L’omesso versamento non passa dall’atto di irrogazione di sanzioni

L’atto di irrogazione di sanzioni non può contestare, fuori tempo massimo, l’omesso o il carente versamento. Questo principio deve essere tenuto bene a mente, soprattutto da quei contribuenti che ricevono un attobasato sull’articolo 17 del Dlgs 472/97 con cui, oltre a comminare sanzioni, il fisco pretende anche di recuperare un omesso o un carente versamento di imposte, riferibile a dichiarazioni (dei redditi o Iva) presentate quattro o cinque anni prima. Alcuni uffici stanno, infatti, provvedendo a notificare questo tipo di atti, allo scopo non solo di comminare sanzioni pari a130%, ma anche di recuperare imposte dirette e Iva dichiarate ma non versate o versate in maniera insufficiente Tutto questo, oltre i termini previsti per l’iscrizione a ruolo e la notifica della cartella esattoríale (articolo 12del Digs46/1999e articolo 25 del Dpr 602/73). Dall’esame dei casi prospettati, è intuibile che, in generale, la tardiva scoperta dell’omesso o del carente versamento delle imposte dichiarate sia avvenuta a seguito della presentazione da parte del contribuente di una dichiarazione integrativa a favore o di un’istanza di rimborso. Perilrimborso, infatti, è noto che, prima di effettuare controlli più approfonditi anche mediante, ad esempio, la richiesta di documenti o chiarimenti al contribuente, i funzionari del fisco scandaglino a tappeto, attraverso una vera e propria liquidazione automatica, le dichiarazioni presentate dal richiedente e i versamenti effettuati. Così, allora, può accadere che, dall’incrocio tra i dati esposti in dichiarazione e i versamenti effettuati mediante modello F24, gli uffici, senza neanche entrare nel merito della correttezza di quanto dichiarato, si accorgano (in ritardo) di omessi o carenti versamenti, non richiesti al contribuente mediante l’emissione di avvisi bonari e, conseguentemente, sfuggiti all’iscrizione a ruolo e alla successiva riscossione. Per non perdere il diritto alla riscossione, gli uffici procedono con la notifica di un atto di irrogazione sanzioni, entro i termini previsti per l’accertamento dall’articolo 43 del Dpr 600/73 (fino all’anno di imposta 2015, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione o, dall’anno di imposta 2016, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione). In tal caso, la procedura seguita dal fisco è del tutto illegittima, non solo perché attraverso un atto di irrogazione sanzioni viene accertata un’imposta non versata, ma anche perché questo accertamento è avvenuto fuori tempo. Il carente o insufficiente versamento dell’imposta dichiarata, infatti, non presumendo una verifica sostanziale, deve essere accertato per legge sulla base della liquidazione automatica, così come previsto dagli articoli 36-bis del Dpr 600/73 (ai fini delle imposte dirette) e 54 bis del Dpr 633/72 (ai fini Iva) e, dunque, attraverso la notifica di avvisi bonari. In particolare, secondo queste disposizioni, mediante procedure automatizzate l’amministrazione finanziaria procede alla liquidazione delle imposte, nonché dei rimborsi spettanti in base alle dichiarazioni presentate dai contribuenti e dai sostituti d’imposta. Il controllo, effettuato esclusivamente sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni presentate e di quelli in possesso dell’anagrafe tributaria, consiste peraltro proprio nel controllare la rispondenza con la dichiarazione e la tempestività dei versamenti delle imposte, dovute a titolo di acconto e di saldo. Sempre per legge, qualora il contribuente non definisca l’avviso bonario, l’ufficio procede con l’iscrizione a ruolo e l’agente della Riscossione notifica a pendi decadenza – entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione – la cartella di pagamento.

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