Split payment a macchia di leopardo. Dal 15 luglio scorso l’obbligo di versamento dell’Iva sulle prestazioni professionali a favore della Pubblica amministrazione torna in capo al professionista, ma la vecchia disciplina, quindi la relativa applicazione, permane sulle prestazioni di agenzia, procacciamento e mediazione. Con la pubblicazione del dl 12/07/2018 n. 87 (cosiddetto «decreto Dignità»), nella Gazzetta Ufficiale di venerdì scorso (serie generale – 13/07/2018, n.161), a talune prestazioni di servizi, soggette a ritenuta d’acconto, non è più applicabile la disciplina della «scissione dei pagamenti» (split payment), di cui all’art. 17-ter, dpr 633/1972. L’intervento legislativo reintroduce, dopo il comma 1-quinquies e al posto del soppresso comma 2, dell’art. 17-ter, dpr 633/1972, abrogato dalla lett. c), comma 1, dl 50/2017, convertito dalla legge 96/2017, il seguente periodo (1-sexies): «Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle prestazioni di servizi (…) i cui compensi sono assoggettati a ritenute alla fonte a titolo d’imposta sul reddito ovvero a ritenuta a titolo di acconto di cui all’articolo 25» del dpr 600/1973. Dunque, i professionisti (si veda ItaliaOggi, 17/07/2018) escono da un regime alquanto pesante che, nell’ambito delle prestazioni eseguite nei confronti della Pubblica amministrazione, si vedevano non pagata l’Iva, giacché era sull’ente che ricadeva l’obbligo di versamento, con le modalità indicate dagli articoli 4 e 5, del dm 23/01/2015. I compensi dei professionisti sono notoriamente assoggettati a ritenuta d’acconto, ai sensi del comma 1, dell’art. 25, dpr 600/1973, con riferimento ai compensi di lavoro autonomo percepiti. Inoltre, in presenza di un professionista residente all’estero, soggetto alla ritenuta a titolo d’imposta, di cui al comma 2, dell’art. 25, dpr 600/1973, l’esclusione deve essere confermata, non solo per l’intero richiamo a tali disposizioni, ma anche perché a questi soggetti viene applicata la disciplina dell’inversione contabile («reverse charge») che ha la priorità sulla disciplina della scissione dei pagamenti. Le nuove disposizioni, inoltre, si rendono applicabili alle prestazioni per le quali la fattura è emessa successivamente alla data di entrata in vigore del provvedimento, con la conseguenza che la novità è applicabile a partire dalle fatture emesse verso la Pubblica amministrazione dallo scorso 15 luglio. II richiamo espresso, però, esclusivamente all’art. 25, del dpr 600/1973, a cura dell’art. 12 del decreto in commento, mantiene, a tutti gli effetti, l’applicazione del regime previgente della scissione dei pagamenti sulle provvigioni inerenti ai rapporti di commissione, mediazione, rappresentanza e procacciamento d’affari, soggette alla ritenuta, ma ai sensi dell’art. 25bis del medesimo decreto di accertamento. II citato art. 25-bis, dpr 600/1973, infatti, dispone che sulle provvigioni, «comunque denominate» e sebbene «occasionali», inerenti ai rapporti di commissione, di agenzia, di rappresentanza di commercio e di procacciamento d’affari, deve essere applicata una ritenuta a titolo di acconto delle imposte sui redditi (Irpef e Ires) sul cinquanta per cento (o del venti per cento in presenza di dipendenti o di prestazioni di terzi) del monte provvigioni, utilizzando l’aliquota del primo scaglione di reddito (art. 11, dpr 917/1986); di fatto, la detta ritenuta è attualmente applicata nella misura pari al 23% sull’ammontare del 20 do 50% delle provvigioni addebitate. Quindi, l’applicazione della scissione dei pagamenti (split payment) resta applicabile sulle prestazioni di agenti, mediatori e procacciatori che operano nei confronti della Pubblica amministrazione, ulteriormente incisi della ritenuta, sebbene in una percentuale più contenuta rispetto a quella applicabile (20%) ai redditi di lavoro autonomo (legali, commercialisti e quant’altro).
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