Giustizia, anche LeU attacca Draghi. Grasso: “Modificare riforma Cartabia o non voto la fiducia”

ROMA – Anche Liberi e Uguali si smarca dalla riforma del processo penale voluta dalla ministra Cartabia. Mentre continua il braccio di ferro tra il premier Draghi e il Movimento 5 Stelle, infatti, Pietro Grasso e Stefano Fassina annunciano che sono pronti a non votare la fiducia al governo se non verranno fatte delle modifiche sul nodo della prescrizione.

Al centro dello scontro, che ha portato la ministra M5s Dadone ad aprire alla possibilità della fuoriuscita dei pentastelliati dall’esecutivo, è la norma sull’improcedibilità dei processi. Un passaggio della riforma che ha scatenato le proteste anche del procuratore nazionale antimafia, Cafiero De Raho che, audito dalla commissione giustizia della Camera, ha parlato del rischio di “mandare in fumo il 50% dei processi per mafia e terrorismo”.

Un’accusa respinta dalla ministra che, in conferenza stampa con il premier Draghi, ha affermato che la riforma non possa essere giudicata da una sola norma ma vada guardata nella sua interezza. Una linea sposata anche dal premier che, nonostante l’ammonimento del Presidente della Repubblica, ha deciso di apporre la fiducia sul maxi emendamento che arriverà in parlamento prima della pausa estiva.

GRASSO: O RIFORMA CAMBIA O VOTO NO

“Penso che in molti si saranno chiesti se i dati drammatici sui tempi attuali di durata dei processi, da tempo noti, siano stati letti dai tecnici del ministero che hanno scritto l’emendamento o dai decisori politici, senza desumerne l’assoluta certezza che centinaia di migliaia di processi andranno in fumo”. Così l’ex presidente del Senato e già procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso interviene sul dibattito sulla riforma del processo penale in un’intervista su ‘Il Fatto quotidiano’.

“Il legislatore – spiega il senatore – non può non tenere conto della realtà esistente che, col suo intervento, va a modificare e dei prevedibili effetti che andrà a produrre. Nel dettaglio, la Cassazione è forse in grado di rispettare il termine di un anno. Ma nove Corti di appello su 26 superano la media di durata di due anni dei processi, e gli uffici di Roma, Napoli, Reggio Calabria, Bari e Venezia, che rappresentano circa la metà del carico giudiziario, non concludono un processo in appello prima di mille giorni, cioè praticamente tre anni”.

Dunque per l’ex magistrato, “se non si apporta alla riforma qualche ulteriore modifica, non v’é dubbio che i cittadini non potranno che prendere atto che la scelta politica sarà quella di far andare in prescrizione, sostanziale o processuale che sia, i numerosissimi procedimenti accumulatisi nelle corti di Appello meno virtuose”.

Anche Grasso propone delle modifiche al testo tra cui l’“improcedibilità per i reati di mafia, terrorismo e corruzione”. “Se non cambiasse nulla farei fatica a partecipare al voto di fiducia”, afferma l’ex presidente del Senato.

FASSINA: NON VOTEREI FIDUCIA SU ATTUALE DDL

“No, non voterei la fiducia sull’attuale versione della cosiddetta riforma della giustizia. Ed è inaccettabile che il presidente del Consiglio chieda l’autorizzazione al voto di fiducia già al varo in Consiglio dei Ministri del relativo disegno di legge”. Così, risponde Stefano Fassina, deputato Leu, nel corso di Agorà estate su Raitre.

“Come sarebbe inaccettabile, continua, se fosse messa la fiducia su un ddl di delega a maglie larghe sul fisco. L’Italia è ancora una Repubblica parlamentare: le leggi sono discusse e approvate da Camera e Senato, tanto più quando sono provvedimenti di portata sistemica. I rilievi mossi sul testo Cartabia, non soltanto dal M5S, ma dal Csm e da numerose e autorevolissime personalità della magistratura e della cultura giuridica, vanno ascoltati e i conseguenti emendamenti approvati. Mi colpisce l’inversione dell’ordine dei fattori decisivi ad arrivare al giusto processo, quindi ad un processo concluso nei suoi tre gradi di giudizio in tempi allineati ai più efficienti ordinamenti dell’Ue: prima le scadenze rigide e indifferenziate per l’improcedibilità, poi le risorse umane e strumentali. Lo stato di emergenza non autorizza il premier tecnico a continue forzature delle procedure costituzionali”, ha concluso Fassina.

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