Ecco la riforma della Giustizia: regime speciale per i reati più gravi

ROMA – Ecco la riforma del processo penale come modificata dal Governo Draghi. Rispetto al ddl dell’ex guardasigilli Alfonso Bonafede, che la scorsa primavera era arrivata alla Camera durante l’esecutivo giallo-rosso guidato da Giuseppe Conte, sono molte le novità. Nella riunione del Cdm del 29 luglio sono state introdotte alcune modifiche, attraverso emendamenti di mediazione della ministra Marta Cartabia, tra le quali una norma transitoria per i primi tre anni di vigenza e alcune proroghe. Nel passaggio in Commissione Giustizia sono stati approvati inoltre ulteriori ‘aggiustamenti’ su proposta dei gruppi dopo un’intesa di maggioranza.Essendo una legge delega, entro un anno il Governo dovrà approvare i decreti attuativi, tranne che per le norme sulla prescrizione (unitamente a poche altre disposizioni), che entreranno immediatamente in vigore dopo il via libera definitivo del Senato, dove il voto sulla riforma è atteso a settembre dopo la pausa estiva.

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La riforma, nel suo complesso, prevede una serie di misure deflattive dei processi con l’incentivazione dei riti alternativi, la messa alla prova, la semplificazione e la digitalizzazione delle procedure, così da rendere più celere la celebrazione dei procedimenti penali. Dopo la sentenza di primo grado viene mantenuto il principio del ddl Bonafede: la prescrizione si blocca, qualunque sia l’esito del procedimento, ma con l’obbligo di chiudere i processi in due anni in appello e in un anno in Cassazione, pena l’improcedibilità. Il che significa che il giudice d’appello, o la Cassazione, accertato il superamento dei termini processuali previsti, dovranno dichiarare di non doversi procedere (la cosiddetta prescrizione del processo e non del reato). Previste assunzioni e digitalizzazione dei Tribunali in attesa dell’entrata a regime delle nuove norme.

Di seguito le novità introdotte nella riforma Cartabia, in prima lettura alla Camera.

IMPROCEDIBILITÀ

La riforma riguarda solo i reati commessi dopo l’1 gennaio 2020; entra in vigore dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge. La riforma entra in vigore gradualmente, per consentire agli uffici giudiziari di organizzarsi: anche tenendo conto dell’arrivo dei 16.500 assistenti dei magistrati, previsti dall’Ufficio del processo; e dei circa 5mila per il personale amministrativo (cioè vengono immesse oltre 20mila persone).

NORMA TRANSITORIA, FINO AL 2024

In un primo periodo i termini saranno più lunghi. Per i primi 3 anni, entro il 31 dicembre 2024, i termini saranno più lunghi per tutti i processi (3 anni in appello; 1 anno e 6 mesi in Cassazione). Con possibilità di proroga (totale, fino a 4 anni in appello (3+1 proroga); e fino a 2 anni in Cassazione (1 anno e 6 mesi + 6 mesi di proroga) per tutti i processi in via ordinaria. Ogni proroga deve essere motivata dal giudice con ordinanza, sulla base della complessità del processo, per questioni di fatto e di diritto e per numero delle parti. Contro l’ordinanza di proroga, sarà possibile presentare ricorso in Cassazione. Di norma, è prevista la possibilità di prorogare solo una volta il termine di durata massima del processo.

PROROGHE ‘SPECIALI’ PER MAFIA, TERRORISMO, VIOLENZA DONNE

Solo per alcuni gravi reati, è previsto un regime diverso: associazione di stampo mafioso, terrorismo, violenza sessuale e associazione criminale finalizzata al traffico di stupefacenti. Per questi reati non c’è un limite al numero di proroghe, che vanno però sempre motivate dal giudice sulla base della complessità concreta del processo. Per i reati con aggravante del metodo mafioso, oltre alla proroga prevista per tutti i reati, ne sono previste come possibili ulteriori due (massimo 3 anni di proroga) sia in appello che in Cassazione.

AGGRAVANTE MAFIOSA

Per 416 bis, primo comma, fino a due proroghe ulteriori, oltre a quella prevista per tutti i reati. Quindi nel complesso fino a 3 proroghe di un anno in appello. Ciò significa max 6 anni in appello e max 3 anni in Cassazione nel periodo transitorio (fino al 2024), che diventano max 5 anni in appello e max 2 anni e mezzo in Cassazione a regime (dal 2025).

NO IMPROCEDIBILITÀ PER REATI PUNITI CON ERGASTOLO

I reati puniti con l’ergastolo restano esclusi dalla disciplina dell’improcedibilità.

LA RIFORMA A REGIME NEL 2025

In appello, i processi possono durare fino a 2 anni di base, più una proroga di un anno al massimo. In Cassazione, 1 anno di base, più una proroga di sei mesi. Binario sempre diverso, per reati di mafia, terrorismo, violenza sessuale e mafiosa, senza limiti di proroghe, ma sempre motivate dal giudice e sempre ricorribili per Cassazione. E binario diverso per reati con aggravante mafiosa (416bis .1/comma 1), con massimo 2 proroghe in appello (ciascuna di un anno e sempre motivata) e massimo 2 proroghe in Cassazione (ciascuna di 6 mesi e sempre motivata).

DIRITTO ALL’OBLIO PER GLI ASSOLTI

Dovranno essere cancellate dal web tutte le notizie dei procedimenti penali instaurati a carico di persone che sono state riconosciute innocenti. Tecnicamente, non ci sarà una cancellazione vera e propria dei contenuti dai motori di ricerca on line ma una ‘deindicizzazione’ delle notizie di reato in seguito ad assoluzione o prosciolgimento. La norma è stata pensata per garantire in modo effettivo il cosiddetto ‘diritto all’oblio’ degli indagati o imputati.

ARRESTO IN FLAGRANZA PER CHI VIOLA PROVVEDIMENTI DI ALLONTANAMENTO

Viene introdotta nel codice penale una norma a tutela delle vittime di maltrattamenti e di atti persecutori: diventa obbligatorio l’arresto in flagranza per i reati di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare o di divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati da una ex. Viene colmata quindi una lacuna del Codice rosso lamentata da larga parte delle forze parlamentari.

OSSERVATORIO DI MONITORAGGIO SUI TEMPI DEI PROCESSI

Si prevede che un apposito Comitato tecnico scientifico istituito presso il Ministero della Giustizia ogni anno riferisca in ordine all’evoluzione dei dati sullo smaltimento dell’arretrato pendente e sui tempi di definizione dei processi. Il Comitato monitora l’andamento dei tempi nelle varie Corti d’appello e riferisce al Ministero, per i provvedimenti necessari sul fronte dell’organizzazione e del funzionamento dei servizi. I risultati del monitoraggio saranno trasmessi al Csm, per le valutazioni di competenza.

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