VIDEO | Cuomo (Siaarti): “Potenziare organico, tecnologia e rete della terapia del dolore”

“Questo documento nasce dall’esigenza da parte di SIAARTI, che ha una sezione specificamente dedicata alla terapia del dolore, di fotografare la situazione dei centri italiani, essendo gli anestesisti gli specialisti di riferimento della terapia del dolore, acuto e cronico. Sono stati valutati vari aspetti: da quelli legati all’attività clinica a quelli relativi alla logistica, fino a quelli di risorse umane, di governance clinica e procedurale e di attività di ricerca oltre ad una fotografia di altre caratteristiche più specificamente tecniche, come le dotazioni tecnologiche dei vari centri. Sono stati censiti su territorio nazionale 305 centri che erogano terapia del dolore cronico, suddivisi per macroaree, per regione e per funzione, perché la Legge 38.2010 suddivide i centri specialistici di terapia del dolore in centri di riferimento a valenza regionale che sono gli HUB, in centri di riferimento a valore territoriale che sono gli spoke e una serie di ambulatori collegati”. Così, ai microfoni della Dire, il professor Arturo Cuomo, coordinatore del Gruppo di studio SIAARTI dolore oncologico e cure palliative, si sofferma sul documento ‘La terapia del dolore in Italia’, ampio censimento realizzato fra gli specialisti di riferimento disciplinare impegnati sulla terapia del dolore. Il testo davvero corposo, composto da ben 192 pagine, è stato presentato in modalità on line durante il XIX congresso Acd dell’area culturale dolore e cure palliative della Società italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva-SIAARTI.

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“REGIONI ACCELERINO SULLA NUOVA ORGANIZZAZIONE”

Se da un lato l’offerta assistenziale è ampiamente cresciuta sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, con la consapevolezza di quanto sia fondamentale la presa in carico dell’intero percorso di cura per la gran parte delle malattie causa di disabilità dolorosa, secondo il professor Cuomo sono presenti settori che presentano ampi margini di sviluppo. “Credo che sia da considerarsi prioritaria l’applicazione delle reti regionali di terapie del dolore – informa – così come licenziate dal ministero e recepite dalla Conferenza Stato-Regioni del 20 luglio 2020. In realtà, anche per problemi correlati alla pandemia da Covid in corso, l’attuazione della nuova organizzazione delle reti regionali da parte di tutte le regioni è stato ed è estremamente lento e ritardato. Ritengo però che SIAARTI innanzitutto e poi ogni singolo specialista debbano insistere affinché le regioni recepiscano, nel più breve tempo possibile, la nuova strutturazione: creare le reti significa realizzare il percorso del paziente, cioè non andare più ad agire sulla malattia specifica, che è la disabilità dolorosa, ma andare ad agire sull’intero percorso assistenziale, sulla presa in carico e questo è fondamentale”.

L’IMPORTANZA DELLA TELEMEDICINA

Il professor Cuomo si sofferma su altri due aspetti da migliorare. “Il primo è quello relativo alla dotazione organica, perché in media abbiamo 3 specialisti per centro di terapia del dolore – afferma – ma molti di loro non sono dedicati a tempo pieno alla terapia del dolore, poiché si tratta di anestesisti rianimatori ed è chiaro che in questo periodo di pandemia si sono un po’ sovvertite le dinamiche all’interno di ciascun centro assistenziale. Infine, credo che dobbiamo potenziare le risorse tecnologiche. Oggi la terapia del dolore si fonda su un percorso che va dalla terapia farmacologica più semplice fino alle metodiche mini invasive ed invasive più sofisticate: dobbiamo migliorare le dotazioni tecnologiche di tutti i Centri”. In questo momento storico, anche la telemedicina riveste un ruolo fondamentale. “Io dico sempre che il Covid ha portato due grandi momenti positivi, se mi concede questo termine associato alla pandemia. Un aspetto è la spinta alla ricerca. È indubbio che le pubblicazioni scientifiche uscite nell’ultimo anno, in ogni settore, siano molto superiori rispetto a quelle degli anni precedenti. Quindi, ripeto, una spinta alla ricerca dove trova spazio anche la terapia del dolore. L’altro momento -prosegue l’esperto – è l’accelerazione che abbiamo registrato in Italia verso tutti i processi collegati all’intelligenza artificiale, tra cui la telemedicina intesa come televisita, telemonitoraggio e teleassistenza. Molti centri, tra cui il mio, hanno già iniziato un percorso di presa in carico. In tal senso noi oggi realizziamo moltissime visite servendoci proprio di tale metodica e credo che questo, anche dopo che la pandemia sarà finita, rimarrà comunque un percorso che seguiremo un po’ tutti”.

