ROMA – Câè chi arresta i giornalisti e chi rade al suolo le redazioni. Lâobiettivo è lo stesso: black out, niente notizie, il mondo non deve sapere. Anche la giustificazione è sempre la stessa: colpiamo i terroristi. Capita che su Wikipedia esista la voce âlista dei giornalisti arrestati in Turchiaâ: 231 reporter, con nome, cognome, testata, data di arresto e luogo di detenzione. La maggior parte è accusata di terrorismo per aver tramato contro Recep Tayyip Erdogan. Curioso: è lo stesso presidente che chiama Papa Francesco per fermare i raid di Israele nella Striscia di Gaza.
Nella regione palestinese i morti sono oltre 200. Uccisi anche nel sonno, nei campi profughi, famiglie intere. Come quella del piccolo Omar, cinque mesi: ha perso la mamma e quattro fratelli, si è salvato solo lui, per caso e per miracolo. O come quella di Mariam, tre anni: lâhanno trovata tra le macerie accanto al padre, al fratello Zaid e alla madre Reema, incinta di quattro mesi, giornalista. Storie senza pietĂ che sarĂ piĂš difficile raccontare dopo il bombardamento della torre Al Jalaa, un palazzo di undici piani con decine di redazioni. âAbbiamo evitato un massacro terribile per un soffioâ ha detto Gary Pruitt, il presidente di Associated Press. Nellâedificio lavoravano decine di giornalisti dellâagenzia di stampa americana, freelance palestinesi e colleghi dellâemittente panaraba Al Jazeera. Israele ha sostenuto che nel palazzo ci fossero âasset militariâ di Hamas. Di prove non ne sono state fornite. Lo dicono gli americani. Che preparano nuove vendite di armi a Israele per 735 milioni di dollari. Armi intelligenti, come quelle utilizzate per far tacere i giornalisti.
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