«Pensioni, alla Fornero non si torna. Ecco cosa succede dopo Quota 100»

«Al sistema pensionistico serve un anno bianco, un anno di tregua per disegnare il welfare del futuro una volta capito cosa succederà all’economia dopo il Covid». Il sottosegretario Claudio Durigon racconta al Giornale cosa si muove nello spazio tutto da scrivere dopo Quota 100 non appena ascoltato, con soddisfazione, il premier Draghi alla Camera. Sottosegretario, il Pnrr non cita Quota 100 e il presidente del Consiglio non ha parlato di pensioni. L’ha «censurate» la Lega?
«La verità è che le pensioni non sono un tema che ha a che vedere con il Pnrr. Però sono una questione fondamentale in vista della legge di bilancio».

C’è chi parla di lodo Durigon, c’è un progetto?
«I tavoli con gli altri ministeri devono ancora partire, ma è importante partire da alcune certezze. Il prossimo va considerato un anno di tregua, un anno “bianco” di transizione che servirà ad ammortizzare la fine del divieto di licenziamento e a capire quale sarà l’impatto del Recovery pian, solo dopo si potrà progettare l’assetto futuro delle pensioni».

Girano altre due formule, Quota 102 e Quota 41.
«Quota 41 può essere una prospettiva futura. Ma ora c’è da affrontare uno spartiacque, l’impatto del Covid sul lavoro. Le stime vanno da 500mila e un milione di posti in meno, anche se io sono ottimista sull’effetto Pnrr. Ma è chiaro che se, in un momento come questo, si pensa di tornare a una norma punitiva come la legge Fornero, la Lega non ci sta, E Quota 102 è del tutto insufficiente, vale poco di più dell’Ape social».

A che strumenti pensa?
«Parto da quel che è successo nel mondo delle banche: con i loro fondi hanno offerto scivoli anche di sei anni per assorbire gli esuberi e ristrutturare, Si può immaginare di creare fondi analoghi per alcune categorie, penso a fondi bilaterali ad esempio nel commercio, e allargare il contratto di espansione ad aziende al di sotto dei 250 dipendenti».

Qual è l’obiettivo?
«Alleggerire il peso enorme che oggi grava sugli ammortizzatori sociali facendo accedere i lavoratori più anziani, attraverso scivoli, alla pensione anticipata. E intanto, soprattutto, far restare al lavoro i giovani e assumerne altri».

Nel pubblico però Quota 100 non ha generato il turn over previsto.
«C’è stato di mezzo il Covid con i concorsi pubblici bloccati. Ma ora riprendono e diventano strumento per efficientare la pubblica amministrazione con nuove competenze, anche tecnologiche, in ottica Pnrr».

Le soluzioni che propone per il privato richiedono un contributo anche da parte delle aziende.
«Sì, ma sostenibile. Lo Stato dovrà fare la sua parte e con norme semplificate una stima dì due miliardi per estendere il contratto di espansione è plausibile. E va messa a confronto con quel che spendiamo adesso di cassa integrazione. Non ci possiamo prendere in giro: prima o poi le aziende dovranno tornare ad avere la possibilità di licenziare, per ristrutturarsi. Ed è fondamentale alleggerire il monte di chi andrà a ricadere sugli ammortizzatori sociali. Una parte la faranno le politiche attive, un’altra la devono fare strumenti collegati alle pensioni. Il Covid ci ha fatto scoprire alcune fandonie che ci avevano raccontato».

A cosa si riferisce?
«Dicevano che la vita lavorativa si è allungata. Ma con il virus abbiamo scoperto la fragilità delle fasce di età più anziane. Per questo devono restare ed essere potenziati anche strumenti come le salvaguardie per i lavori usuranti e opzione donna».

C’è poi il tema scalone di fine anno, alla scadenza di Quota 100. Anche se un esperto come Giuliano Cazzola sminuisce l’allarme.
«Tutte le riforme prevedono uno scalone. Il problema sorge se manca la volontà politica di sanare eventuali situazioni con norme transitorie, Ma bisogna anche guardare i veri numeri di Quota 100. Le domande presentate in totale finora sono state circa 400mila. Se anche Quota 100 proseguisse per un altro anno, la platea residua non sarebbe così ampia e il maggior costo sarebbe nell’ordine dei 400 milioni».

L’Inps avrà un ruolo centrale.
«Intanto è importante che recuperi i ritardi. Non solo le 50mila domande di Quota 100 ancora pendenti, ma soprattutto ci sono attese di mesi per la cassa integrazione. Questo non deve più accadere».

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