Sin: “Aumentano le nascite premature da madri positive”

ROMA –  I dati del Registro Covid-19 della Società italiana di neonatologia (Sin), come già rilevato nel 2020, confermano un aumento delle nascite premature da donne infette pari all’11,2%, rispetto al tasso di prematurità delle donne non infette pari al 6,9%. “Una trentenne non incinta che contrae il virus ha una bassa probabilità di essere ricoverata in terapia intensiva, ma se è in gravidanza il rischio sale di tre volte. Il virus SARS-CoV-2, inoltre, può trasmettersi, anche se raramente, dalla madre al feto e causare a volte casi di Covid-19 neonatale grave. Alle donne in gravidanza o che vogliono avere un figlio consigliamo di vaccinarsi, per proteggere se stesse e il proprio piccolo”. Lo afferma Fabio Mosca, presidente della Sin che, in occasione del XXVII congresso nazionale, in corso a Roma fino al 9 ottobre, presenta i dati aggiornati del Registro Covid-19 e ribadisce l’importanza della vaccinazione anti-Covid in gravidanza, a tutela della mamma e del nascituro.

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Al 30 giugno 2021, si legge in una nota, sono state inserite 3.147 schede relative ad altrettanti neonati rispondenti ai criteri di inclusione nel Registro, di cui 3.091 ricoverati alla nascita e 56 relativi a neonati rientrati in ospedale per infezione diagnosticata dopo il ricovero della nascita. La maggior parte delle schede è stata inserita dai centri del Nord, più duramente colpiti dalla pandemia e, in particolare, dalla Regione Lombardia (37.1% delle schede inserite), seguita dall’Emilia-Romagna (11.4% delle schede inserite) e dal Piemonte (9.5% delle schede inserite). Complessivamente, i punti nascita del Nord hanno inserito il 70% delle schede, mentre quelli del Centro e del Sud hanno inserito entrambi il 15% delle schede. L’84.5% dei neonati (2.611/3.091) è nato da donne con infezione al momento del parto, il restante 15.5% (480/3.091) da donne con infezione pregressa in gravidanza. Nell’85% dei casi l’infezione in gravidanza è decorsa senza sintomi; quando presente, la sintomatologia è risultata di entità lieve-media, con necessità di assistenza ventilatoria invasiva (con intubazione tracheale) in 12 casi e di assistenza ventilatoria non- invasiva (con cannule nasali) in 11 casi.

Se si considera la popolazione dei nati da mamma infetta al momento del parto, la maggior parte di essi, il 65.3%, sono venuti alla luce con parto vaginale, il 18.7% con taglio cesareo di elezione e solo il 16% con taglio cesareo eseguito in urgenza per motivi a volte materni, spesso legati all’infezione da SARS-CoV-2, a volte fetali. Nell’88.8% dei casi, i neonati sono nati a termine di gravidanza, cioè con una età gestazionale di 37 settimane. Pertanto, la percentuale di nati prematuri, pari all’11.2%, risulta essere superiore a quella riportata in letteratura prima dell’evento pandemico, come peraltro riportato da diversi studi, in percentuali anche più elevate, in donne affette da Covid-19. Nel 10.9% dei casi si è trattato di neonati con un basso peso alla nascita, cioè con un peso inferiore a 2500 g. Più della metà dei nati da mamme positive al parto o nell’immediato post-partum, il 64.6%, è stato isolato con la mamma (rooming-in), il 20.6% è stato isolato in Terapia Intensiva, il 7.8% è stato isolato al Nido, l’1.8% è stato isolato con la mamma e successivamente separato e il 5.2% è stato trasferito presso un altro Centro. Il 74.5% dei neonati è stato alimentato esclusivamente con latte materno (il 64.1% al seno e il 10.4% con latte materno spremuto). La quasi totalità (98.7%) dei neonati nati da mamma con infezione al momento del parto è stata sottoposta a tampone nasofaringeo alla nascita: l’1.6% di essi è risultato positivo al tampone eseguito entro le 48 ore di vita, un restante 2.6% solo ad un secondo tampone eseguito successivamente durante il ricovero della nascita. Nei neonati positivi entro le 48 ore di vita è verosimile che si sia verificata una trasmissione intrauterina dell’infezione, mentre negli altri non si può escludere una trasmissione orizzontale da mamma a neonato, probabilmente in parte causata da una non scrupolosa adesione alle misure di precauzione per la trasmissione attraverso droplet (mascherina chirurgica, lavaggio accurato delle mani, distanziamento della culla del neonato dal letto della mamma in caso di isolamento congiunto, cioè in caso di rooming-in).

Nella maggior parte dei casi, in accordo con quanto mediamente riportato in letteratura, l”infezione nei neonati è risultata essere asintomatica (nel 77.9% dei casi) o paucisintomatica. Una scarsa adesione alle misure di precauzione è stata verosimilmente la causa anche dell’acquisizione dell’infezione da parte del 2.2% dei neonati negativi alla dimissione e positivizzatisi durante il follow-up. Anche i neonati rientrati in ospedale per infezione da SARS-CoV-2 acquisita al domicilio, pur essendo tutti sintomatici (sintomi prevalenti: febbre nel 44.8% dei casi e difficoltà all’alimentazione nel 24.1% dei casi), hanno presentato una sintomatologia di entità lieve o media, necessitando solo in due casi di supporto ventilatorio invasivo e in altri due casi di supporto ventilatorio non invasivo. Nessuno di loro è deceduto per l’infezione e la degenza in ospedale è stata relativamente breve (mediana 5 giorni, durata massima 9 giorni).

“Abbiamo realizzato il Registro Covid-19 per non disperdere il patrimonio di conoscenze maturato dai neonatologi durante la pandemia da SARS-CoV-2- conclude il presidente Mosca- Questi dati aggiornati, relativi all’assistenza ai nati da mamma Covid-positiva diagnosticata in qualunque momento della gravidanza ed ai neonati con infezione acquisita entro il primo mese di vita, rappresentano uno strumento prezioso per gli operatori del settore, ma anche per le istituzioni, sia da un punto di vista scientifico, che clinico e sociale. Grazie alle conoscenze acquisite abbiamo potuto garantire alla diade mamma-neonato, anche durante l’emergenza sanitaria, sicurezza e qualità nelle cure, sostenendo la ‘Zero Separation’ e favorendo il rooming-in e l’avvio dell’allattamento al seno”.

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