Quota 100 incide sulla spesa per lo 0,5% del Pil fino al 2022

L’estensione del Green pass e il taglio dell’iva sulle bollette sono da giorni al centro del confronto nella maggioranza. Ma dietro le quinte, in vista della composizione della manovra autunnale, proseguono le schermaglie tra i partiti sul Welfare e, in particolare, sul “dopoQuota100”. Con il Pd che spinge per il prolungamento e il rafforzamento di Ape sociale e Opzione donna e per interventi di sostegno pensionistico ai giovani, mentre la Lega insiste su una riproposizione delle uscite anticipate con almeno 62 anni e 38 di contributi magari sotto forma di Fondo peri prepensionamenti. Una sorta di nuova Quota 100, che non entusiasma il ministero dell’Economia. Anche perché nell’ultimo rapporto della Ragioneria generale dello Stato si afferma a chiare lettere che soprattutto questo strumento voluto dal “Conte I” sta provocando tra il 2020 e il 2022 un aumento in media della spesa pensionistica sul Pii dello 0,5 per cento.

L’allarme di Rgs
Nell’ultimo dossier sulle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario, aggiornato a luglio 2021, i tecnici della Rgs formulano una simulazione sui possibili effetti di Quota 100 in versione “strutturale”, ovvero operativa anche nei prossimi anni. Anche con un adeguamento biennale alla variazione della speranza di vita questo canale d’uscita – si legge nel documento produrrebbe «un aumento significativo» del rapporto spesa pensionistica Pil nei prossimi vent’anni con un picco al 16,9% nel 2034, dieci anni prima del valore massimo « a legislazione vigente previsto nel 2044». Rgs fa anche notare che il complesso di “deroghe” alla legge Fornero introdotte negli ultimi anni comporta per il periodo 201920% «ulteriori maggiori oneri pari in media a 0.24 punti di Pii l’anno».

Il nodo Risparmi
L’inps al 31 agosto scorso ha accolto 341mila richieste di accesso a Quota 100 per una spesa di 11,6 miliardi che sale a più di 18,6 miliardi nella “proiezione” fino al 2030. A fine anno, quando terminerà la sperimentazione triennale, i pensionamenti anticipati dovrebbero avvicinarsi ai 400mila. E il costo dovrebbe rivelarsi molto più contenuto rispetto a quanto stanziato inizialmente dal “Conte I” con il DI n. 4/19 poi convertito in legge dal Parlamento. La relazione tecnica del decreto stimava la maggiore spesa pensionistica attribuibile all’introduzione di Quota 100 e alla sospensione fino al 2026 dell’aggancio alla speranza di vita per le uscite anticipate in circa 3,8 miliardi nel 2019, 7,9 nel 2020, 8,3 nel 2021 e 7,9 nel 2022 (che scendevano rispettivamente a 3,5, 7,3 e 7,5 miliardi per le soli nuovi pensionamenti). Ma in realtà la corsa a possibili risparmi, invocati da molti (a cominciare dai sindacati) è stata bloccata già nel primo anno di vita di Quota 100. Sulla base delle prime rilevazioni dell’Inps, con la NaDef 2019 le stime sono state riviste al ribasso per circa 1,2 miliardi nel 2019, 1,7 nel 2020 e 0,4 nel 2021. La legge di bilancio per il 2020 ha poi ulteriormente ridotto la dote di partenza di altri 300 milioni nel 2020, 900 nel 2021, e 500 milioni nel 2022. Già all’inizio del 2020, e quindi ancora prima della definizione delle coperture per i provvedimenti d’urgenza del filone Covid, i fondi per Quota 100 e lo stop fino al 2026 dell’adeguamento automatico alla speranza di vita per le usate anticipate erano scesi a 2,6 miliardi nel 2019, 5.9 nel 2020, 7 miliardi nel 2021 e 74 miliardi nel 2022.

Andamento dei pensionamenti
Il flusso dei nuovi pensionamenti anticipati è finito al centro di un tourbillon di previsioni, proiezioni e valutazioni. Ma per il ministero dell’Economia la relazione tecnica originaria è sempre stata chiara con la stima di 290mila nuove pensioni nel 2019 per poi raggiungere le 327mila nel 2021 e 356mila nel 2023. Un dato, quest’ultimo, che corrisponde al flusso complessivo finale previsto dalla Ragioneria. Le stime riguardanti le singole annualità non sono pertanto integralmente cumulabili. Altre strutture sembrano far riferimento anche a ipotesi diverse. In ogni caso le domande risultano sì inferiori alle aspettative, come ha fatto più volte intendere l’Inps, ma la forbice sarebbe molto più ristretta. Anche se sulla relazione tecnica del decreto 4/19 non sono mancate le perplessità, a partire da quelle espresse a più riprese dalla Corte dei conti, che (nel rapporto sul coordinamento sulla finanza pubblica 2020) l’ha definita: «in molti punti incompleta e tale da non consentire una valutazione, eventualmente anche critica, delle stime effettuate».

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