Argentina Altobelli, la sindacalista degli oppressi

ROMA – “Sindacalista, pubblicista e sostenitrice della causa dell’emancipazione e dei diritti della donna. Attiva nell’associazionismo operaio, socialista riformista e Segretaria della Federazione nazionale dei lavoratori della terra. Solo in Italia esisteva agli albori del Novecento un sindacato nazionale di questa categoria di lavoratori che acquisì sin dalla sua costituzione quella consistenza e continuità organizzativa e di indirizzo che fu propria della Federterra e fu il primo e il solo al tempo ad essere guidato da una donna. Una doppia modernità” che non ha risparmiato Argentina Altobelli, la figura che viene ricordata questo mese nello Speciale realizzato in collaborazione con la Società nazionale delle storiche, dall’oblio.

A parlarne intervistata dall’agenzia Dire è Silvia Bianciardi, docente di storia contemporanea all’Università eCampus di Novedrate (Como). Laureata in scienze politiche, è proprio negli anni in cui è ricercatrice che si avvicina alla SIS, “attraverso l’interesse per gli studi sul socialismo.

“Argentina si chiamava in realtà Bonetti, ma era nota e lei stessa si firmava con il cognome del marito, qualche volta con entrambi. C’era tra i due un grande rapporto d’amore- ha ricordato la docente- un’unione molto moderna”. Lui, più anziano di lei, che era stato allievo di Carducci, la incoraggiò tutta la vita a non abbandonare i suoi impegni pubblici, occupandosi durante i viaggi della moglie delle incombenze domestiche e dei figli.

LA BIOGRAFIA E LA GUIDA DI FEDERTERRA

Altobelli “nasce a Imola il 2 luglio 1866 da una famiglia liberale di forte sentimento patriottico e viene allevata dalla famiglia di uno zio paterno. Autodidatta si presenta tutta la vita come militante socialista e per venti anni è stata la Segretaria della prima organizzazione sindacale a carattere nazionale costituitasi in Italia ovvero della Federazione nazionale dei lavoratori della terra, nata a Bologna nel 1901. Subentra sin dal 1905 e ufficialmente dal 1906, al primo Segretario, il socialista Carlo Vezzani. Parliamo del primo sindacato nazionale in un’Italia rurale. Sin dall’inizio nelle sue memorie- ha spiegato la storica- Altobelli individua nella causa del riscatto dei lavoratori della terra e prima di tutto delle donne lavoratrici dei campi che definisce ‘diseredate tra gli oppressi’, la realtà più estrema di sfruttamento ed è da questa osservazione diretta che nasce il movente e la spinta per lei ad aderire al socialismo”.

L’attività sindacale della Altobelli non è solo legata alle negoziazioni sulle condizioni di lavoro. “Per lungo tempo i socialisti della sua generazione vennero accusati- ha spiegato la docente- di aver rivolto interessi a categorie di lavoratori più consapevoli e aver trascurato i più marginali. Ma sin dall’inizio il sindacato di cui era a capo nacque per le categorie più marginali: donne, che erano impiegate soprattutto nei lavori stagionali, come la monda del riso, o nei lavori a domicilio, e poi lavoratori precari, occupati ma soprattutto disoccupati perché questo erano i braccianti e gli avventizi, cioè i lavoratori della terra ai quali il sindacato si rivolgeva, a causa dell’eccedenza cronica di mano d’opera che connotava il settore agricolo. La Segretaria li definiva ‘le formiche erranti più numerose che non hanno mai la sicurezza del pane’. Per non parlare dei mezzadri. La grande sfida della Altobelli è stata proprio quella di organizzare tutte queste categorie del lavoro agricolo che erano connotate da interessi e condizioni di lavoro molto diverse tra loro, persone per lo più analfabete e abbrutite dalla miseria. La sua è stata un’opera di alfabetizzazione civica, perfino di formazione morale volta a far comprendere a questi lavoratori il senso della solidarietà, i valori dell’associazione, l’importanza del vincolo organizzativo e della disciplina, acquisizioni necessarie per uscire dal servilismo e per far emergere in loro la consapevolezza di classe”.

