La comandante Pinotti dopo Zingaretti, poi tocca a M5S e Lega

ROMA – L’epidemia avanza e accelera, il Governo Draghi ha puntato sin da subito sulla gestione militare del problema. Prima con un occhio alla tenuta sociale, alla possibilità che la frustrazione e la rabbia che cresce sull’onda della crisi economica possa degenerare in scontri nelle piazze del Paese, con la nomina dell’ex Capo della Polizia, Franco Gabrielli, a responsabile della sicurezza nazionale; subito dopo con il siluramento di Domenico Arcuri e la nomina del Generale Francesco Figliuolo a Commissario straordinario per l’emergenza Covid.

Il virus domina la scena politica e, c’è da scommettere, presto prevarrà anche in politica la voglia di mettere ordine. A partire dal Pd, nel marasma dopo le dimissioni di Nicola Zingaretti da segretario. Per questo sarà l’ex ministra della Difesa, Roberta Pinotti, a prendere il suo posto, per traghettare in maniera ordinata il partito al prossimo congresso. E troverà un alleato prezioso proprio nel Generale Figliuolo: “È un Generale che ho sempre stimato molto- ha detto Pinotti nell’intervista rilasciata a Tpi- non solo per come ha condotto i comandi in missioni internazionali molto delicate in Afghanistan e in Kossovo, ma anche per come l’ho conosciuto, quasi quotidianamente… ho avuto modo di seguire il suo percorso anche da comandante logistico dell’Esercito e ne ho apprezzato la grande energia, l’umanità e la capacità, anche con soluzioni innovative e coraggiose, di rispondere ai problemi”. Toccherà a Pinotti, troppo dure le parole e i toni usati da Zingaretti per un possibile suo ripensamento. Oggi, dopo i tanti ‘Nicò nun ce lassà’ di ieri, tutti i dirigenti Dem lo considerano già un ex. Zingaretti candidato a sindaco di Roma? “Il Pd punta su Roberto Gualtieri – spiega una autorevole fonte Dem- che ha ottime possibilità di vincere e Zingaretti gli darà una mano”.

Ok, ma Zingaretti? “Intanto si vince a Roma e lui farà il presidente della Regione Lazio fino a fine mandato, poi si dovrà vincere anche in Regione” replica la fonte Dem. Esclusa proprio la candidatura a sindaco di Roma? “Qui tutto può accadere, ma noi abbiamo già il sì di Gualtieri, ora è assai improbabile metterlo da parte”, chiude la fonte Dem. Per il Pd comincia la lunga marcia, e tra un anno nessuno può dire se esisterà ancora o nascerà una nuova formazione politica. Dopo così tanti anni passati a litigare, a perdere milioni di voti, con una miriade di segretari fatti fuori a raffica senza che potessero terminare il mandato, forse sarebbe meglio pensare a come marciare divisi per colpire meglio insieme. Senza dover costringere il pensiero e le parole in terreni che non sono i propri, con l’effetto, ormai chiaro a tutti, di risultare un partito senza identità e senza capacità attrattiva. La parte che si rifà più al cattolicesimo sociale potrebbe far propri i temi cari al popolarismo, cosa diversa dal populismo odierno, ripensandoli in chiave innovativa; l’altra, quella più di sinistra, si potrebbe collegare strettamente ai colleghi europei, aprendo agli Stati Uniti d’Europa, spingendo sulle vere riforme che aspettano la nuova sinistra: come rappresentare il mondo del lavoro sempre più autonomo e precario; proteggere i lavoratori con la formazione continua e non il mero posto di lavoro; come innalzare il livello d’istruzione della nostra società e dell’opinione pubblica; come aprirsi, con quali nuovi modi coinvolgere la società civile, i giovani; quali nuovi diritti civili mettere in campo.

Oggi tocca al Pd, ma tra poco anche il M5S sarà scosso da rotture e abbandoni. Ci sarà la parte di Governo che, con l’apporto di Grillo e Conte, si trasformerà in una nuova forza politica che facendo tesoro degli errori potrà presentarsi alle prossime elezioni politicamente più matura. E la minoranza barricadera stretta a Casaleggio e Di Battista felice di tornare ai ‘vaffa’ quotidiani e allo spensierato onanismo sulla rivoluzione globale. E ci sarà un forte cambiamento anche dentro la Lega: il nuovo via libera ricevuto nelle sedi internazionali a ricoprire ruoli di Governo, certificato da Giancarlo Giorgetti che sempre siede alla destra del premier Mario Draghi, avrà bisogno di cambiare in profondità per diventare il nuovo Centro moderato e liberale affiliato al Ppe, che potrà misurarsi finalmente senza veti su qualsiasi tavolo nazionale e internazionale. E quella nuova forza politica che nascerà avrà proprio Giorgetti come leader.

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