Draghi va avanti, i partiti litigano e i parlamentari puntano ai 4 anni e sei mesi

ROMA – Mentre le forze politiche si azzuffano sull’obbligo di vaccinazione e Green pass, abolizione del reddito di cittadinanza e Quota 100, il premier Mario Draghi li lascia sfogare e governa. E vien da ridere a pensare che ci sia davvero qualcuno che creda sia possibile arrivare al voto anticipato il prossimo anno. Anche nel caso si riuscisse a creare la combinazione perfetta per spedire Draghi al Colle a gennaio, alla fine ai parlamentari, tutti i parlamentari, mancherebbero ancora mesi preziosi per arrivare ai fatidici 4 anni e sei mesi, che scadranno a settembre 2022, per maturare il diritto alla pensione. E questo obiettivo, molto concreto, vale più di tante tattiche, accordi e promesse.

Per questo anche con Draghi nuovo presidente della Repubblica alla fine ci sarà un altro governo ‘tecnico’ che, attenzionato dal Quirinale, arriverà alla scadenza della legislatura nel 2023. Al momento, ragionando, le elezioni anticipate favoriscono soltanto i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. Visti i sondaggi, è l’unico partito che non solo potrebbe confermare i suoi parlamentari uscenti ma anche allargare la squadra. Tutte le altre forze politiche, infatti, devono pensare al taglio, a chi rispedire alle vecchie occupazioni. Lo stesso leader della Lega, Matteo Salvini, che fino a poco tempo fa poteva reclamare il titolo di leader del Centrodestra, i sondaggi oggi lo danno dietro Meloni, con Forza Italia che rischia di finire nel calderone del Carroccio e che ha bisogno di tempo per trovare qualcosa di suo e di accattivante da presentare agli elettori.

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Anche nel Pd le diverse anime si sono rimesse ad aleggiare: chi punta su Draghi al Governo per sempre e chi lo vorrebbe spedire al Quirinale per rimettere il moto la politica e il confronto tra Destra e Sinistra. Anche da queste parti il grosso dei parlamentari, scelti a suo tempo da Renzi, non credo siano disponibili a correre verso le elezioni già sapendo che resteranno a casa. Per non parlare del povero Giuseppe Conte, nuovo leader del M5S, che dovrà gestire il tracollo elettorale delle prossime amministrative, scansare le accuse di chi cercherà di additarlo come il colpevole, tirando a campare per non tirare le cuoia come diceva qualcuno d’esperienza come Giulio Andreotti.

Arrivando alle scaramucce quotidiane, oggi Salvini ha fatto sapere a tutti che ha parlato con Draghi “e non risulta nessuna estenzione di Green pass a tutti i lavoratori del pubblico e del privato… E questo mi conforta. Sono pronto a discutere di tutto – ha aggiunto- e se qualcuno vuole inserire l’obbligo vaccinale deve anche prevedere il risarcimento per eventuali danni”. Ed è questa sottolineatura, dello Stato che deve farsi carico, il nuovo cavallo di battaglia del leader della Lega che dovrà presto trovare risposta da parte del Governo. Altrimenti resterà sempre un margine di dubbio ad ostacolare la totale fiducia vaccinazione.

Da registrare oggi anche l’uscita di Giuseppe Conte, che già nella parte del leader che dice e non dice, ha recapitato al Pd un messaggio non troppo lusinghiero: “Il dialogo con i Dem mi interessa – ha detto- nell’orizzonte politico ma non mi interessa finalizzarlo ora sulle elezioni comunali… Il dialogo ci sarà, noi e il Pd siamo alternativi alle destre, noi siamo collocati in questa area ampia del centrosinistra. Non dico che saremo moderati ma parleremo anche all’elettorato moderato: non vogliamo trascurare le esigenze delle partite Iva e Pmi”. Una piccola rivoluzione per il M5S di ieri che aveva vinto con la promessa di incendiare il mondo ed ora si presenta agli elettori con l’abito del pompiere. E’ vero che il mare è ancora pieno di pesci ma anche tra questi molti ormai non abboccano più.

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