LA PREDICAZIONE DEGLI IDEALI SOCIALISTI

In questo impegno per i diritti dei lavoratori che guiderà i passi di questa donna ci sono al fondo, come per tanti socialisti del tempo, “gli occhi mazziniani del Risorgimento che guardano al progresso di tutta l’umanità verso la giustizia e la libertà e un senso della Patria che non è mai nazionalismo ma impegno di fratellanza tra popoli liberi contro ogni oppressione di natura politica e sociale”.C’è stata anche un’ Altobelli più spiccatamente politica. “Fu attiva nell’ambito dell’associazionismo operaio che nella seconda metà dell’Ottocento venne sempre più politicizzandosi, orientandosi verso il socialismo. Nel 1890 divenne presidente della Società Operaia Femminile di Bologna, poi nel 1893 fu tra i fondatori della Camera del lavoro di Bologna e successivamente nel 1902 della Federazione Provinciale Bolognese dei lavoratori della terra. Partecipò a questo lavoro di predicazione del verbo socialista tra i lavoratori e alla creazione delle strutture organizzative di base del movimento operaio (le leghe, le cooperative, i circoli politici, le sezioni del Partito Socialista)” ha ricordato Bianciardi.

Ma le nomine stavano solo per iniziare. “Entrò nel Consiglio direttivo nazionale della Confederazione Generale del Lavoro (la CGdL l’antecedente della CGIL) nel 1906 e in quello stesso anno- ha ricordato la docente- fu consacrata nel ruolo di dirigente nazionale nel Psi, in occasione del nono congresso del Partito, fu infatti indicata tra i dei componenti della Direzione Nazionale socialista e venne confermata in questo ruolo nei successivi congressi nazionali del 1908 e 1910. Nel 1912 venne designata rappresentante del lavoro agricolo nel Consiglio superiore del lavoro istituito dal governo Zanardelli nel 1902 presso il Ministero di Agricoltura Industria e Commercio. Pensiamo che le donne ancora non votavano, ma lei era lì, presente in questo primo spazio istituzionale dove nacque la concertazione, le prime leggi sociali e le garanzie sul lavoro”.

“Fu sempre vicina alla componente riformista del Partito socialista. Dopo la scissione del 1921 da cui nacque il Partito comunista, al successivo Congresso Nazionale socialista, che si svolse a Roma nell’ottobre del 1922, seguì Turati, Prampolini e gli altri riformisti che lasciarono il Psi e con loro aderì al Partito Socialista Unitario che elesse Matteotti come segretario. Rimase Segretaria di Federterra fino allo scioglimento avvenuto ad opera del fascismo tra il 1924 e il 1925. Durante il regime già anziana, si allontanò dalla vita politica attiva ma fu costantemente sorvegliata. Gli ultimi anni trascorreranno con la famiglia a Roma tra ristrettezze economiche e lavori anche umili” fino alla morte che arrivò nel 1942.

LA SUA STRAORDINARIETÀ DA RISCOPRIRE CONTRO OGNI OBLIO

“Caduta nell’oblio per lungo tempo, è stata riscoperta negli anni ’70 con la ripresa degli studi sul socialismo riformista”. Bianciardi ha ricordato gli scambi con la nipote Ariella Farulli, che si rammaricava di questa nonna dimenticata e che proprio per tenerne vivo il ricordo donò le Carte Altobelli alla Fondazione di Studi Storici Filippo Turati di Firenze dove attualmente sono conservate. “Un oblio di natura per lo più ideologica- ha detto la storica- perché anche alla dirigenza riformista del movimento sindacale, per via di una presunta inidoneità culturale e politica, si attribuiva la colpa della sconfitta del mondo operaio da parte del fascismo. Sorprendente che il libro sugli atti dei congressi di Federterra, pubblicato nel 1960, curato dallo storico Renato Zangheri, riporti nella corposa introduzione di circa cento pagine, che pure riconoscono “la straordinarietà” dell’esperienza sindacale rappresentata dalla Federterra, solo brevi e fuggevoli riferimenti alla Altobelli, che comunque non rilevano il dato eccezionale, per quei tempi, della sua ventennale permanenza alla guida del sindacato. Lei che nelle sue memorie scriveva di ‘essere stata tentata più volte di lasciare l’impegno politico per i figli, ricordando come fosse stato il marito a dissuaderla, incoraggiandola a proseguire, supportandola concretamente nei compiti di cura verso la famiglia e i figli, al fine di consentirle di ricoprire incarichi nel sindacato e nel partito”. Un’avanguardia femminile colpevolmente dimenticata, “una donna del tempo che era presente nelle Istituzioni, quando ancora alle donne- come ha ricordato Bianciardi- non era permesso votare”.

(Foto tratta dall’Archivio Argentina Bonetti Altobelli presso la Fondazione di Studi Storici Filippo Turati di Firenze)

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