Professionisti, le strategie degli enti per la previdenza

I «mattoni» (i versamenti contributivi) con cui i professionisti italiani costruiscono la propria pensione hanno un «peso» variabile di categoria in categoria: si va, infatti, dal 10 al 100% di aliquota soggettiva calcolata sul reddito, fissata dai regolamenti delle singole Casse previdenziali. E, a dar più valore all’assegno che si percepirà, contribuisce lo speciale «cemento» (anch’esso deliberato in maniera differente di Ente in Ente), ossia ogni iniziativa per incrementare il «gruzzolo» degli associati, partendo dall’uso di parte del contributo integrativo (a carico del cliente), fino a «spalmare» sui montanti quote di rendimenti degli investimenti finanziari. L’inchiesta di IOLavoro accende le luci sulle peculiarità del «cantiere» previdenziale delle centinaia di migliaia di professionisti dell’area sanitaria, intellettuale, tecnica ed economico-giuridica iscritti a Casse private e privatizzate (disciplinate dai decreti legislativi 509/1994 e 103/1996), mettendo in risalto, percentuali alla mano, in che modo potrà esser determinato l’ammontare della prestazione pensionistica. Contributo soggettivo. Come è possibile osservare dalla tabella in queste pagine, il panorama delle aliquote è differenziato, frutto di riforme dell’impianto previdenziale approvate nel corso degli anni passati dai vertici degli Enti, cui hanno dato il proprio benestare i ministeri vigilanti del lavoro e dell’economia. Con l’intento di render più congrue le pensioni, nel 2019 la contribuzione di alcune Casse salirà: è il caso dell’Enpam (medici e dentisti), che ha disposto l’innalzamento per i liberi professionisti al 17,5, all’8,% per i pensionati e i medici convenzionati e per chi svolge attività extramoenia, dell’Eppi (periti industriali) che vedrà l’andata a regime il prossimo anno del 18% (ma, accanto all’aliquota obbligatoria, ciascun iscritto può optare per una «maggiorazione» dei versamenti, fino al massimo del 26%) e dell’Enpav (veterinari) che, avendo disposto l’aumento dello 0,5% annuo (fino ad arrivare all’aliquota massima del 22%), nel 2019 avrà un contributo soggettivo pari al 15% del reddito professionale, mentre l’Epap (attuari, geologi, chimici, dottori agronomi e forestali) fa sapere che, «sul contributo soggettivo, oggi al 10% del reddito netto, è in programma una discussione nei consessi elettivi» dell’Ente. Quanto alla Cnpadc (dottori commercialisti), dal 2012 riconosce sui montanti maggiori contributi soggettivi, rispetto a quelli effettivamente corrisposti dagli iscritti: a fronte, infatti, di un versamento del 12%, viene riconosciuto a montante il 15%, attraverso un «meccanismo premiale» che cresce al crescere dei versamenti dei professionisti «fino ad arrivare a riconoscere il 21%, a fronte del 17% di aliquota soggettiva» versata. Contributo integrativo. L’aliquota a carico dei committenti privati oscilla da un minimo del 2%, ad un massimo del 5%. E, a seguito di una controversia su cui, nella scorsa estate, il massimo organismo della giustizia amministrativa ha posto la parola fine (dando ragione ad una Cassa), la percentuale è sulla rampa di lancio per elevarsi anche per gli incarichi svolti su impulso della Pubblica amministrazione. Il Consiglio di stato, con la sentenza 04062/2018, ha respinto, infatti, il ricorso presentato dai dicasteri dell’economia e del lavoro contro la sentenza del Tar del Lazio 00966/2016, stabilendo, quindi, la legittimità dell’incremento («dall’originario 2% al 4%») del contributo integrativo per le prestazioni rese nei confronti della Pubblica amministrazione, che era stato disposto dall’Epap per arricchire i montanti dei suoi iscritti (si veda anche ItaliaOggi del 7 luglio 2018). A seguito della decisione di palazzo Spada, pertanto, ad attendere il via libera all’ascesa dell’aliquota integrativa nella Pa c’è sia quello che aveva avviato l’azione giudiziaria (e, «ad adiuvandum», s’erano costituiti, in appello, l’Adepp, l’Associazione che raggruppa le 20 Casse professionali, e la Cnpr, la Cassa dei ragionieri, ndr), sia altri Enti di cosiddetta «nuova generazione», caratterizzati sin dalla loro istituzione dal metodo di calcolo contributivo della pensione, l’Enpapi (infermieri), l’Enpab (biologi) e l’Eppi. passo dopo passo (delibera dopo delibera, su cui i ministeri vigilanti hanno acceso il semaforo verde), la facoltà che il legislatore sta conferendo alle