Il ministero della giustizia salva i consigli degli ordini dei dottori commercialisti a rischio di illegittimità per violazione della norma che vieta il doppio mandato consecutivo di consiglieri e presidente. Un decreto direttoriale del dicastero di via Arenula del 5 ottobre ha disposto l’archiviazione dei procedimenti relativi alla proposta di scioglimento di tre ordini, Crotone, Parma e Verona, anche se le segnalazioni sulla «pretesa situazione di illegittimità» riguardavano 54 organismi territoriali. Secondo il ministero, infatti, né sono stati contestati i provvedimenti di ammissione o esclusione delle liste elettorali né è stato impugnato il risultato delle elezioni e in assenza di tali contestazioni «non è possibile lamentare successivamente una eventuale violazione delle regole del relativo procedimento». La controversia nasce dalla formulazione del l’ari. 9, co. 9, dlgs 139/2005 che dispone che «i consiglieri dell’ordine e il presidente possono essere eletti per un numero di mandati consecutivi non superiori a due». Norma che, secondo un’interpretazione ampia del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili (in questo avallato dal Mingiustizia con nota dell’11 febbraio 2005) non avrebbe impedito a chi avesse già ricoperto una delle due cariche per due mandati consecutivi di candidarsi immediatamente per l’elezione all’altra in quanto «l’esercizio delle funzioni di consigliere per due mandati non prelude quello delle funzioni di presidente per due ulteriori mandati, stante la sostanziale diversità delle due cariche e la differenza tra le rispettive modalità di elezione». Sulla base di queste indicazioni si sono formate le liste e svolte le elezioni per il rinnovo dei consigli 2017/2020. La Corte di cassazione, però, su ricorso di alcuni dottori commercialisti contro l’ammissione alla competizione elettorale della lista (poi vincitrice) guidata dal presidente dell’ordine di Roma, Mario Civetta, ha smentito le indicazioni del Cndcec, affermando al contrario che il divieto di due mandati consecutivi opera a prescindere dalla carica ricoperta (ordinanza 12461/2018, si veda ItaliaOggi del 22 maggio scorso). Secondo i giudici del Palazzaccio, infatti, la ratio della norma va « individuata nell’esigenza di assicurare la più ampia partecipazione degli iscritti all’esercizio delle funzioni di governo degli ordini, favorendone l’avvicendamento nell’accesso agli organi di vertice, in modo tale da garantire la par condicio tra i candidati, suscettibile di essere alterata da rendite di posizione». Così il mese scorso (si veda ItaliaOggi del 13 settembre), il Consiglio nazionale ha dichiarato la ineleggibilità di Civetta e la conseguente esclusione dalle procedure elettorali della sua lista, rimandando al ministero della giustizia la decisione sui provvedimenti da adottare (scioglimento e commissariamento). Quanto deciso sull’ordine di Roma, però, secondo il Cndcec e il ministero non può applicarsi anche agli altri 54 ordini che presentano situazioni analoghe. Intanto, in virtù del principio di «relatività degli effetti del giudicato di cui all’art. 2909 c.c.» e poi perché il regolamento elettorale prevede precisi termini decadenziali entro cui impugnare i diversi atti che compongono il procedimento elettorale: 15 giorni per presentare reclamo contro il provvedimento di ammissione/esclusione delle liste e 15 giorni per opporsi alla proclamazione degli eletti. Secondo via Arenula, è in questo modo garantito il «bilanciamento tra il rispetto del principio di legalità e l’affidamento, la continuità e l’efficienza dell’azione amministrativa dell’ordine».
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