Siria, al via le elezioni presidenziali: Assad vota a Douma con la moglie

ROMA – Si sono aperti stamani in Siria i seggi per le elezioni presidenziali. Anche il capo di Stato Bashar Al-Assad si è recato alle urne assieme con la moglie, Asma Al-Assad: lo ha confermato l’ufficio stampa del governo, condividendo sui canali social le foto della coppia nell’atto di inserire la scheda nell’urna e salutare i sostenitori.

Si legge nel post che accompagna le immagini: “I siriani stanno esprimendo la loro volontĂ  e stanno esercitando il loro diritto costituzionale”. Le elezioni si svolgono però solo nei territori realmente controllati da Damasco dove vivono circa 10 milioni di persone, circa la metĂ  della popolazione nazionale. In lizza, tre nomi, visto che la commissione costituzionale ha accettato solo due candidature, oltre a quella di Al-Assad: quella dell’ex ministro Abdallah Salloum Addallah e del leader dell’opposizione Mahmoud Ahmad Marai, entrambi noti per posizioni vicine a quelle del partito Ba’ath di Assad.

Le elezioni si svolgono a pochi mesi dal decimo anniversario dallo scoppio delle rivolte popolari del 2011 per chiedere la fine del governo degli Assad, che dal padre Hafez al figlio Bashar hanno governato dal 1971 senza soluzione di continuità. A quelle manifestazioni di piazza, che coincisero con quelle che in Egitto e Tunisia portarono alla fine delle presidenze di Hosni Mubarak e Zine El Abidine Ben Ali, seguì una repressione con bombardamenti su centri abitati, arresti e sparizioni forzate.

Secondo stime dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr), sono circa sei milioni i rifugiati all’estero. La guerra civile ha aperto la strada all’ingresso nel Paese a contingenti stranieri – tra cui Iran, Russia, Stati Uniti e Turchia – e alla comparsa di nuove milizie armate, estendendo la portata del conflitto.

L’esecutivo di Damasco stamani ha inoltre confermato che il capo di Stato uscente ha votato presso il seggio di Douma, nell’interland di Damasco, una cittadina dal forte valore simbolico per il ruolo che giocò nei primi mesi della guerra civile, essendo diventato il bastione dei ribelli. E’ poi ricordata per un attacco nel 2018 in cui morirono oltre 40 persone: secondo due diverse analisi dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opcw), ci sono “fondati motivi” per ritenere che venne usato gas sarin contro la popolazione.
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