Casse private di farsi carico dell’adeguatezza delle prestazioni pensionistiche degli iscritti, soprattutto dei più giovani, che riceveranno trattamenti calcolati interamente con il sistema contributivo, si arricchisce di ulteriori sfumature: tra queste, si fa sempre più strada la volontà di rivedere al rialzo la rivalutazione dei montanti, oltrepassando la percentuale (inferiore allo 0,5%) legata alla media quinquennale del prodotto interno lordo (pil), impiegando anche i «frutti» delle operazioni finanziarie effettuate. Le «leve» delle Casse per rimpinguare le pensioni. Dal 2012 l’Enasarco (agenti e rappresentanti di commercio) dà facoltà all’agente che abbia almeno un rapporto di agenzia in essere di versare, a suo esclusivo carico, un contributo annuo ulteriore rispetto a quello obbligatorio, al fine di incrementare il montante: l’entità del versamento facoltativo è liberamente determinata dall’iscritto, «in misura almeno pari alla metà del minimale contributivo previsto per l’agente plurimandatario». Quanto, invece, alla formazione del montante degli iscritti all’Enpacl (consulenti del lavoro), «si compone con l’intero contributo soggettivo versato e con il 75% del contributo integrativo», dunque, specifica la Cassa, «ben il 3% dell’integrativo (che è a rivalsa sulla clientela) “torna” al professionista, sotto forma di futura pensione»; inoltre, il montante si rivaluta con l’andamento del Pil, con una misura minima annua del 1,5% ma, «a partire dal 2020, tale rivalutazione non sarà più agganciata al pil, bensì all’andamento del gettito contributivo garantito dagli iscritti all’Enpacl». Posizioni rivalutate pure per gli associati all’Enpap (psicologi) «pari al 2,9708% per il 2015 e al 3,0831% per il 2016», all’Enpapi (per l’anno 2016 dell’1,50% e, quindi, superiore a quella prevista dalla legge 335/1995 pari allo 0,4684%, iniziativa ripetuta per il 2017) e all’Eppi (che ha, fra l’altro, distribuito «quota parte del contributo integrativo riferito agli anni 2012, 2013, 2014 e 2015, per un importo 80,6 milioni di euro»). A seguito della riforma del 2004, che ha sancito il passaggio al sistema di computo contributivo della pensione, la Cnpadc dal 2013 (con «attuale previsione fino al 2023») riconosce sui montanti individuali il 25% della contribuzione integrativa versata dal singolo iscritto: ad avvantaggiarsene pienamente, si puntualizza, sono «gli iscritti in regime totalmente contributivo, mentre la misura viene proporzionalmente ridotta al crescere della quota di pensione maturata con il precedente metodo retributivo». La stessa Cassa dei dottori commercialisti, nel 2015, ha potuto riversare sui montanti degli associati 76,7 milioni accantonati negli ultimi esercizi, grazie agli «extrarendimenti» realizzati sul proprio patrimonio. Giornalisti (dipendenti) e notai (pubblici funzionari). Discorso a parte, poi, per la professione giornalistica, quando viene esercitata in regime di subordinazione, nonché per l’attività notarile. Va, infatti, sottolineato come l’Inpgi, per quel che concerne la Gestione principale, non abbia l’aliquota soggettiva, bensì il contributo Ivs (l’assicurazione contro Invalidità, vecchiaia e superstiti), pari per tutti i datori di lavoro e dipendenti al 33% (il 23,81% è quanto dovuto dal datore di lavoro ed il 9,19% è, invece, a carico del giornalista). Ciò che varia è l’obbligo a versare l’aliquota per la disoccupazione (pari all’1,61%), che la Pubblica amministrazione non ha; non c’è, poi, l’aliquota per la maternità, ma quella per l’assegno del nucleo familiare (lo 0,05%, più gli 11,80 euro per gli infortuni). Quanto, invece, agli esponenti del Notariato, l’impianto contributivo e, in generale, il sistema della Cassa pensionistica di categoria, «rimangono esclusive nell’ambito della previdenza professionale privata per conformarsi, sin dall’origine, alle peculiari caratteristiche dell’attività», precisa l’Ente, giacché si tratta di svolgere una funzione pubblica in ambiti territoriali prestabiliti; la contribuzione previdenziale soggettiva è, dunque, conteggiata «in funzione non del reddito professionale, bensì del repertorio notarile e, attualmente, è prevista un’aliquota di prelievo pari al 36%, senza alcun contributo integrativo». E, infine, la Cassa rammenta come la misura della pensione degli iscritti sia legata «esclusivamente all’anzianità di servizio del notaio»

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