Francia. Dai generali a Le Pen, fino alla sinistra: “L’ora è grave”

ROMA – Parlare di “orde delle banlieue” è il “minimo” e bene fanno i generali “ad aprire un dibattito gravissimo”: è la tesi di Jean-Marie Le Pen, fondatore e patron del Front National, l’ultimo a intervenire nella polemica seguita all’appello “per un ritorno dell’onore” dei governanti di Francia.

L’intervista, con sguardo alle elezioni presidenziali in programma nel 2022, è stata rilasciata in settimana al quotidiano Le Point. In primo piano l’avanzata nei sondaggi di Marine Le Pen, figlia ribelle tornata ora favorita in vista di un ballottaggio per l’Eliseo, e pure gli allarmi di tentativi golpisti lanciati dall’altra parte dello spettro politico, a cominciare da Jean-Luc Melenchon, pure capace di attrarre consensi.

Rispetto all’appello dei militari, pubblicato il 21 aprile sul settimanale Valeurs Actuelles, Le Pen rivendica una primigenitura. “Ma che parole dovremmo usare quando gruppi di cento ragazzi ci lanciano contro i razzi?” argomenta il fondatore del Front National. “Bande, gang? ‘Orde di banlieue’ è il minimo: penso che il sentimento popolare corrisponda all’analisi dei militari”. E ancora: “A Trappes non c’è praticamente più popolazione europea, oppure quella che c’è striscia lungo i muri, e non solo nelle sere di rivolta”.

Nell’appello, indirizzato al presidente Emmanuel Macron, i generali invitano a “difendere il patriottismo” e i valori della civilizzazione contro “l’islamismo, le orde delle banlieue” e la “disintegrazione” della Francia. Ci sarebbero rischi, questa la tesi, di conflitto intestino: “Non è più tempo di tergiversare, altrimenti domani la guerra civile porrà fine a questo caos crescente e i morti, di cui porterete la responsabilità, si conteranno a migliaia”. Dopo alcuni giorni di silenzio, la ministra della Difesa Florence Parly ha definito il testo “irresponsabile” e annunciato sanzioni per i firmatari. Marine Le Pen, ai microfoni di France Info, ha detto invece di condividere le “constatazioni” dei militari.

Nel colloquio con Le Point si ritorna al punto di partenza. Jean-Marie Le Pen parla di identità snocciolando numeri; “Ci sono oltre 2mila moschee in Francia, costruite in appena 40 anni, mentre per costruire le nostre chiese di anni ne abbiamo impiegati 2mila”.

Secondo il fondatore del Front National, la candidatura della figlia Marine rappresenta “una delle ultime chance di manifestare una volontà di resistenza”. Centrale il tema delle migrazioni, “con il passaggio in 50 anni della popolazione mondiale da due a otto miliardi di abitanti”, calcola Jean-Marine Le Pen. “Possiamo dissuadere queste popolazioni dal venire da noi” la sua tesi. “Se fossi al potere direi: ‘Se venite sappiate che non siete invitati e che non avete alcun diritto; né casa, né lavoro, né aiuti sociali, né scuole per i vostri figli'”.

E’ la traccia, contagiosa, destinata a segnare il dibattito politico durante e dopo la pandemia. Lo suggeriscono anche le prese di posizione degli oppositori di sinistra. Melenchon, di La France insoumise, denuncia allo stesso tempo il silenzio di Macron e la “stupefacente dichiarazione dei militari che si arrogano il diritto di invitare i colleghi a intervenire contro gli ‘islamogauchistes'”.

Guarda indietro provando a immaginare una strada possibile Benoit Hamon, ex primo ministro e candidato socialista alla presidenza, ora alla guida del partito Generation.s. “A 60 anni dall’inizio del putsch d’Algeri, 20 generali minacciano esplicitamente la Repubblica di colpo di Stato militare” ha scritto su Twitter. “Marine Le Pen invita a unirsi a loro: nessuna reazione, né da Florence Parly, né da Jean Castex né da Emmanuel Macron”. Un altro modo per dire, citando l’incipit dei generali, che “l’ora è grave”.
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