La nave rompighiaccio di Ravenna che studia i ghiacci in Antartide

RAVENNA – Ha fatto quasi il giro del mondo – 50.000 miglia – per andare e tornare da Ravenna all’Antartide, dove ha effettuato la manutenzione dei ‘moorings’, strumenti ormeggiati che, durante tutto l’anno, acquisiscono i parametri dell’acqua, e ha raccolto i dati che aiutano a capire i cambiamenti del clima. È la Laura Bassi, la nave rompighiaccio italiana che fa appunto missioni in Antartide, grazie alla collaborazione tra Istituto nazionale di Oceanografia, Enea, Pnra e Consiglio nazionale delle Ricerche, nell’ambito di un programma di ricerca scientifica del ministero dell’Istruzione e della Ricerca. I viaggi nascono anche allo scopo di analizzare la perdita di massa dei ghiacci e di riconoscere l’influenza umana in Antartide, dati essenziali per cercare antidoti allo scioglimento, racconta il suo comandante Franco Sedmak.

Tramite i moorings, infatti, si raccolgono informazioni sui parametri fisici dell’acqua (temperatura, densità, ossigeno, fluorescenza) che permettono di riconoscere l’origine delle masse d’acqua, se glaciale o esterna. Queste acque, spiega ancora il comandante, costituiscono uno dei motori che contribuiscono al movimento delle grandi masse d’acqua del globo influenzando il clima terrestre. La rompighiaccio era partita 17 mesi fa da Ravenna, ricordano da Sapir, il terminal dove il Cnr dispone di un magazzino e dove hanno luogo, prima e dopo ogni missione, le operazioni di imbarco e sbarco delle attrezzature necessarie per l’attività di ricerca. Nell’ottobre del 2019, peraltro, prima della partenza della nave, Sapir aveva offerto ad alcune decine di cittadini la possibilità di visitare la rompighiaccio “iniziativa che aveva fatto registrare un rapidissimo sold-out”. Al rientro Sedmak, considerato un veterano delle spedizioni antartiche, rivela che il Covid ha rallentato qualche passaggio “perché in Nuova Zelanda le norme restrittive sono applicate con grande rigore e ad ogni accosto si fanno due settimane di quarantena dura in isolamento”. Un sistema che, aggiunge, “probabilmente funziona perché quando, due mesi fa, abbiamo preso la strada del ritorno, là la vita era tornata del tutto normale”. La missione ha completato il programma previsto: “Siamo arrivati fino alla Baia delle Balene, il punto più meridionale del Mar di Ross accessibile alla navigazione, dove inizia il Ris-Ross Ice Shelf, una piattaforma ghiacciata grande quanto la Francia e alta 50 metri. Dopo la manutenzione dei moorings è proseguito il viaggio (all’andata 11.000 miglia via Suez, al ritorno 13.000 miglia circumnavigando Capo Horn) solcando tutti gli Oceani prima di rientrare nel Mediterraneo. In totale, considerando anche la spola tra Nuova Zelanda e Antartide, quasi 50.000 miglia. “Adesso ci fermiamo un paio di mesi e a giugno si riparte, dalla Norvegia, per l’Artide”, conclude il comandante.

Laura Bassi è lunga 80 metri e ha una stazza di 4.000 tonnellate, è dotata di due gru e di un ponte di volo per elicotteri. Può accogliere complessivamente 72 persone (22 di equipaggio e 50 di personale scientifico); dispone di due laboratori di 45 metri quadrati ciascuno, uno asciutto e uno umido.

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