Blangiardo (Istat): “Nel 2021 meno di 400mila nascite, senza ricambio il Paese si ferma”

ROMA – “Il dato dei 404mila nuovi nati nel 2020 rispetto al milione degli anni ‘60 ma anche rispetto agli 800mila di qualche decennio dopo, per un Paese come il nostro, di circa 60 milioni di abitanti, è assolutamente insufficiente. Significa un Paese che ha perso vitalità. Al di là delle conseguenze di natura economica si ragiona anche in termini di ricambio generazionale, cioè della capacità di sostituire le generazioni, e se questo ricambio non c’è il Paese si ferma”. A dirlo, nel corso di un’intervista a Radio24, è il demografo e presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo, ragionando sulle conseguenze nefaste che il Covid sta lasciando dal punto di vista demografico.

“Il 2021 ci porterà ancora sotto la soglia dei 400mila nuovi nati- sottolinea Blangiardo- perché questo ci dicono le variazioni mensili che abbiamo rilevato: a gennaio 2021 abbiamo registrato -13% di nascite rispetto al 2020, a febbraio -7%. Solo a marzo c’è stata sorprendentemente una ‘fiammata’ perché ci si era illusi che la pandemia, dopo aprile dell’anno scorso, fosse finita”.

DIMINUISCONO LE NASCITE ANCHE TRA GLI STRANIERI

E il calo demografico riguarda sia italiani che stranieri. “A partire dall’inizio del secolo c’è stata una crescita di nuovi nati stranieri che ha toccato il suo massimo nel 2012 con 80.000 neonati. Poi è iniziato il calo e si è arrivati ai poco meno di 60.000 nuovi nati del 2020- spiega il demografo- segno che anche gli stranieri di fronte ai problemi hanno ridimensionato la loro prole”.

Oggi secondo Blangiardo “si mira più alla ‘qualità’ che alla quantità, ma la qualità richiede risorse e strutture che non sempre ci sono. Questo induce non tanto a rinunciare a fare figli ma a modificare i programmi: si rimanda, si arriva a 40 anni e procrerare diventa sempre più difficile”. Secondo il presidente Istat per uscire dallo stallo bisognerebbe “riuscire a recuperare una sorta di entusiasmo da ricostruzione”. Per Blangiardo “aiutare economicamente le famiglie è un elemento importante. Esempi ne sono la Francia, l’Ungheria, la Polonia, la Germania, Paesi che avevano la tendenza a una netta dimensione del numero medio di figli per donna, come sta avvenendo in Italia, ma che poi a un certo punto, attraverso delle azioni di aiuto, sono riusciti a fermare la discesa demografica e a rilanciare la salita. Dunque si può fare, servono risorse ma si può fare”.

In questo senso nel nostro Paese “un segnale di attenzione che forse prima non c’era è l’assegno unico universale- sottolinea il demografo- uno strumento che però non deve essere snaturato strada facendo ossia non deve diventare un sussidio alla povertà ma deve restare universale, una misura di carattere democratico che segna un investimento nel capitale umano, quel capitale che purtroppo in questo momento si forma in misura più ridotta”. Dunque dal punto di vista economico “stiamo cercando di riprenderci e i segnali sono tutto sommato positivi, vanno nella direzione giusta- dice Blangiardo- Tutto questo dovrebbe innescare un processo di dinamismo, di vitalità e di ottimismo nei riguardi del futuro, perché per mettere al mondo un figlio serve avere una visione del futuro di tipo ottimistico. Se se si riuscisse in questo si potrebbe raddrizzare una situazione che sta andando verso un valore preoccupante”, conclude il presidente Istat.

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