Sulle pensioni dei professionisti il prelievo di solidarietà è un enigma

Prelievo sulle pensioni più elevate? No, grazie. Difficile applicarlo in alcuni casi, del tutto inutile in altri. E’ questa, in sostanza, la risposta che le Casse dei professionisti danno in anticipo al governo, pur mantenendo una posizione in linea di principio rispettosa di fronte a un intervento che ancora non è stato definito. Perché un conto è mettere, come si vuol fare, un prelievo sugli assegni previdenziali dell’Inps, un altro è chiedere agli enti privati di applicarlo. I motivi sono i più svariati, ma hanno tutti un qualche senso. II gettito resta in casa Ad esempio, la prima cosa che le casse professionali mettono in chiaro è che l’eventuale gettito non uscirà comunque dai forzieri degli stessi enti, non finirà insomma in quelli dell’Inps o dello Stato. «Un eventuale contributo di solidarietà – ribadisce Alberto Oliveti, presidente dell’Enpam, l’ente previdenziale dei medid e dell’Adepp, l’associazione fra gli enti professionali – rimarrebbe all’interno di ogni Cassa. Su questo non credo ci siano dubbi, alla luce di quanto ha ribadito la Corte costituzionale con la sentenza 7/2017: i contributi degli iscritti non possono essere distolti per altri scopi E non è un caso che l’unico prelievo di questo tipo che abbia superato il vaglio della Consulta aveva la caratteristica di far rimanere le risorse all’interno delle relative gestioni previdenziali». Inutilità del balzello In alcuni casi – balza agli occhi il caso dei notai – l’eventuale prelievo sarebbe sostanzialmente inutile. E non perché, si badi bene, i notai non abbiano redditi pensionistici elevati (la pensione media è di 90 mila euro la più alta fra i 19 enti di previdenza privati), ma perché un originale sistema di calcolo mutualistico fa sì che gli assegni siano sostanzialmente identici qualunque sia stato l’effettivo guadagno dei singoli professionisti negli anni. In pratica, le pensioni sono uguali per tutti e se qualcuno non arriva con i suoi contributi a pagarsi la pensione sono gli altri a farlo. Le differenze che sussistono sono unicamente legate ai differenti tempi in cui si è andati in quiescenza. «Se è vero che i redditi dei notai in pensione sono molto simili tra di loro – dicono alla Cassa del notariato – il nostro ente, che il prossimo anno festeggerà 100 anni, presenta un sistema previdenziale fortemente solidaristico, dove, pertanto, le pensioni risultano essere molto simili tra loro». Ha quindi senso un prelievo sulle pensioni più alte? «Aspettiamo di avere maggiore chiarezza per esprimere un giudizio definitivo, ancorché ci teniamo a sottolineare che il nostro sistema previdenziale già incorpora forti principi di solidarietà». Assegni troppo bassi In altri casi, balza agli occhi che chi supera gli 80 mila euro lordi – soglia oltre la quale il governo ha intenzione di introdurre un prelievo di solidarietà – sono in effetti molto pochi. Basta guardare la tabella in pagina per capire che la questione non può in alcun modo riguardare gli enti nati con il decreto legislativo 103: poiché sono stati istituiti poco più di 20 anni fa, la pensione media attuale è ridottissima ed è stata erogata a chi aveva raggiunto i limiti di età. Quando fra 15-20 anni avremo pensioni misurate su un arco di 35-40 anni la pensione media sarà più elevata ma al momento il problema non si pone. Tra le categorie che avevano già un ente nel 1995, anno della riforma (d.leg. 509), ci sono avvocati, geometri, commercialisti, ragionieri, architetti e giornalisti. Anche qui i redditi medi sono piuttosto bassi ma esistono certamente posizioni più elevate di 80 mila euro. Soprattutto fra i giornalisti di Inpgl 1, ma anche fra i dottori commercialisti e i ragionieri. Da notare che i medici dell’Enpam sono quelli che svolgono solo attività di lavoro autonomo, il che vuol dire che la maggior parte di loro, con redditi molto più elevati, sta dentro l’Inps e potrà certamente subire il taglio ipotizzato dal governo. II prelievo c’è già In alcuni casi singole Casse hanno già approvato prelievi sulle pensioni più alte, in modo da riequilibrare le prestazioni a favore di chi se la passa meno bene. Ad esempio, l’Inpgi, l’unico fra i 19 enti a mostrare uno squilibrio di bilancio, ha deciso di introdurre un contributo di solidarietà a partire da circa 80 mila euro lordi in su per gli anni 2017-2018-2019. Anche l’ente di previdenza dei dottori commercialisti ha introdotto un suo prelievo di solidarietà. Lo ha fatto addirittura nel lontano 2004, e lo applicherà fino al 2023. $ stato previsto per cinque anni, eventualmente rinnovabile fino a quattro volte, con apposita e autonoma delibera assembleare. Tutte le volte l’assemblea si è dichiarata favorevole, in un paio di occasioni senza voti contrari, nemmeno di quei delegati che, essendo già pensionati, erano loro stessi incisi dal contributo. Si sa infatti che la Corte costituzionale ha approvato questo prelievo purché sia transitorio, ragionevole ed equo. Evidentemente si tratta di un prelievo tanto piccolo da non aver suscitato tanti malumori. Ma che succederebbe se anche lo Stato imponesse un diverso prelievo? Si sommerebbe a quelli che ci sono già? O assorbirebbe quelli che ci sono? O viceversa? Su queste domande c’è la massima attenzione delle casse professionali. Situazione variegata Le Casse non sono, come si vede, una categoria omogenea. «Ad accomunare i diversi enti – ricorda Oliveti – ci sono però tre fattori: il primo è che le loro pensioni sono finanziate dai contributi degli iscritti e sono calcolate con regole chiare, definite secondo l’iter previsto dalla legge e approvate dai ministeri vigilanti. Il secondo è che gli enti previdenziali privati non ricevono contributi da parte dello Stato. Il terzo è che, oltre a non costare nulla allo Stato, le Casse pagano tasse che vanno a vantaggio della fiscalità generale e che quindi contribuiscono a finanziare il welfare di tutti gli altri cittadini. Se le Casse sono riuscite in quest’impresa lo si deve all’autonomia gestionale, organizzativa e contabile che è stata conferita loro dal decreto legislativo di privatizzazione, con il quale lo Stato si è liberato dal debito previdenziale dei professionisti italiani. Quell’autonomia resta valida ed è stata difesa dalla Corte costituzionale. Se ci dovessero essere degli interventi negli ambiti che ci riguardano ci aspettiamo quindi di essere coinvolti». Insomma, le casse previdenziali dei professionisti sono pronte a discutere senza chiusure con il governo ma mettono le mani avanti e ricordano che la loro autonomia, comunque, non lascia spazio a interventi d’autorità da parte dello Stato.

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