Niente crisi a Wall Street. Volano i bonus e gli utili delle banche

Serena Amato

La crisi non abita a Wall Street. A sei anni dalla tempesta dei subprime e a un lustro dal crac della Lehman, su banche e banchieri americani continua a piovere oro. Poco importa che la Fed sia ancora impegnata a comprare titoli spazzatura per ripulire i loro bilanci. I conti in realtà vanno a gonfie vele e dopo qualche anno di vacche magre (si fa per dire) anche per analisti e trader è rispuntata l’era dei super-premi. I bonus in contanti per i lavoratori di lower Manhattan sono cresciuti nel 2012 dell’8%, ha detto Thomas Di Napoli, il controller dello stato di New York, a quota 20 miliardi di euro. Ognuno dei 169mila operatori della finanza newyorchese (mille meno dello scorso anno) si è messo in tasca così in media 121.900 dollari, pari a circa 95mila euro. Cifra che tra l’altro non comprende gli incentivi distribuiti in azioni o altre forme di pagamento non in denaro. I broker-dealer di Wall Street hanno realizzato in tutto 23,9 miliardi di profitti, il triplo del 2011. Il totale dei bonus resta comuqnue largamente al di sotto dei 34,3 miliardi distribuiti nel 2006, l’anno d’oro della Borsa americana. All’epoca la finanza rappresentava il 20% delle entrate fiscali della Grande Mela, oggi è scesa al 14%.

Il barometro è sul bel tempo fisso anche per le grandi banche americane. Gli utili del 2012, ha reso noto la Federal Deposit Insurance corporation, sono stati pari a 141,3 miliardi di dollari, il 19,3% in piĂą dell’anno precedente. Il credito a stelle e strisce – non proprio popolarissimo nemmeno oltrealtlantico – ha messo assieme 387 milioni di dollari di profitti al giorno, qualcosa come 16 milioni ogni ora. A spingere i conti è stato in particolare il calo delle contabilizzazioni in perdita a fronte di crediti in sofferenza, reso possibile dalla ripresa dell’economia Usa. Solo nel 2006 si era registrato un risultato migliore con 145 miliardi di profitti.

Bernanke: economia migliora.

Il presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke (nella foto), difende, intervenendo davanti alla commissione bancaria del Senato Usa, la politica di acquisto di bond della banca centrale, sostenendo che i “suoi benefici chiaramente superano i costi”. Di più: l’allentamento monetario andrà avanti fino a quando non ci sarà un significativo miglioramento del mercato del lavoro. Bernanke ha quindi sottolineato che il Fomc (il braccio esecutivo della Fed) porterà avanti l’allentamento monetario fino a quando sarà necessario anche perché la Fed ha tutti gli strumenti necessarie per arrivare a una stretta monetaria quando sarà il momento. Quanti alla seduta difficile dei mercati si è limitato a dire che “reagiscono all’incertezza” causata dal voto in Italia.

Il presidente della Fed ha quindi invitato i parlamentari Usa a evitare i drastici tagli alla spesa pubblica che entreranno in vigore dal primo marzo del 2013. Bernanke si riferisce ai tagli lineari automatici, i cosiddetti “sequester”, che rischiano di avere “dannose conseguenze” sull’economia e sull’occupazione: i tagli abbinati con i precedenti aumenti delle tasse, rischiano di creare un “significativo vento contrario” alla ripresa economica statunitense (con una perdita del Pil fino allo 0,6%) proprio mentre il mercato del lavoro sta “migliorando gradualmente”.

“La politica monetaria della Fed – ha proseguito Bernanke – sta offrendo un importante sostegno alla ripresa. Mantenere i tassi di lungo termine bassi ha aiutato la ripresa del mercato immobiliare e si è tradotta in un aumento delle vendite e della produzione di auto e di altri beni durevoli”. La Fed prende “molto seriamente” i costi “potenziali” delle politiche della banca centrale e la possibilitĂ  che tassi di interesse molto bassi, se mantenuti per un periodo prolungato, possano mettere a rischio la stabilitĂ  finanziaria”. Ma “anche se la politica monetaria accomodante può aumentare alcuni tipi di presa di rischio, nelle circostanze attuali aiuta a ridurre il rischio nel sistema in generale, e soprattutto rafforza l’economia nel suo complesso. Al momento non riteniamo che i potenziali costi di un aumento delle prese di rischio in alcuni mercati finanziari possano superare i benefici del promuovere una piĂą forte ripresa economica”.

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