Il male minore

BOLOGNA – Il 2 maggio sembrava il giorno destinato ad impegnare pensieri e social a cercare di esprimere, ognuno, la propria opinione, arguta ma più possibilmente polemica, su Fedez. Ma all’ora dello spritz, in radio irrompe il collegamento per la festa nerazzurra a Milano per il bello e meritato scudetto dell’Inter. “Non ci potevano mica chiedere di stare a casa e non festeggiare”, hanno detto e fatto i 30.000, accorsi in piazza Duomo a celebrare non solo il trionfo dell’Inter, ma evidentemente anche una sonora rivincita sul Covid. Un calcione a regole di prevenzione, mascherine e distanziamenti. Ah sì, “non potevano”? No, d’altronde siamo l’Italia, il dio pallone non si discute. Già lungo lo stivale tornato giallo, i campi da calcetto si erano subito riempiti di prenotazioni; e con gli stadi chiusi, stavolta mica si poteva fare come nei primi tempi del Covid: una bella cantata da stadio da un balcone all’altro. E basta coi balconi. Poi già ieri sera c’erano i commercianti e protestare per le scene della piazza debordante. Oggi sono gli artisti a cui han chiuso i teatri a masticare amarissimo. E così un altro tormentone ha occupato pensieri e social: bisogna avere e dire un parere anche sulla piazza interista: giusto? Sbagliato? Sì, ma, però. Travolti.

“Andava aperto lo stadio ai tifosi”, “No, non si poteva”, “Era prevedibile”, si grida da una parte e dall’altra: “Sì, infatti le forze dell’ordine c’erano” e hanno evitato che la festa degenerasse… La vicesindaco di Milano Scavuzzo, interista, si è difesa: “Non trovo legittimo che si possa festeggiare in barba alle prescrizioni anti-Covid”, tuttavia “non è vero che non c’è stato un ragionamento”, Comune e Forze dell’ordine erano pronte da settimane, e anche per le prossime se si fosse rinviato l’appuntamento con il Tricolore nerazzurro. “Abbiamo lavorato il più possibile perché ci fosse una mitigazione del danno, non ci sono stati momenti di tensione e abbiamo evitato concentrazioni ulteriormente critiche in alcuni luoghi. Evidentemente ci siamo trovati di fronte a una euforia incontenibile”.

Finisce sempre che vorremmo, ma non possiamo, non riusciamo del tutto. O meglio, che per fortuna che il bicchiere è mezzo pieno. E dobbiamo consolarci e congratularci (e forse è davvero così) per aver scampato il peggio. Siamo il paese del male minore e la politica ci va a nozze. Poi tra 10 giorni nessuno si ricorderà né di Fedez, né di piazza Duomo… Ci sarà un’altra polemica, un altro tormentone. Poi tanto i vaccini non han già messo al sicuro gli anziani e i fragili?

Ieri era il giorno dell’urlo liberatorio, della gioia repressa che non sottosta a nessuna regola. Ma resta il fatto che ha vinto ancora, per forza o necessità, il male minore e che l’unica lezione che sembra lasciare è solo scorie, veleni, amarezze, recriminazioni, dubbi di legittimità su chi deve prendere decisioni difficili, insomma, brilla tutto tranne che ci sia qualcosa di positivo da ‘salvare’, da sfoggiare, da rivendicare dopo tanti sforzi. È la logica del male minore. E la politica ci sguazza. Tanto cosa costa. Eppoi guai a contestare la celebrazione di una gioia, eh.

Eppoi, per fortuna nessuno se ne ricorda in capo a qualche giorno. Sempre che davvero non si prospetti il replay della maxi-festa che già a Milano si progetta… Perché uno strappo alla regola tira l’altro e toccherà di nuovo mediare, litigare, commentare… Per ritrovarsi, forse, a dover passare le forche caudine del compromesso e del male minore. È un po’ un peccato. Viene da chiedersi se non se ne riesca a farne l’occasione per non farsi travolgere dall”incontenibilità’ di una spinta sociale e riuscire a fare capire, per tempo, che c’è un altro modo, che lascia un esempio, che fa storia, fa modello in positivo e non notizia per la babele di liti. Dà un buon esempio, specie ai giovani. La sfida è interessante, e (sarebbe) aperta.

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