Erdogan un dittatore, la verità di Draghi irrita i lacchè turchi e pure italiani

ROMA – E no, non doveva definire Erdogan un dittatore, in Turchia si vota ancora, è stato eletto; E no, non doveva chiamarlo dittatore perché così lo rafforza; E no, non doveva definirlo dittatore, così ha messo a rischio i tanti affari tra Italia e Turchia. E vai col tango, ognuno con la sua spiegazione accompagnata dal ciglio alzato e dalla smorfia “così non si fa”. Il giorno dopo le parole del nostro premier, Mario Draghi, che rispondendo ad una nostra domanda ha definito Erdogan un dittatore suscitando la reazione e la protesta ufficiale del governo turco, si continua a discutere sull’accaduto. E’ una situazione particolare e molto delicata, ma nella vita capita di prendere posizione e questa volta l’agenzia Dire si schiera con il premier Draghi, perché con la semplicità dell’evidenza, che distingue i politici che non si preoccupano sempre di nascondere la verità dentro un mare di inutili parole, lo ha detto chiaro e forte: Erdogan è un dittatore. Anche se un attimo dopo si è piegato comunque alla ragion di Stato: “Con questi dittatori bisogna essere franchi nell’espressione della visione della società ma pronti a cooperare per gli interessi del paese”. La verità non è mai neutra, fa sempre male a qualcuno. Ma è la verità che rende la vita migliore, non la menzogna. E non è vero, come dicono alcuni, che l’accusa di Draghi di fatto rafforzi Erdogan, perché adesso tutti i politici che dipendono da lui si stanno sgolando e gridano all’attentato alla nazione turca solleticando il nazionalismo di casa. Erdogan d’ora in poi sarà più debole davanti al mondo, ora il ‘re è nudo’ proprio grazie al premier italiano. E a quanti richiamano alla mente i dittatori Mussolini e Hitler va ricordato che pure questi, in un primo momento, vennero eletti ‘democraticamente’ attraverso elezioni. Per questo bisogna restare sempre vigili, attenti sempre alla ‘sostanza’ e non alla mera ‘forma’.

Secondo la classifica di Freedom House, l’organizzazione che ogni anno pubblica un rapporto con un punteggio da zero a cento sulle libertà politiche e civili di ogni paese del mondo, la Turchia è un paese “non libero” con un punteggio di 32 punti (da 35 ci sono i paesi parzialmente liberi). Con Erdogan in Turchia la situazione sta peggiorando, perché nel 2017 Freedom House le assegnava 38 punti. E allora, chiedo ai signori e alle signore che si indignano, questa cosa è rilevante o no? Erdogan quando nel 2003 arrivò al potere come primo ministro fu accolto da tutti, a casa sua e nel mondo, come un democratico riformatore, lui stesso da giovane finì in carcere per essersi opposto al regime militare. Ma nel 2010 Erdogan sceglie l’autoritarismo, cambia la Costituzione e si fa assegnare pieni poteri e comincia ad eliminare tra i suoi sostenitori tutti gli esponenti politici più moderati e liberali. Poi nel 2013 il massacro al parco Gezi a Istanbul, dove Erdogan fece reprimere con la violenza – 11 morti e 8mila feriti- la protesta dei giovani contro il governo. Fino ad arrivare alla farsa del tentato colpo di stato da parte dei militari degli ultimi anni che gli offrì l’occasione per imporre lo stato di emergenza e scatenare una repressione di massa dei suoi nemici, con decine e decine di migliaia di persone sbattute in galera con pene altissime da scontare. Nel 2017 con il referendum Erdogan cambiò di nuovo la Costituzione per farsi attribuire ancora più potere e consentire al Governo di influire anche sul potere giudiziario. La Turchia da molti anni è ai primi posti nel mondo per numero di giornalisti arrestati e messi in galera ed è stato Erdogan a chiudere oltre 150 giornali e siti di informazione, oggi si può dire che tutta l’informazione è filo Erdogan anche se ci sono ancora giornali di opposizione che ogni giorno subiscono continue pressioni e intimidazioni. Ma nonostante questo nella società turca ci sono ancora forti segnali di dissenso e resistenza, specie tra le fasce più giovani. Ed è per loro, che rappresentano il futuro di quel paese, che non bisogna mai abbassare la guardia perché la libertà è come l’aria, senza si muore.

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