“SULLA FIBROMIALGIA BISOGNA FARE DI PIÙ”

Cuomo parla poi della sensazione che gli specialisti del dolore vengano considerate figure di secondo piano nella cura delle fibromialgie. “Sono i numeri che lo dicono. Se consideriamo 100 pazienti che afferiscono ad un nostro centro -dichiara lo specialista – 50 di questi vi afferiscono per Low back pain, il mal di schiena cronico e disabilitante, quello che noi chiamiamo la disabilità dolorosa da mal di schiena, il 20-30% per artrosi e solo poco più del 10% per fibromialgia. Credo che il terapista del dolore sia visto un po’ come l’ultima spiaggia: forse dobbiamo essere più propositivi nella presa in carico di questi pazienti che, per la loro complessità, sicuramente necessitano dello specialista algologo, anche alla luce della considerazione che un numero crescente di studi clinici confermano il dato che i long covid, cioè i pazienti che avranno sintomatologia dopo che sono guariti dal Covid sintomatico, in una discreta percentuale di casi presenteranno dolore cronico residuo e di questo dolore molto sarà fibromialgico.

“FONDAMENTALE UN TRATTAMENTO PRECOCE CONTRO IL MAL DI SCHIENA”

“Come dicevamo in precedenza – aggiunge Cuomo – il 50% dei pazienti curati presso Centri specialistici di Terapia del dolore presentano il cosiddetto mal di schiena, ma non quello acuto, quello che può venire, ad esempio, a causa di una partita a tennis. Si tratta di pazienti che, in molti casi, anche senza una causa specifica iniziano nel corso della propria vita ad avere fenomeni di mal di schiena subentranti, intervallati da periodi di benessere sempre più ridotti. Questa tipologia di paziente sicuramente ha bisogno di afferire ad un centro specialistico, perché la banalizzazione e la sottovalutazione del problema comportano da un lato terapie continuative inappropriate, e mi riferisco a terapie con anti infiammatori protratte per mesi, e dall’altro, più passa il tempo più è minore la possibilità di una guarigione, intendendo per guarigione non il recupero dello stato di salute precedente quanto piuttosto il recupero dello stato funzionale, dunque la capacità di essere autonomi, di avere una vita lavorativa, di intessere relazioni sociali valide e, quindi, qualità di vita”. Ma come si manifesta il Low back pain e a quale età si presenta? “Il mal di schiena – spiega Cuomo – fa generalmente la propria comparsa tra i 40 e i 50 anni, dunque in una fase della vita in cui si è attivi dal punto di vista lavorativo e sociale. I pazienti affetti da disabilità dolorosa correlata al mal schiena manifestano per il 20% depressione secondaria, per il 20% turbe del sonno importantissime, per il 25% deficit relazionali e deficit dell’attività sessuale. Numeri che ci fanno ben comprendere che siamo davvero di fronte ad una malattia invalidante”. E in quale modo si manifesta? “È un mal di schiena che man mano peggiora e non dà momenti di benessere, poi lo stesso mal di schiena inizia a limitare le normali funzioni quotidiane: allacciarsi le scarpe, essere autonomi nel lavarsi, guidare la macchina, salire e scendere le scale. Un vero e proprio percorso in discesa in cui alcune volte non ci si rende nemmeno conto del peggioramento, perché si tratta di un peggioramento graduale che avviene anche nel corso di mesi e di anni. È un peggioramento che necessita di un approccio terapeutico non solo appropriato ma anche precoce”. Dunque, nella terapia del dolore, il fattore tempo è importantissimo, “perché nel tempo si stabiliscono alterazioni irreversibili del sistema nervoso centrale – conclude Cuomo – e recenti studi ci parlano di alterazioni irreversibili anche della corteccia cerebrale. Ci sono studi di neuroimaging che ci dicono che il cervello di una persona affetta da Low back pain cronico da anni presenta zone di atrofia molto simili a quello che ritroviamo nella demenza senile”.

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