Per il rilancio serve rinviare il Codice della crisi e riformare il fisco

L’Istat segnala il rischio default per il 48,5 % delle imprese italiane e con questi numeri, l’entrata in vigore del nuovo Codice della Crisi d’impresa è a dir poco azzardata. A dirlo è Paolo Longoni, consigliere d’amministrazione della Cassa di previdenza, nel corso del Cnpr Forum «Superare la crisi, quali ‘ingredienti’ per la ripresa?» organizzato dalla Cassa dei Ragionieri e degli esperti contabili, presieduta da Luigi Pagliuca. Secondo Longoni, dato che la metà delle aziende rischia di chiudere serve una cura forte e immediata per scongiurare questo disastro: «Va rivisto il reato di abuso d’ufficio – aggiunge – va rivista la competenza della Corte dei Conti in tema di danno erariale. E tutte quelle norme che limitano fortemente le attività dei dirigenti pubblici che, come risposta, non firmano più nulla».Crisi d’impresa.
Il Webinar di Cassa ragionieri è stata l’occasione per un confronto con diversi politici e sul nuovo Codice della crisi d’impresa si è espressa anche Ylenja Lucaselli, deputata di Fratelli d’Italia in Commissione Bilancio che evidenzia come innestare la riforma oggi diventa un peso per imprese e professionisti. Secondo Lucaselli bisogna distinguere tra chi ha subito la crisi dopo la pandemia e chi ha portato avanti una ‘mala gestio’ e il nuovo Codice è uno strumento non rodato che potrebbe rendere più gravoso il compito dell’Ocri. «Sicuramente – afferma Lucaselli – c’è la necessità, per tutto ciò che accade in Italia, di restringerne l’ambito di applicazione».

La riforma del fisco.
Secondo Giovanni Currò (M5s), vicepresidente della Commissione Finanze della Camera dei Deputati, per rispondere all’esigenza di ripartire dell’economia italiana, gli investimenti sulla digitalizzazione, la semplificazione del Fisco e l’adozione di strumenti come il cash back, sono elementi indispensabili. Ma non basta, per Currò occorre un modo diverso di concepire il fisco: «In una situazione drammatica come quella che stiamo vivendo non possono essere gli adempimenti fiscali a dettare tempi e modi delle attività imprenditoriali di aziende e professionisti – afferma Currò, che aggiunge – di riforma fiscale se ne parla da trent’anni ma nulla è stato mai fatto in concreto. Bisogna sfoltire il numero degli adempimenti e armonizzare tutte le semplificazioni introdotte nel corso degli anni». Sulla necessità di procedere con la modifica del Fisco si è espresso anche il leghista Massimo Bitonci, (Commissione Bilancio di Montecitorio): «Un’impresa assai ardua che in questo momento storico, con una maggioranza molto ampia, si potrebbe portare a termine arrivando alla semplificazione del sistema fiscale che a causa della sedimentazione delle norme e della mancanza di testi unici è sempre più complesso». Secondo Bitonci bisogna riformare l’Irpef, imposta progressiva che non rispetta più l’articolo 53 della Costituzione, e cancellare l’Irap che andrebbe trasformata in addizionale regionale all’Ires. In tema di riforma fiscale Paolo Longoni ha voluto sottolineare che non si può parlare di fisco senza ascoltare chi è deputato ad applicarlo, di previdenza senza ascoltare le Casse e di crisi d’impresa senza chi la vive quotidianamente. Serve un punto di contatto tra politica e società civile, professioni e Casse.

La transizione ecologica.
Bitonci solleva anche la questione della transizione ecologica e chiede di non sottovalutare l’apporto che possono dare i sindaci con la loro esperienza in termini di salvaguardia dell’ambiente e di prevenzione per il dissesto idrogeologico.Di transizione ecologica ha parlato anche Mauro Del Barba, componente di Italia Viva in Commissione Bilancio alla Camera: «Per ottenere risultati concreti occorre che sia guidata dalle “imprese benefit”, quelle che come scopo hanno non solo la divisione degli utili ma anche l’impatto positivo sul bene comune delle loro attività». Per Del Barba il Piano nazionale di ripresa e resilienza deve dare risalto alle società benefit di cui l’Italia è leader, incentivandone la nascita e favorendone la crescita. «Il nostro Paese deve essere leader nella competizione del futuro che coniuga interesse privato e benessere pubblico – afferma – l’Europa con il ‘green deal’ va in questa direzione, e noi dobbiamo guidare il processo».

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