Le ong: “Puntare sull’agroecologia, con l’Africa”

ROMA – La transizione agroecologica è la “proposta avanzata dai partner dell’Africa centro-occidentale per risolvere i problemi che affliggono la regione” e deve diventare “una strategia fondamentale per la cooperazione allo sviluppo”, oltre che “essere al centro della prossima programmazione triennale e delle linee guida per i programmi su sicurezza alimentare e agricoltura”. È in sintesi questo l’appello che la coalizione di ong e associazioni Azionae Terre – Coalizione per la transizione agroecologica in Africa occidentale ha rivolto oggi alle istituzioni italiane nel corso di un webinar sull’argomento.L’incontro online è stato promosso in collaborazione con l’Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale (Aoi) e della Federazione organismi cristiani servizio internazionale volontario (Focsiv). 

COSA SIGNIFICA AGROECOLOGICO

Con “agroecologico” si intende un insieme di studi, pratiche, approcci e impegni socio-politici che partono da una visione olistica dell’agricoltura intesa come in stretta connessione con i diritti dei lavoratori e dei consumatori e il rispetto dell’ambiente e dei territori. 

COME PORTARE AVANTI LA TRANSIZIONE AGROECOLOGICA

I punti principali dell’appello di Azionae Terre sono stati presentati da Giovanni Sartor, responsabile per la cooperazione internazionale di una delle organizzazioni che animano la coalizione, Mani Tese. Il dirigente ha presentato anche cinque “strumenti” utili a portare avanti la transizione agroecologica. Tra questi ci sono “programmi integrati e articolati su una strategia regionale, che per quanto riguarda l’Africa occidentale possano riguardare Paesi prioritari come Burkina Faso, Niger, Senegal e in futuro anche Mali”, ma anche “programmi interministeriali che coinvolgano il neonato ministero per la Transizione ecologica e che siano in continuità con l’impegno italiano nella lotta alla desertificazione” e la “valorizzazione del contributo delle diaspore nei processi trasformativi”. 

Aspetti, questi, di cui ha riconosciuto la centralità Giorgio Marrapodi, direttore della Farnesina per la Cooperazione allo sviluppo. Marrapodi ha riconosciuto che tutto il comparto della cooperazione “non fa abbastanza per portare avanti la transizione agroecologica” pur sottolineando che il tema “è presente nel documento di programmazione triennale in fase di elaborazione”. 

Il direttore ha ricordato il ruolo italiano “nel dare valore alla dimensione agroecologica” sia “durante i lavori di stesura dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite” sia durante quelli di preparazioni dello United Nations Food System Summit” che si dovrebbe tenere a settembre od ottobre di quest’anno. 

Che il mondo della cooperazione si stia muovendo verso la valorizzazione dell’approccio agroecologico lo ha sottolineato anche Luca Maestripieri, direttore dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics). Secondo Maestripieri, “gli uffici competenti dell’Agenzia già da settimane lavorano per mettere al centro questo concetto nelle linee guida operative per lo sviluppo rurale nell’ottica di fare un salto in avanti in questo senso”. Sulla stessa linea Antonella Baldino, chief international development finance officer di Cassa depositi e prestiti (Cdp), convinta che la transizione agroecologica “è al centro di un processo di sviluppo che vorremmo accompagnare”. Italo Rizzi, direttore di Lvia-Associazione internazionale volontari laici, ha chiesto un cambio di paradigma sui finanziamenti in ambito europeo. La sua tesi è che la maggior parte di quelli che “l’Unione Europea dispone a Fao, Ifad e Programma alimentare mondiale sono incentrati su investimenti ancora ai livelli iniziali della transizione agroecologica”.

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