Bielorussia, Alina Stefanovich: “Mio marito in carcere per la libertà”

ROMA – “Mio marito è in carcere da 72 ore, il nostro avvocato lo ha visto stamani e ha detto che sta bene, sebbene si siano rifiutati di consegnargli il cibo e i vestiti che gli avevo mandato. Non ha segni di percosse quindi la buona notizia è che non lo hanno torturato: purtroppo a tanti invece è successo. Eravamo consapevoli entrambi dei rischi che correvamo ma abbiamo deciso di non lasciare il Paese. Valiantsin era pronto a pagare il prezzo per la libertà e la democrazia”. Alina Stefanovich parla con l’agenzia Dire da Minsk, è la moglie di Valiantsin Stefanovich, il vicepresidente di Viasna, in carcere da mercoledì con l’accusa di “organizzazione e sostegno di attività volte a destabilizzare lo Stato” ed “evasione fiscale”.

Si tratta degli stessi capi d’accusa mossi contro gli esponenti dell’ong che monitora lo stato dei diritti umani in Bielorussia: la polizia finanziaria, a Minsk, tra mercoledì e ieri mattina si è presentata direttamente nelle abitazioni di Stefanovich, poi di Andrei Paluda, coordinatore della campagna ‘Difensori umani contro la pena di morte’, e di altre otto persone collegate a Viasna, alcune delle quali sono state poi rilasciate. Il presidente Ales Bialiatski invece è risultato scomparso per un giorno prima della conferma del suo arresto. Prelevati e interrogati anche altri quattro attivisti delle sezioni di Viasna nelle città di Barysau, Smarhon e Vorsha. Questi ultimi sono stati tutti rilasciati.

“Negli ultimi giorni, ogni mattina, la polizia si presenta a casa di qualche esponente della società civile per arrestarlo” continua Alina Stefanovich, in un’intervista con l’agenzia Dire, riferendo di arresti tra giornalisti, attivisti, difensori dei diritti umani ma anche di persone collegate a realtà che con l’attivismo politico non hanno nulla a che fare, come ong per il clima o per i diritti di genere. “Stamani la polizia ha fatto irruzione nel centro Gender Perspectives, associazione che da 15 anni gestisce un numero verde per permettere alle persone di denunciare casi di violenza domestica” dice Stefanovich. “Da stamani le autorità hanno bloccato il centralino e chiuso gli uffici. Non ha senso. Ora chi subisce abusi non può più chiedere aiuto”.

All’origine di questi attacchi alla società civile, secondo Stefanovich, ci sarebbe una sorta di “ritorsione” da parte del governo per aver subito sanzioni economiche da parte dell’Unione europea, che ha poi stanziato tre miliardi di euro “a sostegno delle forze democratiche di opposizione al governo di Aleksandr Lukashenko”, una decisione giunta a pochi giorni dal dirottamento da parte di Minsk di un volo di linea, a bordo del quale viaggiava il giornalista Roman Protasevich, che è stato poi arrestato e incarcerato. Contro il governo pesano accuse di arresti di massa, detenzioni arbitrarie, violenze e persino l’uccisione di alcuni manifestanti.

Ma per la moglie del vicepresidente di Viasna, “le autorità non stanno capendo che non è con la violenza che fermeranno il movimento contro Lukashenko. La gente è determinata ad andare avanti: viviamo nella paura ma c’è un forte sentimento che ci lega”. Stefanovich racconta che, dopo la notizia dell’arresto del marito, ha ricevuto molte dimostrazioni di vicinanza: “In tanti mi hanno chiamato, hanno portato dolci, hanno offerto di fare pulizie in casa e aiutarmi coi miei figli. Questo governo è ancora convinto che i bielorussi siano marionette dell’Occidente ma non è così: la gente vuole il cambiamento, vuole la democrazia e nonostante le cose orribili che stanno accadendo non si fermerà”.
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