La studentessa: “Italia e Europa non lascino soli gli universitari turchi”

ROMA – “Un colpo inferto a un valore universale”. Hazal Korkmaz, attivista e studentessa turca, definisce così la repressione subita recentemente dagli studenti e dalle studentesse mobilitati contro la nomina del rettore fiduciario dell’università Bogazici di Istanbul e il governo di Erdogan nel corso del suo intervento al webinar organizzato dall’agenzia Dire ‘Ragazze di Istanbul-Lottano contro femminicidi e violenze. E per l’università’.

“I giovani della Turchia si ispirano alla sapienza e all’illuminismo dell’Occidente ed è una delusione che l’Occidente ci volti le spalle in questo modo”, denuncia l’attivista, che lancia un appello all’Italia e all’Europa affinché i ragazzi e le ragazze turche non siano lasciati soli: “Non si tratta di una faccenda privata della Turchia, quando si fa un attacco a un’università in questo modo violento, lo si fa a tutte le università del mondo. Deve esserci un movimento globale per far sì che queste oppressioni cessino”, aggiunge e ricorda “gli abusi e le minacce” subite durante “lo stato di fermo di un ragazzo omosessuale di 20 anni da parte degli ufficiali, con violenza psicologica e denudazione corporea, una violazione dei diritti umani”.

Più in generale, l’uscita di Ankara dalla Convenzione di Istanbul, motivata dal governo come una presa di distanza “dall’ideologia immorale veicolata dalla comunità Lgbt- aggiunge l’attivista- rappresenta un grande passo per legalizzare in qualche modo la violenza sulle donne”. All’appello di Hazal Korkmaz si è unita anche la voce della deputata dem Lia Quartapelle: “Proprio perché la Turchia è una grande Paese- dice- è importante che le varie articolazioni della società italiana accompagnino la mobilitazione in Turchia. E così come in Italia è attiva una mobilitazione molto vivace degli avvocati a sostegno dei loro colleghi turchi, sarebbe interessante, opportuno e giusto che ci fosse una parallela mobilitazione anche delle università, sia a livello dei rettori e del corpo docente, che a livello degli studenti, perché tenere in vita ponti tra le società civili è la cosa che aiuta di più chi sta resistendo a una repressione che ogni giorno si fa più strisciante e brutale”.

QUARTAPELLE (PD): “AL GOVERNO LA REAZIONE CONTRO LE DONNE”

“Nel mondo è in corso una battaglia contro le libertà e una certa idea di progresso che si fa utilizzando il corpo delle donne, ed è significativo di come la Turchia, un grandissimo Paese che ha insegnato molto anche sull’avanzamento dei diritti delle donne, oggi invece sia governata da un presidente e da un partito che vogliono allinearsi con le peggiori forze di reazione e conservazione, dai cristiani reazionari americani ai terroristi di matrice islamista presenti in alcune zone del Medio Oriente”, ha detto Lia Quartapelle nel corso del webinar.

Al centro della discussione della tavola rotonda l’uscita di Ankara dalla Convenzione di Istanbul, il segno, secondo la deputata, “che Erdogan vuole far fare alla Turchia una profonda involuzione. Seguiamo con particolare attenzione la vicenda dei diritti delle donne in quel Paese, sia attraverso atti parlamentari, con l’interpellanza urgente sull’uscita di Ankara dalla Convenzione di Istanbul, sia attraverso colloqui con la Commissione Esteri del Parlametno turco”.

Una di queste audizioni, fa sapere Quartapelle, si è tenuta sul tema proprio “un paio di settimane fa”. Presente Sumeyye Erdogan, la figlia di Erdogan, che è una parlamentare. “Abbiamo detto che siamo firmatari di una Convenzione siglata in Turchia, voluta fortemente dalla Turchia, primo Paese a ratificarla, e abbiamo chiesto di spiegarci perché non funziona. Non abbiamo ricevuto risposta”, riferisce la deputata del Pd, che parla di “interventi molto imbarazzati” da parte dei parlamentari turchi “intervenuti alla sessione”. Dai “terroristi di matrice islamista di Daesh in Siria” a “Boko Haram in Nigeria” fino alle “battaglie contro la libertà di autodeterminazione delle donne sull’aborto o l’utilizzo dei contraccettivi”, si evince che “forze reazionarie stanno combattendo anche in Paesi avanzatissimi, come gli Stati Uniti”. A queste formazioni si salda la politica di Erdogan, ma “la Turchia è molto meglio di questo e ha dimostrato in autonomia molte volte di poterci sorprendere”. Quartapelle conclude: “È un peccato che il suo presidente così orgoglioso e nazionalista voglia segnare un punto negativo anche di presenza mediatica della Turchia contro le donne”.

EKINCI (UIKI ONLUS): “EUROPA DIMOSTRI ESSERE PER DIRITTI”

“Dove sta l’Europa quando parliamo di passi concreti, dei curdi sotto processo, tra cui giudici, insegnanti, avvocati, delle migliaia di persone che vivono sotto le tende in Rojava a cui la Turchia stacca l’acqua per settimane? Chi ha paura di Erdogan? Perché nessuno fa un passo? Se l’Europa dice di essere per la democrazia e i diritti umani lo deve dimostrare, sennò scendiamo in piazza e chiediamo diritti anche nei vostri Paesi”. È un appello alle responsabilità dell’Unione europea verso la Turchia, quello lanciato da Silan Ekinci, rappresentante dell’Ufficio di informazione dei curdi in Italia (Uiki Onlus), nel corso del webinar promosso dall’agenzia di stampa Dire.

“L’uscita della Turchia dalla Convenzione di Istanbul è un passo per dire: non ci interessa l’Europa- commenta l’attivista- Quando è successo le donne curde in Parlamento sono intervenute subito con una dichiarazione, chiamando le altre donne e dicendo che bisognava andare in piazza perché era un fatto gravissimo che non potevamo accettare. È arrivato il momento che l’Europa intervenga e faccia un passo serio, senza paura delle minacce della Turchia”, avverte Ekinci, che lancia un allarme sulla situazione dei curdi: “Non hanno più un sindaco o un deputato fuori, sono tutti arrestati. Non abbiamo più un comune, anche quelli presi con i voti nonostante l’oppressione sono persi”. Ekinci continua: “Sappiamo che la Turchia fa parte della Nato, il problema più grosso è questo. Bisogna prendere gli accordi internazionali con la Turchia per dire stop e si devono fare passi nei confronti di donne, studenti, avvocati, ma soprattutto di sindaci e intellettuali curdi, per aprire i corridoi e fare in modo che la gente riceva aiuti in Rojava, per svuotare le carceri da avvocati e giornalisti”.

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