriano Palozzi, coinvolto nell’inchiesta dello stadio della Roma a Tor di Valle. Poi Cangemi, che poco dopo la sua elezione a consigliere era uscito da Forza Italia per confluire nel gruppo Misto, nel settembre 2020 aderì alla Lega.

L’OPPOSIZIONE INTERNA A CANGEMI

Proprio le sue traversie politiche e la "stampella" che fornì al centrosinistra non sarebbero state dimenticate da alcuni leghisti non eletti, che si starebbero opponendo all’ipotesi Cangemi presidente d’Aula per due motivi: la presidenza alla Lega restringerebbe spazi di ingresso in Giunta ai quali anche i non eletti possono ambire; il timore che si possa ricreare quell’asse tra Cangemi e Daniele Leodori (l’ex vicepresidente della Regione è stato il più votato del Pd e delle minoranze e molto probabilmente sarà eletto vicepresidente d’Aula per la quota che spetta alle opposizioni) capace di concedere ai dem spazi di manovra sgraditi ai vincitori.

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IL PUZZLE DELLA GIUNTA ROCCA

Oltre alla presidenza del Consiglio, il partito di Matteo Salvini si aspetterebbe anche un paio di posti in Giunta o uno ma di rilievo. Il ragionamento sarebbe questo: la legge elettorale ha penalizzato Lega e Forza Italia, che insieme hanno preso la metà dei voti di FdI (cioè il 17% rispetto al quasi 34% dei Fratelli) ma in Aula sono rappresentati solo da 6 consiglieri contro i 22 di FdI, e quindi sarebbe giusto riconoscere questo "peso" in Giunta. Anche guardando a chi è rimasto fuori dal Consiglio. Ad esempio la più votata della Lega nella città di Roma è risultata Eloisa Fanuli.

COSA CHIEDE FORZA ITALIA

Dal canto suo Forza Italia chiederebbe il vicepresidente e un assessore. Con ogni probabilità uno dei due rappresenterà il territorio della provincia di Latina (feudo del coordinatore regionale del partito, Claudio Fazzone) dove gli azzurri hanno fatto registrare la loro migliore performance regionale (oltre il 20%): il nome che circola è quello di Giuseppe Simeone, consigliere azzurro uscente dopo due legislature. L’altro assessore (nel caso venisse accordato) proverrebbe da Roma. Il pezzo del partito che fa capo al vicepremier Tajani spinge per l’ex deputata Maria Spena ma questa "componente" è uscita ridimensionata dal voto non avendo eletto alcun consigliere. E in questo contesto prende quota l’ipotesi del rieletto Fabio Capolei, il più votato a Roma e provincia.

LE SCELTE DI FRATELLI D’ITALIA

Cosa farà Fratelli d’Italia di fronte alle richieste degli alleati? Al partito di Giorgia Meloni, insieme al neopresidente Francesco Rocca, spetterà l’arduo compito di trovare la quadratura del cerchio tenendo presente il rispetto della rappresentanza di genere (non più di sette elementi dello stesso sesso) tra gli undici componenti (presidente incluso) dell’esecutivo e la rappresentanza delle cinque province.

Dai rumors che filtrano, sulle prime Fratelli d’Italia intenderebbe fare valere il bagno di voti incassato (ben oltre il mezzo milione) e il dato che Francesco Rocca sia il presidente di tutta la coalizione per tenere per sé sia il vicepresidente della Giunta che il presidente del Consiglio regionale, in quest’ultimo caso anche perché FdI vanta il consigliere più votato: Giancarlo Righini, con quasi 40mila preferenze. Tuttavia, il punto di caduta finale per risolvere il "nodo" Pisana dovrebbe vedere accolta la richiesta della Lega sulla presidenza e Righini entrare in Giunta con la delega all’Agricoltura.

Per la vicepresidenza prende corpo il nome di Roberta Angelilli con possibile delega al Bilancio annessa: l’ex vicepresidente dell’Europarlamento e consigliera regionale è stata la donna più votata di FdI (oltre 27mila preferenze). Un po’ sulla falsariga di quanto avvenuto col Governo nazionale, la considerevole quantità di posti in Giunta spettanti al (di gran lunga) primo partito della coalizione sta facendo scattare la corsa all’assessorato, rafforzata in questo caso dalle tante preferenze incassate e dalle varie anime del partito (meloniani, rampelliani, moderati etc.) che vorrebbero essere rappresentate.

Da qui partono le piste che conducono a Fabrizio Ghera (rampelliano, il più eletto a Roma) ai Lavori Pubblici, anche se nel 2024 dovrebbe candidarsi alle Europee, Massimiliano Maselli (eletto nel 2018 in Consiglio regionale con Noi con l’Italia-Udc) con i suoi quasi 23mila voti, più o meno gli stessi della neo eletta Micol Grasselli, altro nome che circola insieme a quelli di Marco Bertucci (figlio dell’ex ad di Atac Adalberto e "sponsorizzato" da Domenico Gramazio, storico esponente della destra romana e padre di Luca condannato in via definitiva a 5 anni e mezzo nel processo ‘Mondo di Mezzo’) e Antonello Aurigemma, già assessore ai Trasporti di Roma quando era sindaco Alemanno. In tanti ambiscono alla Sanità, che però sembra sempre più destinata a Francesco Rocca.

Insomma, quelli che si rincorrono in queste ore sono soprattutto nomi maschili. Segno che, almeno per ora, il nodo più intricato da sciogliere sembra essere quello di trovare almeno quattro donne da schierare in Giunta. Una sorta di rompicapo nel risiko che l’ex presidente della Croce Rossa dovrà risolvere senza scontentare troppo. I sei consiglieri di Lega e Forza Italia sono pochi se paragonati ai 22 di FdI e ai 30 della maggioranza, ma sufficienti a trasformare la corazzata uscita dalle urne in un’altra anatra zoppa.
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