“Lei mi parla ancora”, Pupi Avati: per ridare immortalità all’amore

L’8 febbraio su Sky Cinema e poi on demand e in streaming
Roma, 5 feb. (askanews) – “Lei mi parla ancora” di Pupi Avati è un film su una storia d’amore nata negli anni ’50, quando ci si diceva “per sempre”, e sul ricordo che rende immortale quell’amore, anche quando l’altro non c’è più. Ispirato al libro scritto da Giuseppe Sgarbi, padre di Vittorio e Elisabetta, il film racconta la storia di un uomo anziano (interpretato da Renato Pozzetto) che ha appena perso la moglie dopo 65 anni di matrimonio, e che attraverso l’incontro con un ghost-writer (Fabrizio Gifuni) riporta alla luce tanti ricordi. “Parlare del proprio amore alla luce di quel ‘per sempre’ era fondamentale negli anni Cinquanta: ci credevi e davi a quel momento della tua vita qualcosa che aveva a che fare con l’immortalità” ha affermato Avati alla presentazione in streaming del film, che sarà l’8 febbraio in prima assoluta su Sky Cinema alle 21.15 e poi on demand e in streaming su NOW TV. In “Lei mi parla ancora” ci sono due piani di racconto: quello degli anni Cinquanta, con i due innamorati interpretati da Isabella Ragonese e Lino Musella, e l’oggi, con la moglie interpretata da Stefania Sandrelli e la figlia da Chiara Caselli. La figlia e il personaggio di Gifuni rappresentano il presente, la contemporaneità, che entra in quel mondo antico del protagonista. Pozzetto, che fa un’interpretazione molto commovente di quest’uomo anziano che vive di ricordi, ha detto: “Ho cercato di dare il massimo nell’interpretare questa storia, ho girato con onestà e sicurezza questo ruolo drammatico, grazie a Pupi che mi ha sempre incoraggiato”. Era la prima volta che Sandrelli lavorava con Avati e l’attrice ha detto: “C’era una preziosità e un’emozione in questa attesa: fare un film alla nostra età insieme è stata una cifra, di per sé emozionante e magica”. Le immagini della giovinezza dei protagonisti e dell’inizio della loro storia hanno una luce e una dolcezza diversa da quelle dell’oggi, in cui le relazioni sembrano ben più fragili. “Secondo me la precarietà degli affetti è una delle cose meno apprezzabili del presente. – ha detto Avati – Oggi non c’è più il ‘per sempre’, e per me ricordarlo è un dovere: ho 82 anni e so bene l’importanza che ha avuto per noi illudersi. La vita trova il suo senso se siamo capaci di illuderci”.
L’8 febbraio su Sky Cinema e poi on demand e in streaming
Roma, 5 feb. (askanews) – “Lei mi parla ancora” di Pupi Avati è un film su una storia d’amore nata negli anni ’50, quando ci si diceva “per sempre”, e sul ricordo che rende immortale quell’amore, anche quando l’altro non c’è più. Ispirato al libro scritto da Giuseppe Sgarbi, padre di Vittorio e Elisabetta, il film racconta la storia di un uomo anziano (interpretato da Renato Pozzetto) che ha appena perso la moglie dopo 65 anni di matrimonio, e che attraverso l’incontro con un ghost-writer (Fabrizio Gifuni) riporta alla luce tanti ricordi. “Parlare del proprio amore alla luce di quel ‘per sempre’ era fondamentale negli anni Cinquanta: ci credevi e davi a quel momento della tua vita qualcosa che aveva a che fare con l’immortalità” ha affermato Avati alla presentazione in streaming del film, che sarà l’8 febbraio in prima assoluta su Sky Cinema alle 21.15 e poi on demand e in streaming su NOW TV. In “Lei mi parla ancora” ci sono due piani di racconto: quello degli anni Cinquanta, con i due innamorati interpretati da Isabella Ragonese e Lino Musella, e l’oggi, con la moglie interpretata da Stefania Sandrelli e la figlia da Chiara Caselli. La figlia e il personaggio di Gifuni rappresentano il presente, la contemporaneità, che entra in quel mondo antico del protagonista. Pozzetto, che fa un’interpretazione molto commovente di quest’uomo anziano che vive di ricordi, ha detto: “Ho cercato di dare il massimo nell’interpretare questa storia, ho girato con onestà e sicurezza questo ruolo drammatico, grazie a Pupi che mi ha sempre incoraggiato”. Era la prima volta che Sandrelli lavorava con Avati e l’attrice ha detto: “C’era una preziosità e un’emozione in questa attesa: fare un film alla nostra età insieme è stata una cifra, di per sé emozionante e magica”. Le immagini della giovinezza dei protagonisti e dell’inizio della loro storia hanno una luce e una dolcezza diversa da quelle dell’oggi, in cui le relazioni sembrano ben più fragili. “Secondo me la precarietà degli affetti è una delle cose meno apprezzabili del presente. – ha detto Avati – Oggi non c’è più il ‘per sempre’, e per me ricordarlo è un dovere: ho 82 anni e so bene l’importanza che ha avuto per noi illudersi. La vita trova il suo senso se siamo capaci di illuderci”.

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