Colpo al clan di Borgo Vecchio, boss cercavano consenso popolare

PALERMO – L’inchiesta ‘Resilienza 2’ della Dda di Palermo, che ha portato undici persone agli arresti domiciliari e una in carcere, mette in luce “la pervicacia e l’aggressività” della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio. Lo sostengono i carabinieri del Comando provinciale, che nella notte hanno eseguito il blitz contro il clan inserito nel mandamento mafioso di Porta Nuova, uno dei più antichi nel capoluogo siciliano. Pedinamenti e intercettazioni “restituiscono ancora una volta – sostengono dall’Arma – uno spaccato caratterizzato dalla continua ricerca, da parte di Cosa nostra, del consenso verso un’ampia fascia della popolazione”. I mafiosi, in sostanza, continuano a rivendicare, “con resilienza”, una specifica “funzione sociale”, attraverso alcune manifestazioni tipiche della loro “protervia criminale”: gestione delle feste rionali, organizzazione dei traffici di droga funzionali a rimpinguare le casse della famiglia, gestione di alcuni gruppi criminali dediti ai furti d’auto e ai conseguenti cavalli di ritorno, anche questi funzionali ad alimentare le finanze del clan.

BOSS CONTROLLAVANO FESTA DELLA PATRONA DI BORGO VECCHIO

Le indagini hanno dimostrato che il clan ha “il pieno controllo” del comitato organizzatore della festa che a luglio si svolge in onore di Madre Sant’Anna: un culto che risale al 1555. A portare avanti la tradizione religiosa sono le famiglie del quartiere: i portatori della statua della santa, infatti, sono tutti nativi di Borgo Vecchio, uno dei quartieri storici di Palermo, tanto che molti, in segno di rispetto a Sant’Anna, hanno chiamato i propri figli Anna e Gioacchino, e molti altri si sono sposati il 26 luglio, giorno in cui si celebra l’onomastico della santa protettrice. Fino al 2015, secondo la ricostruzione dei carabinieri che hanno portato avanti le indagini, il comitato era guidato dalla famiglia Tantillo e, in particolare, dai fratelli Domenico e Giuseppe Tantillo, che nel dicembre di quell’anno furono arrestati nell’ambito dell’operazione ‘Panta Rei’, perche’ ritenuti i reggenti della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio. In occasione della festa svolta dal 25 al 27 luglio 2019, inoltre, le serate canore, animate da alcuni cantanti neomelodici, furono organizzate da un comitato che, di fatto, “era controllato da Cosa nostra”. I mafiosi, infatti, sceglievano e ingaggiavano i cantanti e, attraverso le cosiddette ‘riffe’ settimanali, raccoglievano le somme di denaro tra i commercianti del quartiere. Denaro che, secondo la ricostruzione degli inquirenti, veniva impiegato anche per rimpinguare la cassa della famiglia mafiosa, per il sostentamento dei carcerati e per la gestione di ulteriori traffici illeciti.

I vertici della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio, avendo il “pieno controllo del comitato organizzatore della festa patronale”, decidevano quali cantanti neomelodici dovessero partecipare alla manifestazione, provvedevano al loro ingaggio con il denaro ricavato dalle estorsioni, dalle ‘riffe’ e dalle sponsorizzazioni delle attivita’ commerciali della zona e autorizzavano gli ambulanti a vendere i loro prodotti durante la festa disciplinando anche la loro collocazione lungo le strade del rione.

L’OMBRA DEI BOSS SUL TIFO ORGANIZZATO A PALERMO

Boss che si occupavano di gestire e risolvere le controversie tra i gruppi del tifo organizzato del Palermo Calcio. Il particolare emerge dall’inchiesta ‘Resilienza 2’ della Dda del capoluogo siciliano, che oggi ha portato in arresto 12 indagati considerati affiliati alla famiglia mafiosa di Borgo Vecchio I carabinieri del Comando provinciale hanno scoperto “le ingerenze” di alcuni esponenti mafiosi nei rapporti tra gli ultras rosanero che abitualmente frequentano lo stadio Renzo Barbera. 

BUSINESS DELLA DROGA TRA GLI AFFARI CLAN BORGO VECCHIO

Il traffico di droga si conferma uno degli affari prediletti di Cosa nostra palermitana. Secondo quanto emerge dall’inchiesta ‘Resilienza 2′ della Dda di Palermo contro la famiglia mafiosa di Borgo Vecchio, questa era regista di “un florido traffico di sostanze stupefacenti”. I pedinamenti e le intercettazioni dei carabinieri del Comando provinciale hanno portato a delineare compiti e ruoli dei singoli associati, oltre che i dettagli organizzativi, la contabilizzazione degli investimenti e dei ricavi destinati alla cassa del clan. Angelo Monti, considerato “il nuovo reggente” della famiglia, avrebbe delegato al nipote Jari Massimiliano Ingarao l’intero settore della droga. Quest’ultimo, nonostante fosse sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, sarebbe riuscito a “organizzare e coordinare” tutte le attività funzionali al traffico, reperendo le sostanze stupefacenti principalmente sul canale di fornitura con la Campania, e a rifornire le varie piazze di spaccio del quartiere delegando, a seconda dei ruoli, i fratelli Gabriele e Danilo, Marilena Torregrossa, Carmelo Cangemi, Francesco Paolo Cina’, Saverio D’Amico, Davide Di Salvo, Giuseppe Pietro Colantonio, Salvatore La Vardera, Francesco Mezzatesta, Giuseppe D’Angelo, Nicolò Di Michele, Gaspare Giardina, Gianluca Altieri e Vincenzo Marino.

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